sabato 30 settembre 2017

Alla Camera l'opposizione di sinistra ha solo Fassina in Commissione Difesa. Partecipi ai lavori o si dimetta.


Stefano Fassina si dimetta dalla Commissione Difesa della Camera o partecipi a tutti i lavori della Commissione.

Stefano Fassina è l' unico esponente di Sinistra Italiana nella Commissione Difesa della Camera composta da 43 deputati.
SeL aveva due esponenti nella commissione: gli onorevoli Claudio Fava e Donatella Duranti passati alla nuova formazione Articolo Uno Mdp che sostiene il governo Gentiloni.
Stefano Fassina oltre che deputato è anche consigliere comunale a Roma dove è stato candidato sindaco e parte del suo impegno è dedicato al Consiglio comunale di Roma.

Personalmente stimo Stefano Fassina anche se non condivido le sue posizioni politiche. Recentemente sono passato ad ascoltare parte di un convegno sull'Europa da lui organizzato in Campidoglio.
Ma, anche se mancano pochi mesi alla fine della legislatura, è bene che sia sempre presente ai lavori della Commissione Difesa almeno un esponente di sinistra all' opposizione del governo Gentiloni.

Il 26 settembre la commissione ha votato un invito al governo ad affrontare il tema delle spese militari "all' 1 %del PIL, ma i paesi NATO si sono impegnati ad arrivare al 2% entro il 2024".

Chiedo quindi all' on. Stefano Fassina di dare le dimissioni dalla Commissione e permettere ad un altro esponente di Sinistra Italiana di essere presente alla Commissione Difesa della Camera.
Sarebbe un segnale che Sinistra Italiana ritiene il tema delle spese militari un tema centrale della politica.

Marco Palombo

venerdì 29 settembre 2017

Sinistra Italiana e M5S a favore dell' aumento delle spese militari al 2% del PIL ?



"è necessario affrontare il tema delle spese militari, che nel 2016 ammontano all'1 per cento del PIL, ma che, per rispettare gli impegni formali sottoscritti in sede NATO, dovrebbero attestarsi al 2 per cento del PIL entro il 2024"

La frase precedente è presente in una relazione approvata della Commissione Difesa della Camera della passata settimana.
Nel resoconto della seduta presente sul sito della Camera non sono riportati i voti, sono riportati però gli interventi, e alcune perplessità sono state espresse solo da Artini, ora gruppo misto, e da un esponente di Articolo 1, Mdp.

M5S e Sinistra Italiana non hanno obiettato niente, forse assenti o disinteressati.
.
E' di fatto un silenzio assenso.

M.P.



martedì 26 settembre 2017

Nuovo incontro a Roma Minniti-Haftar e le parole esatte sulle migrazioni pronunciate dal Cardinal Bassetti, presidente della CEI

I fiori lanciati in mare da papa Francesco in occasione della sua visita a Lampedusa

Incontro di Haftar con Minniti, da La Stampa

Si gioca tra Roma e Tunisi una delle giornate più importanti per il processo di pacificazione della Libia. Da una parte con la visita di Khalifa Haftar in Italia, dall’altra con l’inizio della fase di dialogo tra i comitati preposti alla modifica degli accordi di Skhirat. Il generale, comandante del sedicente Esercito nazionale libico, è arrivato a Roma stasera, e domani incontra il ministro Marco Minniti, il titolare del dicastero dal quale è giunto l’invito in Italia all’uomo forte della Cirenaica. L’incontro col capo del Viminale non era nei programmi ufficiali, ma fonti informate riferiscono che i due si vedranno nell’ambito degli appuntamenti fissati in calendario. Tra questi c’è un momento di incontro col capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, a premessa di quello col ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Non è chiaro tuttavia sua quale formato avverrà il primo incontro, tra le ipotesi al vaglio ci sono il bilaterale “faccia a faccia”, la stretta di mano con gli onori militari o il briefing con lo staff. Su quali saranno gli argomenti all’ordine del giorno c’è il massimo riserbo, sebbene saranno affrontate tematiche sui futuri assetti della Libia. 


Il testo integrale del capitolo del discorso del cardinale Bassetti, presidente della Cei, dedicato alle migrazioni. Da Avvenire.

Le migrazioni

Accogliere, proteggere, promuovere e integrare: sono questi i 4 verbi che Papa Francesco ha donato alla Chiesa per affrontare la grande sfida delle migrazioni internazionali. Una sfida complessa, in parte inesplorata ma dal significato antico.

Bisogna subito sgombrare il campo da un equivoco che potrebbe sorgere da un dibattito pubblico particolarmente aspro su questi temi: la Chiesa cattolica si è sempre occupata dell’ospitalità del forestiero e del migrante. E lo ha fatto non certo per un’idea politica o sociale, ma per amore di ogni persona. È il cuore della nostra fede: di un Dio che si è fatto uomo. L’ospitalità è, da tradizione, un’opera di misericordia e, come ci insegna Abramo, una delle più alte forme di carità e di testimonianza della fede. Attraverso l’ospite noi scegliamo di accogliere o respingere Cristo nella nostra vita (Mt 25, 35.43). Il richiamo alla difesa della dignità inviolabile del migrante, inoltre, è un insegnamento presente in molti documenti della Santa Sede e che si è fatto carne nell’opera di alcuni grandi apostoli del passato, tra i quali molti italiani: Francesca Cabrini, Geremia Bonomelli, Giovanni Battista Scalabrini.

Oggi questa sfida antica si ripropone con tratti nuovi. E lo sguardo profetico di Papa Francesco ha il merito storico di aver tolto i migranti da quella cappa di omertà in cui erano stati confinati dalla «globalizzazione dell’indifferenza» e di averli messi al centro della nostra attività pastorale. Promuovere una pastorale per i migranti significa, prima di tutto, difendere la cultura della vita in almeno tre modi: denunciando la «tratta» degli esseri umani e ogni tipo di traffico sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone. I corridoi umanitari – nei quali la Chiesa italiana è impegnata in prima persona – sono, quindi, necessari per dare vita ad una carità concreta che rimane nella legalità.

