martedì 12 aprile 2016

Caso Regeni e morti italiani di serie B: i due tecnici in Libia per l'ENI



Da inizio marzo si parla molto della morte al Cairo di Giulio Regeni e il 9 aprile l’Italia ha richiamato dall’Egitto il suo ambasciatore.

Il 1 marzo erano stati uccisi in Libia due tecnici italiani che lavoravano negli impianti dell’ ENI, ma i particolari della tragedia dei due uomini, e delle loro famiglie, non hanno avuto dai media italiani la stessa attenzione della storia di Giulio Regeni.

Sono soprattutto i giornalisti dell’area di centro sinistra ad avere preso a cuore la verità sulla morte del giovane ricercatore e probabilmente gli stessi ignorano quasi completamente la storia dei due tecnici uccisi in Libia.

Così dobbiamo leggere Libero, giornale della destra più battagliera, per conoscere dettagli importanti del rapimento e della morte dei tecnici italiani, dipendenti della Bonatti Spa ma in Libia per lavorare agli impianti ENI.

I particolari della loro storia sono però ugualmente istruttivi.

 
Vi propongo integralmente l’articolo di G.Amadori su Libero, “Petrolio rosso sangue”. Vi anticipo però aspetti della vicenda che mi hanno particolarmente colpito.

 
A inizio giugno fu rapito l’amministratore delegato libico della Mellitah oil and gas, joint venture tra ENI e Noc, compagnia di stato libica. Fu liberato dopo 4 giorni, una volta pagato il ricco riscatto richiesto. Il 19 luglio i 4 tecnici italiani sono rapiti mentre arrivavano a Mellitah in auto e senza scorta, avvertiti durante il rientro in Libia dall’Italia che era saltato il trasferimento via mare fino agli impianti ENI. “La colpa è anche dell’ ENI che non ha controllato che il contrattista  (la Bonatti Spa) applicasse le norme di sicurezza che lei stessa aveva stabilito, come l’ uso della nave per gli spostamenti - commentano i due tecnici sopravvissuti.”

 
Il 23 dicembre uno dei banditi spiega che era stato raggiunto un accordo per un riscatto di 4 milioni ma”l’amico ha interrotto la trattativa e chiuso i contatti”. “Ma vedrete che alla fine pagheranno , lo hanno sempre fatto: per il dottore, per il giornalista, per gli operai delle strade”…Il riferimento è probabilmente al medico catanese Ignazio Scaravilli, e a Francesco Scalise e Luciano Gallo dipendeti di una compagnia edile. Nel 2011 era stato rapito anche il giornalista Domenico Quirico.”

 
Di seguito il link dell’ articolo pubblicato su Libero il 4 aprile.

www.pressreader.com/italy/libero/20160404/281535110135519

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