lunedì 18 novembre 2019

Aramco, l’Ipo diventa locale: niente roadshow in Occidente


di S.Bel.
sole24ore
È saltato il roadshow di Saudi Aramco in Occidente. La compagnia petrolifera – che andrà in Borsa a dicembre solo sul listino saudita – ha cancellato anche la tappa di Londra dal calendario degli incontri con i potenziali investitori. È quanto risulta da indiscrezioni raccolte in ambienti bancari britannici. In precedenza erano già stati revocati gli appuntamenti in Nord America e in Asia.
I dirigenti di Aramco limiteranno gli incontri all’Arabia Saudita e ai Paesi del Golfo Persico: Emirati arabi uniti, Kuwait , Bahrein e Oman secondo il Financial Times.
È l’ennesimo segnale del fatto che l’«Ipo dei record» è stata drasticamente ridimensionata rispetto alle aspirazioni iniziali. Accolta con crescente scetticismo dagli investitori occidentali, l’operazione è stata dapprima limitata ad un ambito locale: la quotazione avverrà solo sul Tadawul, il listino saudita.
Anche la valutazione è stata abbassata. Domenica 17 Riad ha fatto sapere che punta a collocare in Borsa solo l’1,5% del capitale (di cui lo 0,5% riservato al pubblico retail), raccogliendo 24-25,6 miliardi di dollari: un obiettivo che porta a valutare Saudi Aramco tra 1.600 e 1.700 miliardi, molto meno dei 2mila miliardi che costituivano l’aspirazione del principe Mohammed Bin Salman.

domenica 17 novembre 2019

Partita l' IPO della Saudi Aramco, il colosso petrolifero saudita valutato 1.700 miliardi di dollari



Quanto vale Saudi Aramco? L’IPO svela il mistero
 17 Novembre 2019 - 11:30
Il colosso del petrolio saudita vale abbastanza da battere il record di Alibaba sull’IPO più grande di sempre

Saudi Aramco prepara la scena alla più grande IPO della storia. La fascia di prezzo comunicata in mattinata valuterebbe il colosso del petrolio saudita fino a $1.700 miliardi.
Saudi Aramco pronta all’IPO
In un comunicato stampa, Saudi Aramco ha fatto sapere di voler vendere una quota del 1.5% della compagnia, circa 3 miliardi di azioni. Il prezzo indicativo è di 30 Riyal (€7,24) o 32 Riyal, che porterebbe a un’offerta pubblica iniziale di 96 miliardi di riyal ($25.6 miliardi).
Il quadro implica che il colosso vale fra 1.600 miliardi e 1.700 miliardi, meno dei 2.000 miliardi sperati dal principe Mohammed bin Salman ma comunque abbastanza da puntare a un’IPO da record.
Se valutato al massimo, l’accordo potrebbe battere i $25 miliardi da record dell’e-commerce cinese Alibaba, quando debuttò sul mercato a New York nel 2014.
La quotazione di Aramco è il cuore del piano di bin Salman per diversificare il business del più grande esportatore di crude al mondo.
Secondo Reuters, l’IPO non sarà disponibile all’estero. “Questo metterà il peso dell’accordo su banche locali e regionali”, ha detto una fonte anonima. Sarà comunque possibile la partecipazione di Investitori Esteri Qualificati.
Quanto vale Saudi Aramco?
A partire dal 3 Novembre Saudi Aramco ha finalmente dato il via all’IPO dopo una serie di false partenze. Il principe Mohammed, che ha paventato l’idea per la prima volta ormai quattro anni fa, vuole raccogliere miliardi di dollari da investire in industrie non petrolifere.
Ma il mondo degli investimenti sta ancora cercando quanto vale la compagnia. La fascia valutata dagli analisti è molto ampia: fra $1.200 miliardi e $2.300 miliardi.
Da un lato, Saudi Aramco è la compagnia più remunerativa al mondo. Per l’anno prossimo ha già pianificato dividendi da $75 miliardi, cinque volte più di Apple.
Dall’altro ci si aspetta che il prezzo del petrolio diminuisca per via del calo della domanda globale a seguito delle misure per abbattere le emissioni nocive per l’ambiente. Dal 2021, ad esempio, la Banca europea per gli investimenti taglierà €2 miliardi di investimenti annui a tutti i progetti a energia da fonti fossili


lunedì 11 novembre 2019

Saudi Aramco ipotizza picco della domanda di petrolio nel 2035.


 Quella che segue è una traduzione grossolana di un articolo di Bloomberg. 

Saudi Aramco ha pubblicato un prospetto di 600 pagine dedicato agli investitori della sua IPO delle prossime settimane, ma il dato fornito sul picco della domanda di petrolio è importante indipendentemente dall' operazione finanziaria attuale. 

Aramco ha dovuto scrivere dati attendibili nel mondo finanziario, ed è molto indicativo che il dato sulla futura domanda di petrolio ipotizzi un picco massimo già nel 2035.