Il primato dell’apertura del cuore al migrante ci fa guardare oltre le frontiere italiane. Ci invita a intensificare la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo al Sud del mondo, per far risorgere tra i giovani la speranza di un futuro degno nella propria patria. È una linea su cui si muove da tempo la CEI, sostenendo numerosi progetti di sviluppo e, recentemente, con la campagna Liberi di partire, liberi di restare. Si tratta di un progetto innovativo perché affronta il tema del diritto delle persone a restare nel proprio Paese senza essere costrette a scappare a causa della guerra o della fame. Accogliere è un primo gesto, ma c’è una responsabilità ulteriore, prolungata nel tempo, con cui misurarsi con prudenza, intelligenza e realismo. Non a caso il Santo Padre, di ritorno dalla Colombia, ha ricordato che per affrontare la questione migratoria occorre anche «prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria». Tale processo va affrontato con grande carità e con altrettanta grande responsabilità salvaguardando i diritti di chi arriva e i diritti di chi accoglie e porge la mano.

Il processo di integrazione richiede, innanzitutto, di fronteggiare, da un punto di vista pastorale e culturale, la diffusione di una «cultura della paura» e il riemergere drammatico della xenofobia. Come pastori non possiamo non essere vicini alle paure delle famiglie e del popolo. Tuttavia, enfatizzare e alimentare queste paure, non solo non è in alcun modo un comportamento 7 cristiano, ma potrebbe essere la causa di una fratricida guerra tra i poveri nelle nostre periferie. Un’eventualità che va scongiurata in ogni modo.

 Infine, alla luce del Vangelo e dell’esperienza di umanità della Chiesa, penso che la costruzione di questo processo di integrazione possa passare anche attraverso il riconoscimento di una nuova cittadinanza, che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta con sé.

lunedì 25 settembre 2017

L'assurda mozione Pd sullo Yemen, firmata anche da Marazziti, storico esponente di sant'Egidio, presentatore anche della mozione Marcon.





La mozione governativa sullo Yemen, 
nelle premesse:

non si ferma la vendita di armi ai paesi in guerra,
si cita la risoluzione del parlamento Europeo che chiede l' embargo all' Arabia saudita,
si citano le accuse alle parti in conflitto di violazione diritti umani,

si chiede al governo

di adeguarsi ad eventuali embarghi alla vendita di armi che provenissero dall' ONU o dalla UE

La mozione è firmata anche da Mario Marazziti, storico esponente della Comunità di Sant'Egidio, come il viceministro agli esteri Giro. Marazziti  aveva firmato a luglio la mozione Marcon .

M.P.

