Da inizio marzo si parla molto della morte al Cairo di
Giulio Regeni e il 9 aprile l’Italia ha richiamato dall’Egitto il suo
ambasciatore.
Il 1 marzo erano stati uccisi in Libia due tecnici italiani
che lavoravano negli impianti dell’ ENI, ma i particolari della tragedia dei
due uomini, e delle loro famiglie, non hanno avuto dai media italiani la stessa
attenzione della storia di Giulio Regeni.
Sono soprattutto i giornalisti dell’area di centro sinistra
ad avere preso a cuore la verità sulla morte del giovane ricercatore e
probabilmente gli stessi ignorano quasi completamente la storia dei due tecnici
uccisi in Libia.
Così dobbiamo leggere Libero, giornale della destra più
battagliera, per conoscere dettagli importanti del rapimento e della morte dei
tecnici italiani, dipendenti della Bonatti Spa ma in Libia per lavorare agli
impianti ENI.
I particolari della loro storia sono però ugualmente
istruttivi.
Vi propongo integralmente l’articolo di G.Amadori su Libero,
“Petrolio rosso sangue”. Vi anticipo però aspetti della vicenda che mi hanno
particolarmente colpito.
A inizio giugno fu rapito l’amministratore delegato libico della
Mellitah oil and gas, joint venture tra ENI e Noc, compagnia di stato libica.
Fu liberato dopo 4 giorni, una volta pagato il ricco riscatto richiesto. Il 19
luglio i 4 tecnici italiani sono rapiti mentre arrivavano a Mellitah in auto e
senza scorta, avvertiti durante il rientro in Libia dall’Italia che era saltato
il trasferimento via mare fino agli impianti ENI. “La colpa è anche dell’ ENI che
non ha controllato che il contrattista
(la Bonatti Spa) applicasse le norme di sicurezza che lei stessa aveva
stabilito, come l’ uso della nave per gli spostamenti - commentano i due
tecnici sopravvissuti.”
Il 23 dicembre uno dei banditi spiega che era stato
raggiunto un accordo per un riscatto di 4 milioni ma”l’amico ha interrotto la
trattativa e chiuso i contatti”. “Ma vedrete che alla fine pagheranno , lo
hanno sempre fatto: per il dottore, per il giornalista, per gli operai delle
strade”…Il riferimento è probabilmente al medico catanese Ignazio Scaravilli, e
a Francesco Scalise e Luciano Gallo dipendeti di una compagnia edile. Nel 2011
era stato rapito anche il giornalista Domenico Quirico.”
Di seguito il link dell’ articolo pubblicato su Libero il 4
aprile.
www.pressreader.com/italy/libero/20160404/281535110135519
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