mercoledì 12 aprile 2017

Trump, Cop21 di Parigi, picco della domanda di petrolio, guerra. L’ interpretazione generalmente accettata e quella che propongo di seguire con attenzione


Su Trump, Accordi COP21, petrolio e guerre molti osservatori e molta opinione pubblica, anche la minoranza ben informata, concordano con queste tesi:

 Trump si disinteressa del clima e dell’ ambiente. Il petrolio non è più un problema per gli USA. Trump è un pragmatico e si interessa solo di affari, non farà guerre. In questo momento è però ricattato, il sistema lo controlla.

Io vi propongo però qualche altra sequenza logica.

La domanda di petrolio crescerà ormai pochissimo e potrebbe iniziare a diminuire molto presto.

L’ Iea, agenzia energetica OCSE, cioè dei paesi industrializzati, negli scenari possibili che ha ipotizzato nel suo ultimo rapporto ne ha inserito anche uno nel caso il mondo facesse veramente quello che ha concordato a Parigi nella conferenza sul riscaldamento globale.

Se gli accordi di Parigi fossero nel complesso rispettati, la domanda di petrolio toccherebbe il suo massimo nel 2020. 

Non crescerebbe più. In un altro scenario possibile l’ Iea aveva invece posizionato il picco della domanda di petrolio nel 2040. In questo caso, nell’anno indicato la produzione sarebbe arrivata a 103 mb/g, rispetto ai 95 mb/g del 2017. Tutto sommato quindi, ormai nel futuro l’ incremento della domanda petrolifera sarebbe molto modesto. 

Nel 2040 la percentuale di produzione dell’ Opec  dovrebbe passare dall’ attuale 35% al 50%.

E’ evidente quindi che la domanda debole terrebbe bassi i prezzi, e comunque aumenterebbe l’ importanza della produzione Opec e soprattutto mediorientale.
Se gli Stati Uniti perseguissero con decisione gli obiettivi di Parigi, la transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili avrebbe una grande accelerazione. 

Considerato anche che l'energia prodotta dalle rinnovabili diminuisce e non aumenta, come invece sostengono sempre i media italiani, il prezzo dell' energia elettrica.

Ma questo cambierebbe anche gli equilibri economici del pianeta. 

Perderebbero ricchezza e importanza strategica tutti i paesi che lavorano con le fonti fossili. Chi le ha nel suo sottosuolo o chi ha le imprese energetiche che controllano la quasi totalità della produzione fossile.
Acquisterebbero invece forza economica i paesi tecnologicamente avanzati che  avevano un peso relativamente piccolo nell’ industria fossile.
Salirebbero dunque: Cina, Giappone, India, Germania.
Calerebbero USA, Gran Bretagna, e le petromonarchie del Golfo. Iran ed Iraq, colpite per anni da sanzioni economiche che ne hanno frenato lo sviluppo produttivo, riuscirebbero a tenere le posizioni. La Russia che probabilmente è vicinissima al suo picco produttivo avrebbe interesse invece al mercato petrolifero mediorientale. Così come la Cina, che sta calando la produzione e nello stesso tempo sta ancora incrementando la domanda a ritmi alti.

Il quadro sintetico che ne deriva sarebbe dunque:
Se fosse attuato l’ accordo Cop 21 di Parigi, cioè se Trump facesse quello che gli USA si sono impegnati a fare,
allora la domanda di petrolio smetterebbe di crescere già dal 2020.
Cina, India,Giappone, Germania acquisterebbero forza economica e strategica,
 USA, Gran Bretagna ed alleati del Golfo ne perderebbero.
Aumenterebbero le tensioni in Medio Oriente perché il greggio della regione interesserebbe molto più di ora a Cina e Russia.
Uno scenario negativo per gli USA che potrebbe portarli ad una guerra per evitarlo.


Marco Palombo

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