Atto Camera

Mozione 1-01695presentato daQUARTAPELLE PROCOPIO Liatesto diMartedì 19 settembre 2017, seduta n. 853
   La Camera,
   premesso che:
    il territorio dello Yemen, è stato culla di civiltà millenarie e anche per questo custodisce un patrimonio immenso in termini di arte, cultura, storia. Oggi purtroppo, dopo anni di instabilità politica, lo Yemen è diventato uno dei Paesi più poveri del mondo. Stante questa situazione è necessaria e urgente una presa di responsabilità da parte dei paesi e soprattutto delle organizzazioni internazionali;
    lo scontro in atto, una guerra civile che si protrae da più di due anni ma che vede la partecipazione anche di diverse potenze regionali, ha generato un alto numero di vittime (al 30 agosto 2016, secondo fonti ONU, oltre 10.000 persone sono state uccise), delle quali circa un terzo sarebbero civili e 1.540 bambini, con accuse alle parti in conflitto di condotte che configurerebbero crimini di guerra;
    il conflitto è peraltro all'origine di un gravissimo deterioramento delle condizioni umanitarie nello Yemen, classificato come la peggiore crisi del mondo dall'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) che indica in 18,8 milioni le persone bisognose di assistenza umanitaria o di protezione, di queste 10,3 milioni necessitano di assistenza immediata a causa della grave carestia e dell'epidemia di colera che ha già fatto più di 1.500 vittime e che potrebbe diffondersi rapidamente mettendo a rischio la vita di oltre 300 mila persone;
    il conflitto in corso colpisce in particolare donne e bambini; secondo i dati dell'Unicef la crisi yemenita conta più di 1,6 milioni di bambini sfollati che soffrono di malnutrizione acuta, mentre sarebbero addirittura 14,5 milioni i minori in condizioni igienico-sanitarie gravemente precarie tra cui 4,5 milioni privati di accesso all'istruzione e che rischiano di essere reclutati per i combattimenti; più di 2,6 milioni di donne e di bambine sono a rischio di violenze, aumentate peraltro del 65 per cento dall'inizio del conflitto;
    già prima della guerra civile lo Yemen risultava totalmente dipendente dagli aiuti esterni e il 90 per cento dei prodotti alimentari di base del Paese sono importati; il blocco aereo e navale imposto dalle forze della coalizione a guida saudita dal marzo 2015 ha rappresentato una delle principali cause della catastrofe umanitaria, mentre la violenza e la diffusa carenza di carburante hanno reso meno utilizzabili le reti interne di distribuzione dei generi alimentari;
    l'Ocha ha lanciato un appello per fronteggiare la crisi umanitaria nello Yemen per l'anno 2017 stimando una spesa di 2,1 miliardi di dollari, di cui i donatori hanno fino ad ora finanziato soltanto un terzo (688 milioni di dollari);
    l'Italia si è attivata sin dall'inizio della crisi per soccorrere la popolazione civile; in occasione della Conferenza dei donatori di Ginevra del 25 aprile 2017 il Governo italiano ha annunciato un contributo pari a 10 milioni di euro di aiuti umanitari nel biennio 2017-2018; finora sono stati finanziati – per il tramite della cooperazione italiana – progetti di emergenza per un valore di 4 milioni di euro per realizzare interventi nei settori della sicurezza alimentare (PAM), dell'assistenza sanitaria (Croce Rossa Internazionale), della prevenzione della violenza di genere (UNFPA) e dell'istruzione a favore degli sfollati interni (OIM);
    lo Yemen è da un lato vittima e dall'altro causa di un possibile inasprimento delle tensioni regionali con gravi rischi per la stabilità e per la sicurezza internazionale anche per la crescente presenza e il consolidamento delle organizzazioni terroristiche che nel Paese hanno già intensificato il numero e la portata degli attacchi, uccidendo centinaia di persone;
    non si fermano le vendite internazionali di materiali di armamento ai Paesi coinvolti nella guerra civile in Yemen;
    l'amministrazione Usa, nella fase finale della presidenza Obama aveva «espresso alcune preoccupazioni molto significative circa l'alto tasso di vittime civili» nel conflitto yemenita e nel dicembre 2016 aveva deciso di sospendere temporaneamente alcune forniture di munizioni di precisione all'Arabia Saudita, con particolare riguardo alla vendita da parte di Raytheon di circa 16.000 kit di munizioni guidate per un valore di 350 milioni di dollari, avendo valutato che l'aviazione saudita si è più volte mostrata non in grado di individuare correttamente i suoi obiettivi;
    la legge 9 luglio 1990, n. 185, recante «Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento», è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 14 luglio 1990, n. 163 ed è stata poi modificata dal decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105, e seguita dal regolamento di attuazione – decreto ministeriale 7 gennaio 2013, n. 19;
    la legge n. 185 del 1990 prevede un sistema di controllo e di autorizzazione scrupoloso ed articolato in materia di armamenti convenzionali;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)), in particolare contiene l'invito «al VP/AR Federica Mogherini ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008»;
    un'ulteriore risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno 2017 (2017/2727(RSP)) rinnova gli impegni e le responsabilità dell'Unione per fronteggiare la crisi umanitaria in Yemen e per promuovere un processo di pace negoziato nella consapevolezza che la soluzione della crisi non potrà che avvenire per via negoziata e non per via militare;
    già il Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione europea del 3 aprile 2017 aveva ribadito nelle conclusioni che «non c'è soluzione militare al conflitto in corso in Yemen» e che «la gestione della crisi passa necessariamente attraverso un processo negoziato che coinvolga tutte le parti interessate, cui le donne devono dare un contributo fondamentale e che conduca ad una soluzione politica inclusiva» per ricostruire un clima di fiducia attraverso un «cessate il fuoco» duraturo, un meccanismo monitorato di ritiro delle forze in conflitto, la predisposizione di canali umanitari e commerciali, nonché la liberazione dei prigionieri politici;
    il 13 settembre 2017 il Parlamento europeo ha adottato la relazione approvata dalla Commissione affari esteri già nel mese di luglio 2017 sull’export di armi e sull'implementazione della posizione comune 2008/944/CFSP dove si denuncia la mancanza di un approccio comune in situazioni quali Siria, Iraq e Yemen e si incoraggiano gli stati membri e il Servizio Europeo di Azione Esterna (SEAE) ad «avviare una discussione sull'estensione del criterio 2 per includere gli indicatori di governance democratica, in quanto tali criteri di valutazione potrebbero contribuire a creare ulteriori garanzie contro le conseguenze negative involontarie delle esportazioni»;
    anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che nelle sue risoluzioni 2201/2015 e 2216/2015 ha deplorato le azioni unilaterali degli Houthi, ha attivato meccanismi di monitoraggio della crisi e promosso una serie di iniziative diplomatiche volte a favorire il raggiungimento di una composizione negoziata e inclusiva della controversia;
    dal 10 gennaio 2017 l'Italia è membro non permanente del consiglio di sicurezza dell'Onu, organo che ha la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale; inoltre, nel 2018 l'Italia assumerà la presidenza dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE),
impegna il Governo:
1) a continuare nel monitoraggio della crisi umanitaria in corso in Yemen sensibilizzando gli altri donatori sulla gravità della situazione e sostenendo gli sforzi in corso da parte delle Nazioni Unite, affinché vengano mobilitate le necessarie risorse per finanziare l'azione di soccorso internazionale;
2) a proseguire e a rafforzare le attività di assistenza umanitaria alla popolazione in linea con l'impegno finanziario assunto in occasione della Conferenza dei donatori tenutasi, su iniziativa delle Nazioni Unite, il 25 aprile 2017 a Ginevra;
3) a continuare ad attivarsi presso il Consiglio di sicurezza dell'Onu e negli altri fori internazionali dove è presente il nostro Paese, per promuovere iniziative internazionali volte a fare rispettare il diritto internazionale umanitario e i diritti umani e a favorire le condizioni per una soluzione negoziata del conflitto, per la stabilizzazione del Paese e per la costruzione di una pace duratura e inclusiva di tutte le risorse disponibili, compreso il contributo che le donne possono dare come previsto dalla risoluzione ONU 1325 (2000);
4) a favorire, nell'ambito delle regolari consultazioni dell'Unione europea a Bruxelles, una linea di azione condivisa in materia di esportazioni di materiali di armamento dando sostegno concreto alle iniziative internazionali per la cessazione delle ostilità e adeguandosi immediatamente alle prescrizioni o ai divieti che fossero adottati nell'ambito delle Nazioni Unite o dell'Unione europea.
(1-01695) «Quartapelle Procopio, Alli, Marazziti, Locatelli, Garavini, Tacconi, Carrozza, Tidei, Zampa, Nicoletti, Porta, Andrea Romano, Patriarca, Cova».

sabato 23 settembre 2017

A che serve parlare di pace se vendiamo le armi a paesi in guerra ? 1 ottobre a Loppiano incontro con il Comitato riconversione RWM


La riconversione possibile. Un lavoro per la vita.
A che serve parlare di pace se vendiamo armi ai Paesi in guerra? Le bombe del Sulcis e il nostro futuro
Domenica primo ottobre 2017
Auditorium Loppiano 10.00-12.30

Incontro con il Comitato riconversione Rwm Sardegna
interventi finora programmati di 
Pax Christi Italia, Oxfam, Banca etica, Focolari Italia, Centro internazionale Giorgio La Pira, Rete disarmo

Perché questo incontro

IL FATTO

Nel territorio del Sulcis Iglesiente in Sardegna una fabbrica produce bombe che vengono esportate verso l’Arabia Saudita, Paese a capo di una coalizione militare impegnata nella guerra in corso in Yemen. Da uno dei territori più poveri d’Italia si è costruito così un collegamento con un conflitto dimenticato nella zona del Golfo persico dove gli ordigni fanno stragi di civili grazie ai bombardamenti che colpiscono anche scuole e ospedali come denunciato da commissioni di inchiesta nominate dall’Onu. Il caso è noto perché è arrivato anche sulla stampa e in Tv. Ma abbondanza di informazioni e foto traumatiche sono accessibili sul web. Le inchieste scandalistiche delle Iene, nota trasmissione dei canali commerciali di Mediaset, sono molto esplicite, usano un linguaggio accessibile a tutti quando mostrano le immagini delle stragi e il sindaco di Domusnovas, paese dove si situa gran parte dell’azienda Rwm Italia, che ripete il mantra sulla necessità di salvare una delle poche fabbriche rimaste su un territorio desertificato dalla crisi economica. Altre sequenze mostrano passanti che scappano senza rilasciare interviste oppure che ripetono il concetto secondo il quale lo spostamento della produzione non risolverebbe il problema della guerra ma solo la perdita di occupazione.

