domenica 1 luglio 2018

600 donne si fanno arrestare a Washington. La disobbedienza civile è sempre utile


A Washington circa 600 donne sono state fermate il 28 o 29 giugno dopo che erano entrate in uno spazio del Senato USA. Le donne si sono fatte arrestare volontariamente, una disobbedienza civile sulla falsariga delle disobbedienze di Gandhi, Mandela, Luther King.
Prima di entrare nel Senato si sono divise in quattro gruppi ed hanno fatto un ulteriore preparazione per il momento dell' arresto.
Tra queste donne c'era Susan Sarandon, attrice statunitense protagonista anche del famoso film Telma e Louise.

Della disobbedienza civile come metodo di lotta si parla poco.

In Italia una parte dei cattolici impegnati ha scelto addirittura come parola d' ordine principale "legalità". Un concetto che i maestri della nonviolenza Gandhi, Tolstoi, Capitini, King, non hanno mai fatto proprio, sostenendo con azioni e scritti "che è giusto violare una legge ingiusta".
La sinistra italiana poi non ha mai approfondito troppo la nonviolenza giudicandola o debolezza e accettazione dello status quo oppure citandola ma in modo superficiale, vedi Rifondazione nel 2003, o strumentalizzandola come il partito Radicale per poi suggerire nuove guerre, per non parlare degli atteggiamenti spesso opportunisti di persone che fanno o hanno fatto attività nei piccoli gruppi nonviolenti.

Il 18 luglio ricorre il centenario della nascita di Nelson Mandela e sarebbe utile approfondire il rapporto di Mandela con la nonviolenza. Il leader sudafricano ne parla in una sua autobiografia raccontando come per lui la nonviolenza non fosse un valore assoluto ma poteva essere talvolta la lotta più efficace. L' Anc scelse la lotta armata, per scelta di Mandela e di altri compagni della sua generazione, solo nel 1962 proprio quando Lathuli, leader fino a quel momento e amico convinto della nonviolenza, vinse il Nobel per la pace.
Ma la costruzione del nuovo Sudafrica, iniziata con la liberazione dal carcere di Mandela, avvenne facendo la massima attenzione a creare un paese dove nessuno fosse escluso, neanche i bianchi che avevano fino ad allora escluso neri, indiani e meticci. Nei primi anni '50 poi il primo grande impegno di Mandela come dirigente dell' Anc fu proprio una grande disobbedienza civile, cui partecipò anche il figlio del Mathama Gandhi, Matilal, rimasto a vivere in Sudafrica dopo il ritorno in India del padre.

La disobbedienza civile sarebbe utile anche oggi. Un recente esempio di uso vincente della disobbedienza è stato il voto per l' indipendenza catalana avvenuto nell' autunno scorso. Proibito dal governo di Rajoy, è avvenuto ugualmente nonostante arresti e intimidazioni. L' indipendenza catalana non ha vinto, per il momento, ma dopo alcuni mesi Rajoy è uscita dalla politica grazie anche a voti decisivi di indipendentisti catalani.

Chiudo qui questo mio accenno alla disobbedienza civile, ma visto i modi nervosi con cui è iniziata l' era Salvini nella gestione dell' ordine pubblico e della immigrazione, dovremmo discutere di queste modalità di lotta.

Anche perchè io non accetto, com'è successo, che l' Italia faccia morire cento persone non rispondendo ad una richiesta di soccorso. Davanti a queste cattiverie, farsi arrestare per rendere più visibile una protesta è davvero un sacrifico piccolissimo. Il tutto dovrebbe essere però preparato al meglio, nel tentativo di aver un effetto efficace delle proteste.

Marco

La marcia delle donne contro le politiche sull’immigrazione di Donald Trump, 600 fermate
Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump
Marina Catucci • 30/6/2018 • Immigrati & Rifugiati, Internazionale • 57 Viste


Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?»

NEW YORK. Centinaia di persone, per lo più donne, sono state fermate e fermate – eppure per un breve tempo – a Washington, durante una manifestazione organizzata dalla Women’s March, presso la sede del Senato. Il motivo della protesta è la linea della politica di Trump sull’immigrazione, che fino a ora ha creato un enorme problema di controversie legali e la separazione al confine con il Messico, di oltre 2mila bambini, figli di immigrati illegali, dai propri genitori.

GLI ARRESTI sono avvenuti a Capitol Hill, sede del Congresso, dove l’atrio del senato è stato invaso da centinaia di manifestanti che si sono seduti per terra alzando il pugno chiuso.
Molte donne avevano portato i fogli di alluminio che vengono dati agli immigrati, sia bambini sia adulti, quando vengono portati nelle strutture di detenzione alla frontiera degli Usa. Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?».

LA MANIFESTAZIONE è partita vicino al dipartimento di giustizia, con un breve comizio, durante il quale gli oratori hanno condiviso con i sostenitori le esperienze avute al confine con gli immigrati arrestati. Prima della marcia, i manifestanti si sono divisi in quattro gruppi per rivedere le procedure da mettere in pratica in caso di arresto. In molti erano scesi in piazza proprio con lo scopo di farsi arrestare per manifestazione non autorizzata, tattica di protesta non violenta, questa, comune negli Stati uniti, utilizzata per far clamore ed entrare nei notiziari tramite la disobbedienza civile e dare visibilità ai contenuti della protesta. A dare solidarietà e partecipare alla manifestazione sono arrivati anche senatori democratici, come Ed Markey del Massachusetts, Mazie Hirono delle Hawaii, Kirsten Gillibrand di New York e Richard Blumenthal del Connecticut; Tammy Duckworth, senatrice dell’Illinois, ha partecipato alla protesta sulla sua sedia a rotelle con la figlia sulle ginocchia. Tra gli arrestati è finita anche la rappresentante alla camera per lo Stato di Washington, Pramila Jayapal.

IL NOME che ha fatto più clamore è stato quello dell’attrice 71enne Susan Sarandon, anche lei tra le quasi 600 persone arrestate. Sarandon è un’attivista che non è nuova alle manifestazioni e agli arresti, non è la prima volta che si esprime contro Trump, l’aveva fatto anche subito dopo la sua elezione; a quel tempo, però, aveva ricevuto molte critiche, perché accusata di far parte di quella frangia di liberal inflessibili che per alcuni hanno contribuito a disperdere i voti. L’attrice, infatti, sostenitrice del socialista Bernie Sanders, non aveva gradito la candidatura di Hillary Clinton voluta dal partito, e aveva appoggiato la candidatura di Jill Stein, leader del Partito dei Verdi.

ORA CON L’HASHTAG #WomenDisobey si stanno organizzando altre manifestazioni di resistenza alle politiche di Trump che. Le donne e chi aderirà alle loro proteste non si limiteranno a sfilare nei cortei, ma verranno organizzati più eventi destabilizzanti di disobbedienza civile. Mari Cordes, candidata alla Camera del Vermont, anche lei tra le arrestate, dopo il rilascio ha dichiarato «Il nostro è stato un arresto da privilegiati. Non protestare da parte nostra, sarebbe colpevole»

FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO

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