domenica 30 ottobre 2016

Sabato 29 ottobre 2016,pacifisti davanti alla RWM Italia SpA:"Basta fabbricare bombe, riconvertiamo la fabbrica"



La Nuova Sardegna
Tamara Peddis

DOMUSNOVAS. «Basta con la guerra che distrugge, con la fabbricazione di bombe anche se produce lavoro. Un lavoro di questo tipo non può essere utile a nessuno, chiediamo di riconvertire lo stabilimento per usi civili». Le associazioni della Tavola Sarda della Pace dicono no alla fabbrica tedesca di armamenti alla periferia di Domusnovas, la Rwm, specializzata nella produzione di bombe che sarebbero dirette nell'Arabia Saudita e poi utilizzate nello Yemen dove è in corso una terribile guerra. Le associazioni hanno organizzato la manifestazione davanti allo stabilimento chiuso, ma circondato da un rilevante spiegamento di forze dell'ordine schierate e pronte a intervenire per evitare disordini che fortunatamente non si sono verificati.

Una manifestazione pacifica nel piazzale antistante la fabbrica circondata da decine di bandiere, manifesti e striscioni "no guerra, no basi", "liberi dalle armi", "blocchiamo la macchina bellica". Durante il presidio è intervenuto telefonicamente anche don Antonio Mura, ex parroco della cattedrale di Iglesias e attuale rettore del seminario regionale.

«Bisogna trovare un equilibrio – ha spiegato – il lavoro è importante, ma la produzione di bombe e ogni materiale bellico non possiamo accettarla e non si deve cedere al ricatto». In sostanza il ragionamento che tutti i manifestanti hanno messo in evidenza è: sì al lavoro, ma non alla guerra. Arrivare a questo risultato secondo Ennio Cabiddu, del movimento Gettiamo le Basi, non è difficile.
«A Valsella, in provincia di Brescia, la fabbrica di mine è stata riconvertita e a Domusnovas si può seguire lo stesso esempio, basta volerlo». Angelo Cremone di Sardegna Pulita mostra l'esposto presentato alcuni giorni fa alla Procura di Cagliari per fare luce sulla vicenda in quanto la vendita di armamenti verso paesi belligeranti viola i diritti umani ed è in contrasto con le direttive comunitarie e dell' ONU. La manifestazione di ieri anticipa la 15esima Marcia sarda della pace, il 6 novembre, tra Laconi e Gesturi con la missione, tra le altre, di portare solidarietà al popolo yemenita.

venerdì 28 ottobre 2016

Lettera ai giornali. Vendita armi, la legge 185/90 è un vincolo italiano.



Il 26 ottobre il ministro degli Esteri Gentiloni ha risposto ad una interrogazione del M5S sulla vendita di armi all' Arabia saudita sostenendo che tale commercio è legale, in quanto "l' Arabia saudita non è oggetto di alcun embargo, sanzione o restrizione nel settore internazionale delle vendite di armamenti ".
Ma in Italia il commercio di armi è regolato anche dalla legge 185/90 che pone ulteriori vincoli oltre alle eventuali restrizioni di ONU o UE.

La Magistratura italiana sta valutando le forniture di armi all'Arabia s. degli ultimi mesi e giudicherà se sono compatibili con la legge 185/90. Questa infatti prevede il divieto di vendere armamenti a paesi in guerra, ma con alcune eccezioni.
Il ministro non può però essere reticente sul fatto che la legge 185/90 è un vincolo al commercio di armi indipendente dalle istituzioni internazionali, ed eventualmente può vietare operazioni permesse in altri paesi.

L'omissione del ministro merita di essere criticata con forza anche perché si aggiunge ad altre affermazioni false rilasciate dalla sua collega, la Ministra della Difesa Pinotti. Quest' ultima aveva infatti  sostenuto che armi prodotte in Sardegna ed inviate all' esercito saudita non fossero italiane, mentre la ditta produttrice, RWM Italia SpA, anche se di proprietà tedesca, è un soggetto giuridico italiano che risponde alle nostre leggi.

Da queste scelte dipende la vita o la morte di uomini, donne e bambini. Dai nostri ministri dobbiamo pretendere la verità.

Marco Palombo

giovedì 27 ottobre 2016

Yemen,14 agosto 2016,11 morti in un ospedale di Msf bombardato dai Saud. La legge n.185/1990 fu votata per evitare all'Italia di essere complice di stragi simili. O no ?