LA STORIA RECENTE 

Quel sito di fabbricazione di esplosivi era originariamente legato alla filiera delle miniere del Sulcis. Fondi pubblici hanno sostenuto nel 2001 una riconversione verso la fabbricazione di ordigni militari. Erano ancora i tempi di una vasta mobilitazione popolare con esponenti della società civile, istituzioni e chiese che non avevano remore a prendere posizione contro un progetto considerato infausto. La fine di questo movimento spontaneo resta un mistero. Probabilmente si è rivelata decisiva la versione dell’allora società Sei (prevalente proprietà francese) che assicurava il mantenimento degli scambi commerciali all’interno delle nazioni alleate nell’ottica della difesa comune.

UNA LEGGE GIUSTA VIOLATA IMPUNEMENTE 

La proprietà del sito produttivo passa di mano nel 2010 con l’acquisizione da parte della tedesca Rheinmetall Defence che, come documentato abbondantemente e minuziosamente da Giorgio Beretta su diverse fonti a cominciare da Unimondo.org, invia gli ordini bellici all’Arabia Saudita, uno degli acquirenti più appetibili del fronte occidentale e noto alleato strategico degli Stati Uniti. I tedeschi mantengono un certo formale rigore morale. Dalla Germania non partono armi verso il Paese del Golfo. Avviene tutto dall’Italia dove vige tuttavia la legge 185/90 che vieta il commercio e il transito di armi verso nazioni coinvolte in conflitti armati e/o violano i diritti umani. Una legge che non è caduta dal cielo ma è stata il frutto di una grande lotta civile nel solco della Costituzione che ripudia la guerra. Lavoratori che hanno esposto i loro corpi per far passare un concetto che gran parte della classe dirigente di questo Paese ha invece ignorato. Elio Pagani e Marco Tamborrini (comitato Aermacchi), Franca Faita (tra le obiettrici della Valsella) per fare qualche nome meriterebbero la nomina di senatori a vita e invece, davanti ad interrogazioni parlamentari del 2016 sul carico di bombe verso l’Arabia Saudita, Paolo Gentiloni , allora ministro degli esteri e Roberta Pinotti, ministro della Difesa, hanno affermato che il problema non sussiste ed è tutto regolare perchè non esistono posizioni ufficiali dell’Onu in materia. Nell’aula dove insiste il blocco bronzeo del trionfo di casa Savoia, si son sentite giustificazioni improntate a realismo e a cautela davanti ad una situazione tragica che merita altre risposte. Stessa linea ripetuta dal sottosegretario agli Esteri Amendola discutendo di una mozione presentata a luglio 2017. Il problema non sono solo i governanti ma la carenza di coscienza collettiva come dimostra ad esempio la flebile protesta verso il recente coinvolgimento italiano nella guerra in Libia del 2011 che ha scatenato l’inferno e il caos alle nostre porte. Una guerra che gli stessi vertici militari hanno criticato e sostenuto controvoglia, come risulta da diverse dichiarazioni ex post. Eppure una resistenza morale e attiva esiste. Anche e soprattutto in Sardegna, con riferimento alle bombe di Domusnovas non ha dominato il silenzio.

LA RESISTENZA ALLA BANALITA’ DEL MALE

Da diverse prospettive hanno mantenuto il punto gli “irregolari”, anarchici e movimenti nonviolenti, visti con compatimento o sospetto da parte di molti che pur di pace parlano ma in maniera generica , rimuovendo lo sguardo dalla realtà delle cose. Scavando in profondità si conoscono storie come quella di Teresa Piras, allieva di Aldo Capitini, che ha fatto la scelta di di andare ad insegnare nel Sulcis proprio per sostenere i minatori nella loro dura condizione lavorativa ed è rimasta a lottare pacificamente su quella terra cercando di recuperare antiche e feconde pratiche agricole.
Inaspettatamente, dopo una lezione pubblica in università a Cagliari organizzata nel marzo 2017 dalla scuola di partecipazione politica collegata con il Movimento dei Focolari, la realtà locale di questa realtà ecclesiale diffusa a livello mondiale, ha deciso di organizzare il 7 maggio 2017 una marcia ad Iglesias, a ridosso di Domusnovas, dando voce alle diverse espressioni contrarie alla presenza di una fabbrica di bombe sul territorio. Titolo del percorso: “pace parliamone”. Già a marzo del 2016 i giovani dei Focolari avevano organizzato a Roma nell’auletta dei gruppi parlamentari della Camera, un incontro sulla pace improntato sulle risposte inevase a partire dai carichi di armi in partenza dalla Sardegna per proseguire con la violazione della legge 185/90 , la presenza degli ordigni nucleari nelle basi Usa in Italia e la progressiva conversione del core business di Finmeccanica Leonardo dal settore civile a quello degli armamenti. Domande inconsuete che hanno messo in difficoltà soprattutto i parlamentari di estrazione cattolica presenti, che immaginavano di trovare il solito appello ai valori astratti. Alcuni di loro hanno fatto ricorso alla categoria del realismo politico di weberiana memoria pur trovandosi di fronte a testimonianze come quella di un giovane ingegnere che, d’accordo con la sua ragazza e i familiari, ha deciso di rifiutare un lavoro presso una società missilistica.