Marco

Dubai - Secondo una valutazione inclusa nel prospetto per l'offerta pubblica iniziale (IPO) di Saudi Aramco , la domanda globale di petrolio potrebbe raggiungere il picco entro i prossimi 20 anni,

"le opinioni stanno lentamente cambiando nel paese in cui i funzionari hanno a lungo respinto l'idea come esagerata"

Aramco non ha proposto una sua valutazione, ma ha utilizzato una previsione del consulente del settore IHS Markit che prevede che la domanda di petrolio raggiungerà il picco attorno al 2035. Nello scenario proposto da IHS, la crescita della domanda di greggio e altri liquidi petroliferi si "stabilizzerà" in quel momento. In una altra tabella di accompagnamento, il gigante del petrolio saudita ha mostrato una domanda mondiale di petrolio inferiore nel 2045 rispetto al 2040.

Aramco non ha esplicitamente approvato la previsione di IHS Markit, ma la sua inclusione nel prospetto IPO di 658 pagine attirerà l'attenzione degli investitori di tutto il mondo. Secondo il prospetto, i direttori della società ritengono che i dati forniti dal consulente del settore siano "affidabili".

C’ è un secondo scenario nel prospetto, che è essenzialmente un documento di marketing per la vendita di azioni di Aramco, e questo prevede una più rapida transizione dai combustibili fossili con un picco della domanda di petrolio alla fine del 2020.


Fino a febbraio, il CEO di Aramco Amin Nasser ha respinto le preoccupazioni sull'aumento delle alternative al petrolio come "non basate su logica e fatti" e affermava che queste sono sorte "principalmente in risposta a pressioni e clamore". Un anno prima in un evento del settore negli Stati Uniti, aveva affermato di "non aver perso il sonno a causa della" domanda di picco del petrolio "",.

Khalid Al-Falih, ministro del petrolio del paese fino a due mesi fa, era altrettanto sprezzante, e nel 2017 disse che i dirigenti, e gli analisti del settore dell'energia che parlavano di picchi di domanda di petrolio erano stati "fuorviati".

Rispetto a un prospetto diffuso da Aramco ad aprile in occasione di una vendita di obbligazioni, le previsioni affrontano un futuro più lontano. Poco più di sei mesi fa, la società offriva agli investitori solo una visione dei mercati petroliferi fino al 2030, mentre ora offre una prospettiva fino al 2050. Ad aprile, Aramco non indicò la possibilità che un picco della domanda di petrolio fosse all'orizzonte.

I maggiori produttori europei come Royal Dutch Shell e Total hanno già espresso preoccupazione per il picco della domanda di petrolio. Tuttavia, Aramco può trarre conforto dal fatto che, in quanto uno dei produttori a basso costo, la sua quota di mercato potrebbe aumentare con il calo della domanda. Secondo il prospetto, anche con un picco della domanda alla fine del 2020, la quota di mercato dell'Arabia Saudita potrebbe salire dal 15% al ​​20% circa entro il 2050.

Secondo una stima, le riserve nazionali potrebbero sostenere la produzione nei prossimi decenni, poiché la società migliora i fattori di recupero sul campo. Aramco sarà in grado di continuare a pompare fino a 11 milioni di barili al giorno di greggio e condensa negli anni '30 e probabilmente raggiungere i 13 milioni di barili al giorno negli anni '40, secondo gli analisti Sanford C Bernstein in un rapporto.

Sabato il Aramco ha pubblicato il prospetto mentre promuove quella che potrebbe essere la più grande vendita di azioni mai realizzata. Una cosa assente dal documento era qualsiasi suggerimento su quale valutazione Aramco punta. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha affermato che Aramco dovrebbe essere valutato a $ 2 trilioni di dollari, ma i banchieri che hanno cercato di valutare la società hanno suggerito che potrebbe valere ovunque da $ 1,1 trilioni a $ 2,5 trilioni. Gli investitori inizieranno a fare offerte per l'acquisto di azioni della compagnia petrolifera a partire dal 17 novembre.

Bloomberg

sabato 9 novembre 2019

Sassoli avvia procedimento contro una europarlamentare di France Insoumise per un Tweet su Extinction Rebellion



Il 17 ottobre scorso la eurodeputata Manon Aubry di France Insoumise, partito francese appartenente nell’ europarlamento del  gruppo della Sinistra GUE-Sinistra europea, ha pubblicato un tweet dove tra le altre cose  invitava Extinction Rebellion, che a Londra stava terminando la sua ribellione internazionale, ad occupare il Parlamento Europeo.

Il 25 ottobre Il presidente dell’ Europarlamento David Maria Sassoli, del Partito Democratico,  ha scritto alla euro deputata una lettera ufficiale chiedendo di inviare entro il 4 novembre delle spiegazioni.

Potete leggere il documento inviato da Sassoli al link

https://it.scribd.com/document/433755828/EImaC1QW4AAD5tu#download&from_embed                                                                                        
La deputata di France Insoumise ha risposto ribadendo le sue convinzioni, denunciando che l’ intervento di Sassoli andava contro la libertà d’ espressione degli eurodeputati e facendo notare che si censurava l’ appoggio di un' eurodeputata alla lotta nonviolenta e alla disobbedienza civile di Extinction Rebellion e non chi prende soldi dalle lobby private.