Il 14 agosto 2016 in Yemen il bombardamento di questo ospedale di MSF costò la vita a 11 persone.

Le bombe vendute dall' Italia all' Arabia saudita, autrice della strage nell' ospedale, servono a capolavori di questo genere.

Gli articoli della legge n. 185 furono votati per evitare al nostro paese di essere complice di tali imprese.

Spiegate al ministro degli Esteri Gentiloni che la legge n. 185/1990 della Repubblica italiana non ha bisogno del permesso dell' Unione Europea per essere attuata e la Magistratura italiana deve punire chi non la applica.

Di seguito l' articolo 1 della legge n.185/1990 che regola il commercio di armi dall' Italia.

Legge n. 185 del 9 luglio 1990

Art. 1
Controllo dello Stato

Comma 5. L'esportazione ed il transito di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell'Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.

Comma 6. L'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati:

a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere;

 b) verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione;

 c) verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea (UE);

d) verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa;

 e) verso i Paesi che, ricevendo dall'Italia aiuti ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese; verso tali Paesi è sospesa la erogazione di aiuti ai sensi della stessa legge, ad eccezione degli aiuti alle popolazioni nei casi di disastri e calamità naturali.


mercoledì 26 ottobre 2016

Armi ad Arabia-L'interrogazione a Gentiloni e sua risposta.Ma l'Italia deve rispettare la 185 anche se ONU e UE non prendono alcun provvedimento.

Camera, 26 ottobre - L' interrogazione a Gentiloni e risposta al link


Al link che precede la risposta di Gentiloni all' interrogazione di Luca Frusone del M5S

Gentiloni dice giustamente che l' esportazione di armi è regolata dalla legge (italiana) n. 185
ma non dice che vendere le armi all' Arabia saudita in guerra non viola la legge n. 185

dice invece che l' Italia si adeguerà a eventuali restrizioni di UE e ONU.

Ma se UE e ONU non intervengono 
e esportare all' Arabia s. fosse in contrasto con la legge 185,
 l' Italia non potrebbe ugualmente esportare in Arabia s.

Di seguito l'articolo della 185 che vieta la vendita a paesi in guerra

6. L'esportazione ((, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione)) di materiali di armamento sono altresi' vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere; 

Di seguito l' articolo 51 della Carta ONU citato dalla 185. Riguarda l' autodifesa. Nel caso dello Yemen andrebbe valutato se la guerra dell' Arabia saudita rientra nell' " autotutela individuale o collettiva di uno stato membro dell' ONU oggetto di un attacco armato".

Articolo 51

Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’ esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’ azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.

martedì 25 ottobre 2016

Pinotti e Gentiloni,terzi alle primarie di Genova e Roma,adatti a nascondere politiche di guerra?



La ministra della Difesa Pinotti fu sconfitta nel 2012 a Genova alle primarie del centrosinistra arrivando terza, con il 23% dei voti, dopo l' attuale sindaco Doria di Sel e la sindaca uscente Vincenzi.

Il ministro degli Esteri Gentiloni nel 2013 arrivò terzo nelle primarie di Roma del centrosinistra dopo Ignazio Marino e Sassoli, e prese attorno al 10%

Perdere le primarie non è una colpa, ma se ricordiamo anche

che la Pinotti nel 2015 ipotizzò l' invio 5.000 militari italiani in Libia, fu smentita da Renzi e il M5S chiese le dimissioni,

che nel maggio 2016 fu accusata dal sito Dagospia, querelato, di aver ricevuto ricchi regali in Kuwait in occasione della firma di un accordo commerciale per vendita di cacciabombardieri,

che in occasione della vicenda delle armi italiane vendute in Arabia saudita ha dichiarato a Repubblica tv tre cose false,

- "armi non italiane"

- "risoluzione ONU autorizza intervento militare dell' Arabia saudita"

- "vincoli alla vendita di armi possono arrivare da ONu e Ue, ma in questo caso non ci sono"

mentre è la legge italiana n.185 che proibisce la vendita e il transito di armi a paesi in guerra il vincolo più forte,


allora viene il dubbio che non sia la persona ideale per difendere politiche assassine, per fare questo è meglio avere ministri prestigiosi e stimati da tutti,

come Emma Bonino,...

che affermò, senza essere smentita o corretta da nessuno, che la Russia faceva parte del gruppo Amici della Siria,

una volta davanti alle commissioni esteri e Difesa di Camera e Senato,

 e poi in una intervista alla Stampa.