CONTRO L’INDIFFERENZA . A IGLESIAS LA COSTITUZIONE È VIVA

La marcia del 7 maggio di Iglesias con tanto di comizio in piazza e appello lanciato a livello nazionale: “perché non possiamo restare indiferrenti”, ha avuto un seguito il giorno dopo nella costituzione di un comitato per la riconversione dell’industria bellica e la valorizzazione del patrimonio del Sulcis Iglesiente, con la presenza di compenti di diversissima e plurale estrazione che ha potuto presentare questa istanza in una affollata conferenza stampa alla Camera dei Deputati il 21 giugno 2017, assieme a rete disarmo,rete pace, Amnesty international,banca etica, Oxfam, Focolari e l’intervento di Medici senza frontiere, ma riportato solo da Avvenire che ha dato grande spazio al percorso di Iglesias. Sono le stesse associazioni che a marzo 2017, a due anni dall’inizio dei bombardamenti sullo Yemen, hanno sottoscritto un forte e finora inascoltato appello all’attuale ministro degli esteri. La presenza ragionevole, mite e ostinata, del comitato sardo ha portato ad una dichiarazione unanime del consiglio comunale di Iglesias del 19 luglio 2017 che si è dichiarata città di pace chiedendo ogni iniziativa urgente per riconvertire economicamente il territorio da liberare da ogni ricatto sul lavoro. Le sezioni locali di Confindustria, Cgil e Cisl, invece di considerare questa occasione per ridiscutere l’applicazione e le risorse effettive del piano Sulcis approvato a livello regionale hanno rilasciato una comunicazione congiunta sulla necessità di mantenere in loco la produzione della Rwm, ignorando evidenze come quella esposta recentemente dall’Istituto Affari internazionali sul cambio di strategia dell’Arabia Saudita di investire su una propria industria militare. Nell’attuale situazione di grave fragilità e solitudine dei lavoratori, bisogna saper agire sulle leve decisionali effettive che non risiedono solo nella sede generale della Rheinmetall che potrebbe decidere di delocalizzare con calma come fatto ad esempio dalla statunitense Alcoa. Le parti sociali hanno la possibilità di ovviare alla loro miopia culturale ma la questione di Domusnovas è paradigmatica perché mette in evidenza la crisi di un intero Paese incapace di elaborare una politica a favore della pace a partire dalle scelte strutturali come sono quelle economiche senza le quali come diceva Giorgio La Pira non ci resta altro che la “magra potestà delle prediche”.

venerdì 22 settembre 2017

Roma, 21 settembre - Presidio alla Farnesina per chiedere la ratifica dell' Italia al Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari


15.000 manifestanti a Berlino anche contro Minniti e il sequestro della Juventa


Oltre 15 mila persone, provenienti da diverse parti della Germania e del resto d'Europa, hanno sfilato sabato 16 settembre a Berlino. Il corteo è stato lanciato dalla piattaforma "We'll Come United" ed aveva come temi principali la libertà di movimento e il dissequestro della nave Iuventa. 
La manifestazione ha toccato diversi aspetti politici legati alle migrazioni, soprattutto rispetto alla criminalizzazione di migranti ed attivisti che l'Unione Europea, e tutti gli Stati membri, stanno esercitando con sempre più veemenza.
***

Radio Onda d' urto

BERLINO: OLTRE 15MILA AL CORTEO “WE’LL COME UNITED”.

Oltre 15.000 persone, 13 spezzoni con relativi camion e impianti di amplificazione, per le strade di  per la manifestazione “We’ll come united”, contro le politiche sui  dell’Unione Europea, contro le stragi di  nel , ma anche contro la criminalizzazione delle  impegnate nel soccorso dei migranti e per chiedere il dissequestro della nave Iuventa di Jugend Rettet, fermata dalle autorità italiane il giorno successivo alla diffusione del regolamento per le che operano nel Mediterraneo che Jugend Rettet, come molte altre organizzazioni, non ha sottoscritto (a questo tema era dedicato uno spezzone all’interno del grande ). Martedì 19 settembre gli attivisti della ong tedesca saranno a Trapani dove è prevista l’udienza nella quale il giudice dovrà decidere sul dissequestro dell’imbarcazione e terranno una conferenza stampa.
Il racconto della manifestazione e aggiornamenti sulla nave Iuventa nel collegamento telefonico con Tommaso Gandini, collaboratore di Melting Pot Europa e della campagna #Overthefortress che ha partecipato alla manifestazione. Ascolta o scarica.

mercoledì 20 settembre 2017

Accordo governo-Vaticano: Ius soli in cambio di silenzio su Libia e bombe ai Saud ?

Una prima pagina di Avvenire con la denuncia delle vendita di bombe italiane ai sauditi.


Andrea Colombo,il manifesto del 20 settembre

"Il  Vaticano sta esercitando da giorni pressioni massicce sui centristi di Ap per spingerli se non ad approvare la legge almeno a non affossarla ma, anche se nessuno nel Pd lo ammetterebbe, è probabile che anche il primo partito di governo sia stato pungolato a dovere dalla Santa Sede.
Il repentino abbassamento di toni sul fronte libico, in realtà, sembra indicare una vera e propria trattativa, con lo Ius soli come prezzo della fine del cannonegiamento vaticano sulle scelte di Minniti.
Ma anche palazzo Madama, in concreto il gruppo dei senatori del Pd, ci ha messo del suo, insistendo per affrontare sia i rischi dell’aula che quelli di un’opinione pubblica ostile.
La legge sulla cittadinanza dunque arriverà al voto. Non subito però. Il 4 ottobre dovrà essere approvato dall’aula di palazzo Madama il Def ed è uno dei passaggi più delicati perché servono 161 voti, l’effettiva maggioranza assoluta. Quella relativa non basterebbe. "

All' ipotesi di Andrea Colombo, esperto e talvolta anticonformista giornalista, io aggiungo l' atteggiamento contraddittorio di Mario Marazziti, deputato ed esponente della comunita' di Sant'Egidio come il sottosegretario agli esteri Giro,
che a luglio ha firmato la mozione Marcon sullo Yemen contro le bombe italiane ai Saud, bocciata ieri alla camera, e invece ieri ha firmato la mozione governativa approvata con Pd,socialisti,alfaniani,  che non chiede al governo italiani l' embargo sulle armi ai Saud ma unità di azione con gli altri paesi dell’ UE.
A questa luna di miele tra governo e Santa Sede, ufficializzata da papa Francesco con la frase "Accoglienza ai migranti ma con prudenza",

Luca Kocci, il manifesto, 12 settembre.
" I governi devono accogliere i migranti «con prudenza», tenendo conto di «quanti posti ho», ma resta il fatto che i campi profughi libici sono dei veri e propri «lager». Papa Francesco, nella consueta conferenza stampa “volante” a bordo dell’aereo che ieri da Bogotà lo ha riportato a Roma dopo il suo viaggio apostolico in Colombia, risponde a una domanda sulle politiche dell’Italia rispetto alla questione Libia-migranti e dà un colpo al cerchio e uno alla botte del governo Gentiloni e alla linea Minniti (come del resto aveva fatto anche il nuovo presidente della Cei, cardinal Bassetti, ad agosto): sì all’accoglienza «prudente», no agli accordi con i Paesi – come appunto la Libia – i cui centri per i migranti funzionano come «lager»."