Potete leggere nel dettaglio lo scambio di lettere ufficiali tra Davide Sassoli e Manon Aubry in questo articolo del El Diario, scovato nella pagina Facebook di Extinction Rebellion Spain


mercoledì 6 novembre 2019

Storia dell' Ilva, Società siderurgica italiana, dalla scelta del nome latino dell' Isola d' Elba all' ArcelorMittal Italia

Foto di Roberto Ridi - Un laghetto all' Isola d' Elba nella zona delle vecchie miniere di ferro
Ilva

Treccani Enciclopedia on line
Ilva Società siderurgica italiana, fondata a Genova nel 1905, allo scopo di dar vita a uno stabilimento siderurgico a Bagnoli, vicino Napoli. Come nome fu scelto quello latino dell’Isola d’Elba, per il riferimento alle miniere di ferro elbane. Nel 1911 l’I. assunse la guida di un consorzio industriale (Consorzio Ilva) per la gestione degli stabilimenti di diverse società minori. Nel 1930-31 acquistò o incorporò numerose altre imprese, anche al di fuori del settore siderurgico, e nel 1937 entrò a far parte del gruppo Finsider, finanziaria costituita quello stesso anno per la gestione delle società siderurgiche dell’IRI, sviluppando e potenziando la sua attività tanto da costituire il più grande complesso italiano nel settore della siderurgia e delle lavorazioni derivate. Dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale, nel periodo 1946-59, l’I. attuò un’imponente opera di ricostruzione e di ampliamento dei suoi stabilimenti. Nel 1961 incorporò la Cornigliano S.p.A. (fondata nel 1951 a Genova), dando vita al gruppo Italsider.
Nel 1988, nell’ambito del risanamento delle attività siderurgiche dell’IRI, fu costituita a Roma la Ilva S.p.A., in cui confluirono gli impianti efficienti e le produzioni destinate a settori profittevoli che originariamente facevano capo alla Finsider. Nel 1993 l’I. si scisse in due società, la Ilva laminati piani (venduta nel 1995 al gruppo Riva) e la Acciai speciali Terni (ceduta nel 1994 alla società italo-tedesca ThyssenKrupp), e fu posta in liquidazione.
Nel luglio 2012, a seguito di due perizie depositate presso la Procura della Repubblica di Taranto sull'emissione di sostanze nocive che avrebbero prodotto un innalzamento del numero di decessi e delle patologie a esse attribuibili, i vertici della società siderurgica sono stati incriminati per strage e disastro ambientale ed è stato disposto il sequestro degli impianti a caldo di Taranto; nel mese successivo il Tribunale del Riesame ha confermato il sequestro e disposto il risanamento degli impianti senza prevedere alcuna facoltà d'uso. A ottobre il Ministero dell’ambiente ha approntato un documento tecnico per l'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) in cui è tracciato il piano di adeguamento degli impianti, ritenendo prioritarie l'attuazione di sistemi di monitoraggio per i principali punti di emissione, la valutazione delle emissioni diffuse e la riduzione della produzione dell'acciaio da 15 a 8 milioni di tonnellate l'anno. Nel novembre 2012, a seguito del sequestro preventivo di prodotti finiti e semilavorati, in quanto realizzati in violazione del fermo già disposto dalle autorità giudiziarie sugli impianti dell'area a caldo, e dell’ordinanza di custodia cautelare emessa contro sette dirigenti, i vertici dell’azienda hanno annunciato la chiusura dell’area a freddo dello stabilimento di Taranto e – stante l’impossibilità di commercializzare i prodotti – la sospensione dell’attività in tutti gli stabilimenti siderurgici del gruppo. Il 30 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge per il risanamento ambientale e la continuità produttiva degli stabilimenti di Taranto; recependo le indicazioni emerse nell'incontro tra governo, parti sociali, amministratori locali e vertici aziendali, esso stabilisce che la società abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e che sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita per l'intero periodo di validità dell'AIA. Nel maggio 2013, a seguito del sequestro preventivo deciso dal Gip di Taranto sui beni della Riva Fire Spa che controlla l'I. in ragione delle mancate opere di risanamento ambientale allo stabilimento, il consiglio di amministrazione della società siderurgica si è dimesso; nel giugno successivo, per assicurare la continuità della produzione, il risanamento ambientale e la salvaguardia dell’occupazione, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che dispone il commissariamento temporaneo dell’azienda per una durata massima di 36 mesi, affidando l’incarico di commissario straordinario all’amministratore delegato uscente E. Bondi, a cui è succeduto l'anno successivo l'ex  presidente del consiglio di amministrazione dell’Enel P. Gnudi. All’inizio del 2015 l'I. è stata ammessa alla procedura in Amministrazione Straordinaria e i commissari sono diventati tre: oltre a Gnudi, E. Laghi e C. Carrubba. Nel 2018 è entrata a far parte del polo industriale ArcelorMittal Europe cambiando anche il nome in ArcelorMittal Italy.