Marco


domenica 23 ottobre 2016

"Non mi sento italiano"davanti al Vittoriano.




Due belle foto che un fotografo di passaggio, che credevo presente per la manifestazione No Renzi Day, mi ha gentilmente fatto il 22 ottobre in piazza Venezia ed inviato poi per email.

Ricordo che dal 21 ottobre a fine mese sono state lanciate, in Italia dalla Rete No War, le dieci Giornate di azione per lo Yemen.
Lo Yemen è uno dei più poveri paesi del mondo dove l'Arabia saudita bombarda pesantemente utilizzando anche armi italiane.

Tutti sono invitati a dare il loro contributo, in un post su questo blog sono indicati i dettagli delle Giornate di azione per lo Yemen.

Marco

Armi italiane, morti yemenite:"Io non mi sento italiano". Giorgio Gaber, 2003


Il mio cartello al No Renzi Day
Roma, 22 ottobre

Armi italiane
Morti yemenite
Io non mi sento italiano”
Giorgio Gaber, 2003

Rete No War – Circolo Pietro Gori



Qui potete ascoltare la canzone di Giorgio Gaber, che ha dato il nome al suo ultimo album, uscito postumo nel 2003.

https://www.youtube.com/watch?v=aidnX13K8mk

Qui potete trovare anche la traduzione francese del testo, oltre alla versione italiana 

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=39805

Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell'inno nazionale
di cui un po' mi vergogno.
In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
se arrivo all'impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.

Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato.
E' anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto è calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c'è un'aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos'è il Rinascimento.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.

Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c'è un'altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido "Italia, Italia"
c'è solo alle partite.
Ma un po' per non morire
o forse un po' per celia
abbiam fatto l'Europa
facciamo anche l'Italia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.




venerdì 21 ottobre 2016

Fermare la guerra in Yemen - La rete No War in piazza dal 21 ottobre


da  www.altreconomia.it

Da domani a fine mese le “Giornate internazionali di azione sullo Yemen”. Sono oltre 2,4 milioni gli sfollati interni nel Paese bombardato da 19 mesi dalla coalizione a guida saudita. Che utilizza anche “bombe” fabbricate in Italia.

Dopo diciannove mesi di bombardamenti, il 10 per cento della popolazione yemenita, cioè oltre 2,4 milioni di persone, viva la condizione di “sfollato interno”.
Ha perso la propria abitazione, la propria sicurezza: ogni speranza verso il futuro dipende dalle scelte di un gruppo di Stati a guida saudita, quelli che portano avanti contro questa unica repubblica della Penisola araba “una guerra di aggressione dai risultati apocalittici”, che ha portato il movimento contro la guerra ad indire -dal 21 ottobre a fine mese- le “Giornate internazionali di azione sullo Yemen”. Sono oltre seimila le vittime dei bombardamenti aerei, con aerei e armi occidentali, centinaia di migliaia di bambini malnutriti a causa del blocco navale, e la grande maggioranza della popolazione è ormai incapace di far fronte alle proprie necessità, le infrastrutture di base distrutte come il patrimonio storico.

La mobilitazione nasce in seguito ad incontri sullo Yemen che si sono tenuti a Londra (nel mese di agosto) e a Ginevra (a settembre): per l’Italia ha partecipato la Rete No War. Tra le richiesta, c’è anche quella di mettere fine all’export di armi ai Saud, come forma importante di dissociazione e pressione.
Anche l’Italia -come hanno documentato Rete Disarmo ed OPAL- è tra i Paesi responsabili di vendere bombe all’Arabia Saudita, quelle prodotte da RWM spa nella fabbrica di Domusnovas, in Sardegna (ci siamo stati a luglio: qui il nostro reportage).