 puo' aver contribuito l' arrivo di Monsignor Bassetti alla guida della Cei, dopo le esperienze come vescovo nelle "ex rosse "Toscana e Umbria".
“Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, è il nuovo presidente della Cei. Il suo era il primo nome nella terna proposta al Papa dai vescovi italiani.
Bassetti è nato il 7 aprile 1942 a Popolano di Marradi, in provincia di Firenze ma nella diocesi di Faenza-Modigliana. Il 29 giugno 1966 viene ordinato presbitero. Il 3 luglio 1994 papa Giovanni Paolo II lo elegge vescovo di Massa Marittima-Piombino. Il 21 novembre 1998 viene eletto vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Nel luglio 2009 è nominato arcivescovo di Perugia-Città della Pieve.
"E' una bella notizia" così il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha accolto l'annuncio della nomina del Cardinale Gualtiero Bassetti a presidente della Cei. La notizia è stata accolta da un caloroso applauso dell’assemblea toscana. Il presidente Eugenio Giani ha ricordato l’esperienza di Bassetti alla guida della diocesi di Arezzo, “caratterizzata dal suo modo straordinario di vivere la comunità”, e alla guida di una diocesi capoluogo di regione, quella di Perugia

Da segnalare le decise dichiarazioni di voto della on. Duranti (ora Mdp,”Bersani” ed ex Sel) contro le armi all’ Arabia saudita e a favore della ratifica del trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari.  Hanno smentito i miei timori di un voto di compromesso tra le forze del centro sinistra. Peccato  che all’ appello contro il mercato delle armi questa volta siano mancati i cattolici.

Marco Palombo

martedì 19 settembre 2017

Roma, presidio e conferenza stampa affinché l' Italia ratifichi il trattato ONU per proibire le armi nucleari.


CONFERENZA STAMPA E PRESIDIO PERCHÈ L'ITALIA DIA UN CONTRIBUTO POSITIVO AL DISARMO NUCLEARE

Giovedì 21 settembre 2017, ore 10.00 - 13.00

Nei pressi del Ministero degli Affari Esteri Piazzale della Farnesina - Roma

CONFERENZA STAMPA ORE 12.00
Introduce: Antonia Baraldi Sani – WILPF- Italia

Partecipano: Alfonso Navarra, Giovanna Pagani - delegati della società civile italiana alla Conferenza ONU per il Trattato di Interdizione delle Armi Nucleari

Interventi di: Giuseppe Bruzzone (Disarmisti Esigenti) - Paolo De Santis (No Guerra No NATO) - Franco Dinelli (Pax Christi) - Patrick Boylan (Peacelink) - Marco Palombo

Sono invitati i rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali

 Lo sai che all'ONU 122 Paesi, con un Trattato adottato a New York il 7 luglio scorso, hanno stabilito l'illegalità delle armi nucleari e creato la speranza di fuoriuscire dall'"era atomica"?
  Lo sai che l'Italia non ha partecipato a questa Conferenza per la messa al Bando delle Armi Nucleari?
 Lo sai che in Italia ci sono bombe nucleari per il rispetto di impegni NATO?

FIRMA LA PETIZIONE AFFINCHÈ L'ITALIA RATIFICHI IL TRATTATO ONU CHE ABOLISCE PER SEMPRE LE ARMI NUCLEARI

 Promuovono - al momento (ma le adesioni sono sempre aperte!) - la Campagna BANDO DELLE ARMI NUCLEARI, ITALIA RIPENSACI :
Disarmisti Esigenti, WILPF Italia, No Guerra No NATO, Pax Christi, IPRI-CCP, Pressenza, LDU, Accademia Kronos, Energia Felice, Fermiamo chi scherza col Fuoco atomico (Campagna OSM-DPN), PeaceLink, La Fucina per la Nonviolenza di Firenze, la Chiesa Valdese di Firenze, Comitato per la pace, la convivenza, la solidarietà Danilo Dolci di Trieste, Mondo senza guerre e senza violenza

lunedì 18 settembre 2017

Mozioni Yemen. Molto probabile un voto "di compromesso", nello stile " Pisapia 4.0 "


Questo scritto e' da rileggere dopo il voto sulle mozioni per vedere se c'e' qualcosa di vero nel mio testo. Farò in ogni caso un commento finale, ma ho voglia di far leggere le righe che seguono prima della fine dell’ iter delle mozioni alla Camera.

M.P.

Nella prossima settimana sono nuovamente nel programma dei lavori dell' Assemblea della Camera dei Deputati la guerra nello Yemen e le bombe sarde vendute ai sauditi per bombardare questo paese flagellato anche dalla fame e dal colera.
Le mozioni, già discusse in aula il 17 luglio e già presenti in molti O.d.G dei lavori degli ultimi 2 mesi, probabilmente saranno effettivamente votate in settimana visti gli annunci di Sinistra italiana e della Rete disarmo, coordinamento che si muove sempre in modo collaterale al centrosinistra, coalizione forse ancora in piedi solo per sostenere le guerre.

Finora i governi Pd, Renzi e Gentiloni, avevano reagito in modo piuttosto goffo alle proteste per le forniture italiane all’ esercito saudita:
"La guerra saudita e' in difesa del legittimo governo"
.....che, tra le altre cose, da mesi non paga medici e infermieri mentre impazza il colera e non protesta neanche per gli ostacoli posti dai sauditi agli aiuti umanitari.
"L' Italia non vende armi ai sauditi, le bombe sono tedesche"
...ma queste arrivano all' aviazione di Ryad solo perché il governo tedesco sostiene in patria la stessa tesi, attribuendo la paternità delle bombe al nostro paese.
"Non ci sono embarghi internazionali"
.....ma l' Italia deve rispettare anche la legge solo italiana n.185/90.

Questa volta però  e' molto probabile un voto di compromesso tra il governo e chi, a parole, si oppone alla guerra yemenita.

La mozione di Sinistra italiana e' firmata anche da gruppi che sostengono il governo: Mdp di Bersani e D'Alema, e cattolici di Marazziti e Dallai. E le associazioni che hanno sostenuto la mozione, Rete Disarmo e altre, hanno chiesto che l' Italia appoggi la richiesta del Commissario ONU dei diritti umani, rappresentante della Giordania alleata dei sauditi in Yemen, per una commissione di inchiesta indipendente Onu, mettendo meno in evidenza la richiesta di cessazione immediata delle forniture ai Saud.
Questo ed altro mi convince che nelle varie mozioni che saranno votate, ricordo che possono essere presentati documenti fino all’ ultimo momento, il gruppo parlamentare Pd non voterà sicuramente sempre in modo contrapposto ai gruppi Mdp e dei cattolici , "copresentatori" della mozione Marcon ma che sostengono il governo Gentiloni.

E’ difficile prevedere i passaggi dettagliati che avrà questo confronto, ma quasi sicuramente uscirà un compromesso un pò ambiguo.
Un finale dunque nello stile "Pisapia 4.0", il quale  sta riuscendo, pur tra molte ironie, a frenare la nascita di una "nuova sinistra" seppur molto diversa da quella che frequentava in gioventù nel Pisapia 1.0 (DP) e Pisapia 2.0.(Prc) anche se simile al Pisapia 3.0 (Sel), ormai oggi impraticabile però anche per Fratoianni.

Marco Palombo


mercoledì 13 settembre 2017

Armi ai Saud.Europarlamento chiede embargo UE,14 settembre a Montecitorio le bombe italiane a Ryad punto n.3 dell' OdG.


Come era prevedibile, il Parlamento Europeo oggi ha votato la risoluzione proposta dalla sua Commissione esteri che chiede nuovamente, tra altre cose, l' embargo dell' Unione Europea alla vendita di armi all' Arabia Saudita. 
Domani è in programma alla Camera dei Deputati la votazione delle mozioni sulla guerra in Yemen, con particolare attenzione alle bombe costruite a Domusnovas in Sardegna e vendute all' Arabia saudita.
Tra l' altro nella commissione esteri del Parlamento Europeo ha votato a favore della risoluzione anche il rappresentante del PD Brando Benifei, e probabilmente tutto il gruppo Pd ha fatto oggi la stessa cosa in Assemblea.
Che dirà domani il governo Gentiloni ?
M.P.
Europarlamento chiede embargo Ue su vendita armi a Arabia Saudita
Introdurre strumenti per garantire controllo esportazioni
13 settembre, 17:07

Fine modulo

(Ansa) STRASBURGO - Imporre un embargo dell'Ue sulla vendita di armi all'Arabia saudita: è quanto chiede all'Alto rappresentante Federica Mogherini il Parlamento europeo in una risoluzione approvata con 386 voti a favore, 107 contrari e 198 astensioni. Più in generale il testo chiede strumenti per garantire il controllo delle esportazioni Ue di armi e sottolinea la necessità di un'autorità di controllo e di un meccanismo sanzionatorio.

I deputati esprimono allarme per la corsa agli armamenti a livello globale e criticano gli Stati membri per aver violato la posizione comune dell'Ue sul controllo delle esportazioni di armi, che ne stabilisce le regole. Inoltre, solo 20 Stati membri hanno fornito informazioni complete sulle armi vendute all'estero. L'Ue è il secondo maggiore fornitore di armi del mondo dopo gli Stati Uniti e prima della Russia. Secondo i dati della Commissione, nel 2015 il Medio Oriente è stata la regione più importante di destinazione delle esportazioni di armi.


CAMERA DEI DEPUTATI

XVII LEGISLATURA

850^ SEDUTA PUBBLICA
GIOVEDÌ 14 SETTEMBRE 2017 - ORE 9
ORDINE DEL GIORNO
1.   Seguito della discussione delle mozioni Carfagna, Lupi, Abrignani, Castiello, Cirielli, Chiarelli ed altri n. 1-01557, Brignone ed altri n. 1-01661, Silvia Giordano ed altri n. 1-01665, Gadda ed altri n. 1-01666, Vargiu ed altri n. 1-01667, Fossati ed altri n. 1-01669 e Vezzali ed altri n. 1-01689concernenti iniziative in materia di raccolta e donazione dei farmaci non utilizzati (vedi allegato).
2.   Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 361 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: RANUCCI e PUGLISI: Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica (Approvata dal Senato). (C. 3960-A
Relatrice: COSCIA.
3.   Seguito della discussione delle mozioni Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663 concernenti la situazione di crisi nello Yemen, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e all'esportazione di armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto (vedi allegato).
4.   Seguito della discussione delle mozioni Basilio ed altri n. 1-01081, Marcon ed altri n. 1-01673 e Gianluca Pini ed altri n. 1-01674 concernenti iniziative in materia di dislocazione, trasporto e acquisizione di armi nucleari in Italia (vedi allegato).
5.   Seguito della discussione della proposta di legge:
ERMINI ed altri: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di frode patrimoniale in danno di soggetti vulnerabili e di circonvenzione di persona incapace. (C. 4130-A
e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI ed altri; FUCCI; CAPARINI ed altri; FERRARESI ed altri. (C. 40-257-407-4362)

Relatore: ERMINI.


Minniti,nemico degli sbarchi, si imbarca su un volo di stato per vedere la Juventus


martedì 12 settembre 2017

Giovanni XXIII patrono dell' esercito. " Roba da matti ! "



Il Papa buono, colui che con la Pacem in terris denunciò ogni guerra, domani sarà proclamato patrono dell'esercito italiano. Per il presidente di Pax Christi Italia è una scelta assurda, irrispettosa e anticonciliare

Domani, 12 settembre, l’Ordinario Militare per l’Italia, mons. Santo Marcianò, consegnerà al capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Danilo Errico, la Bolla Pontificia di San Giovanni XXIII Papa quale Patrono dell’Esercito italiano: questa è la notizia uscita intorno all'ora di pranzo. «Ci è giunta notizia che San Giovanni XXIII sarà quanto prima proclamato Patrono dell’Esercito Italiano, avendone fatto parte al tempo della Prima Guerra Mondiale. Come Presidente della sezione italiana di Pax Christi, Movimento Cattolico Internazionale per la Pace, mi sembra irrispettoso coinvolgere come Patrono delle Forze Armate colui che, da Papa, denunciò ogni guerra con l’Enciclica ‘Pacem in terris’ e diede avvio al Concilio che, nella Costituzione ‘Gaudium et spes’, condanna ogni guerra totale, come di fatto sono tutte le guerre di oggi», ha scritto Giovanni Ricchiuti, Vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e Presidente di Pax Christi – Italia.
«Sollecitato da tutto il Movimento Pax Christi e anche da altre persone sensibili al tema della pace, ritengo assurdo il coinvolgimento di Giovanni XXIII, anche perchè l’Esercito di oggi, formato da militari professionisti e non più di leva, è molto diverso da quello della prima Guerra mondiale che, non lo possiamo dimenticare, fu definita da Benedetto XV ‘inutile strage’. E’ molto cambiato anche il modello di Difesa, con costi altissimi (23 miliardi di euro per il 2017) e teso a difendere gli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi». E ancora: «Pensare a Giovanni XXIII come Patrono dell’Esercito lo ritengo anticonciliare anche alla luce della forte ed inequivocabile affermazione contenuta nella Pacem in Terris, “con i mezzi di distruzione oggi in uso e con le possibilità di incontro e di dialogo, ritenere che la guerra possa portare alla giustizia e alla pace è fuori dalla ragione – alienum a ratione”. È ‘roba da matti’, per usare un’affermazione di don Tonino Bello, anch’egli Presidente di Pax Christi fino al 1993».


Il presidente di Pax Christi ricorda che «Papa Giovanni XXIII è nel cuore di tutte le persone come il Papa Buono, il papa della Pace, e non degli eserciti». La conclusione della sua lettera aperta è un invito alle «donne e uomini di buona volontà», «a cui chiediamo di unirsi con ogni mezzo a questa dichiarazione per esprimere il proprio rammarico per una decisione che non rappresenta il “sensus fidei” di tanti credenti che hanno conosciuto Giovanni XXIII o che ne apprezzano la memoria di quella ventata profetica che ha indicato alla Chiesa nuovi sentieri di giustizia e di pace».

Francesco Vignarca, portavoce di Rete Disarmo, ha ricordato che da giovane il futuro Papa scrisse: «appena uscito di caserma mi sono spogliato dell’uniforme aborrita, ho baciato piangendo la mia cara sottana e sono tornato fra i Superiori e i parenti fatto più degno della loro compagnia. “Iam hiems transiit, imber abiit et recessit”. L’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è and
ata».
Il SIR riferisce invece come il teologo don Ezio Bolis sulle colonne de L’Osservatore Romano di oggi, commentando la decisione della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti di dichiarare san Giovanni XXIII “patrono presso Dio dell’Esercito italiano” (decreto del 17 giugno 2017) affermi che «proclamare san Giovanni XXIII patrono dell’esercito italiano significa “ribadire il compito precipuo di questa istituzione in uno stato democratico: difendere il bene prezioso della pace imponendo la forza della legge”» e «una provvidenziale occasione per riflettere in modo ponderato sul significato e l’opportunità di una presenza, quella dei cappellani militari, all’interno di un’istituzione qual è l’esercito».
F

domenica 10 settembre 2017

The Guardian : British arms sales to repressive regimes soar to £5bn since election




  • The ObsUK arms manufacturers have exported almost £5bn worth of weapons to countries that are judged to have repressive regimes in the 22 months since the Conservative party won the last election.
    The huge rise is largely down to a rise in orders from Saudi Arabia, but many other countries with controversial human rights records – including Azerbaijan, Kazakhstan, Venezuela and China – have also been major buyers.
    The revelation comes before the Defence and Security Equipment International arms fair at the Excel centre in east London, one of the largest shows of its kind in the world. Among countries invited to attend by the British government are Egypt, Qatar, Kenya, Bahrain and Saudi Arabia.
    Campaigners called on the government to end arms sales to the United Arab Emirates in light of its record on human rights. They accused the government of negotiating trade deals to sell the Gulf state cyber surveillance technology which the UAE government uses to spy on its citizens, and weaponry which, they allege, has been used to commit war crimes in Yemen.
    The Saudis have historically been a major buyer of British-made weapons, but the rise in sales to other countries signals a shift in emphasis on the part of the government, which is keen to support the defence industry, which employs more than 55,000 people.
    Following the referendum on leaving the European Union, the Defence & Security Organisation, the government body that promotes arms manufacturers to overseas buyers, was moved from UK Trade & Investment to the Department for International Trade. Shortly afterwards, it was announced that the international trade secretary, Liam Fox, would spearhead the push to promote the country’s military and security industries exports.
  • But charities and other organisations that campaign against the arms trade fear that a post-Brexit Britain will see an increase in weapons sold to countries with poor human rights records.
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    Last week Labour MP Helen Goodman questioned why the UK had exported £80,000 worth of arms – believed to be components for submarine systems – to the Maduro government of Venezuela in the past year. Goodman asked: “In light of the Maduro government’s refusal to cooperate with the ongoing UN-led investigation into human rights abuses, will the government suspend any further arms sales until those concerns are resolved?”
    Campaign Against the Arms Trade has found that of the 49 countries that are classed as “not free” by Freedom House, the independent organisation that promotes democracy, 36 have bought British-made weapons under the current government.
    Since 2015, Saudi Arabia has agreed orders for more than £3.75bn worth of British defence equipment – mainly bombs and fighter aircraft – up from £160m in the 22 months leading up to the election. Even when Saudi’s massive order book is stripped out, arms exports to repressive regimes have almost doubled since the Tory government was elected: orders to such countries, excluding Saudi, amount to almost £1.2bn, compared with £680m in the 22 months before the election.
    Among the major buyers were: Algeria, which agreed a military helicopter deal in September 2015, worth £195m; Qatar, which is buying military support aircraft worth £120m; and China, which is subject to an arms embargo. Despite the embargo, the UK agreed a £16m deal to export components for military radar. One notable new customer is Azerbaijan, which bought £500,000 of “targeting equipment”.
    “The UK has consistently armed many of the most brutal and authoritarian regimes in the world, and a number have been invited to London to buy weapons,” said Andrew Smith of Campaign Against Arms Trade. “These arms sales aren’t morally neutral, they are a clear sign of political and military support for the regimes they are being sold to. The government has played an absolutely central role, and has consistently put arms exports to despots and dictators ahead of human rights.”
    The government insists that its arms export licensing systems is subject to stringent rules. Foreign Office minister Alan Duncan told parliament last week: “The government take their export control responsibilities very seriously and operate one of the most robust defence export control regimes in the world. We rigorously examine every application case by case against consolidated EU and national arms export licensing criteria.”