Così, mentre alcune risoluzioni parlamentari che chiedono di bloccare giacciono, le relazioni commerciali proseguono: l’Istat ha censito nel luglio 2016 la vendita di “armi e munizioni” per 19 milioni di euro all’Arabia Saudita, secondo dati diffusi da Giorgio Beretta di OPAL. E il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che va in visita ufficiale in Arabia Saudita, evita di commentare il documento del governo tedesco che smentisce la tesi dell’esecutivo italiano secondo cui l’export di RWM spa non avrebbe bisogno di autorizzazione da parte del Parlamento, e a rispondere alle legittime domande poste dai movimenti disarmisti. “Per il Governo tedesco -ci ha spiegato il parlamentare Jan Van Aken, che in materia ha interrogato il ministero competente in Germania- è l’Italia ad essere responsabile del processo di licenza all’esportazione delle bombe RWM verso l’Arabia Saudita. Nessuna licenza di ri-esportazione è stata fornita all’Italia da parte di Berlino per quanto riguarda componenti o ‘know-how’ inizialmente sviluppate in Germania. Per cui il Bundesministerium fur Wirtschaft und Energie ritiene che le bombe inviate verso il regno saudita non siano state prodotte sotto licenza tedesca” (qui il documento, pubblicato in esclusiva da Altreconomia a fine giugno).

Ecco perché anche nel nostro Paese sono in programma azioni della Rete No War, per rafforzare la protesta globale e chiedere uno stop al conflitto. Due -per il momento- le iniziative in programma a Roma, in piazza San Giovanni domani 21 ottobre (in occasione dello sciopero generale) e poi il 22 nel corso del corteo “No alla controriforma e al governo Renzi”.

giovedì 20 ottobre 2016

Dal 21 ottobre giornate di azione per lo Yemen: per organizzarne o comunque partecipare



DAL 21 OTTOBRE GIORNATE DI AZIONE PER LO YEMEN: per organizzarne una o comunque partecipare

Dovrebbe essere nota a tutti l'immensità della tragedia in Yemen. Da diciannove mesi un gruppo di Stati a guida saudita porta avanti contro questa unica repubblica della Penisola araba una guerra di aggressione dai risultati apocalittici: oltre seimila vittime dei bombardamenti aerei, con aerei e armi occidentali, centinaia di migliaia di bambini malnutriti a causa del blocco navale imposto dai petromonarchi, la grande maggioranza della popolazione ormai incapace di far fronte alle proprie necessità, oltre due milioni di sfollati, le infrastrutture di base distrutte come il patrimonio storico.

In seguito a incontri sullo Yemen a Londra (agosto) e Ginevra (settembre), alcuni gruppi attivi sul tema hanno deciso di indire dal 21 ottobre alla fine di ottobre le "Giornate internazionali di azione sullo Yemen", per chiedere la fine dell'export di armi ai Saud come forma importante di dissociazione e pressione nei confronti dei sauditi e dei loro complici. Purtroppo anche il nostro paese continua a macchiarsi di questa complicità con i criminali. Alcune risoluzioni parlamentari giacciono. Il governo continua con i pellegrinaggi nel Golfo. Rete No War a Roma ha fatto nei mesi scorsi varie manifestazioni.

Ma occorrono azioni comuni in un lasso di tempo determinato. Le presenze simultanee in piazza in varie nazioni servono a rafforzare la protesta (sperando di riuscire a veicolare opportuna comunicazione al mondo della politica). 

Per ora il 21 ottobre le manifestazioni sono organizzate a Roma il 21 a piazza san Giovanni grazie alla mobilitazione della Rete No War nel quadro del No Renzi Day (si veda quihttp://www.sibialiria.org/wordpress/?p=3277)  e sempre a Roma il 22 con cartelli durante il corteo; il 21 a Londra davanti al Foreign Office. Seguiranno a Bruxelles e Vancouver e in SveziaInYemen le manifestazioni sono continue...

POTETE NEI PROSSIMI GIORNI DAL 21 FARE ANCHE UNA PICCOLISSIMA COSA NEL VOSTRO LUOGO DI RESIDENZA E MANDARMI LA FOTO?

INOLTRE ECCO PER IL 21 UNA AZIONE VIA TWITTER: Twittare tutti Pace in yemen: sop armi ai Saud con questo link alla petizione https://www.change.org/p/basta-bombe-fabbricate-in-italia-e-usate-dai-sauditi-nei-massacri-di-civili-in-yemen-matteorenzi

Grazie 
Marinella Correggia




martedì 18 ottobre 2016

Consiglio esteri UE,documento (in inglese) sulla Siria del 17 ottobre 2016 - Mogherini mediatrice

17.10.2016 
  •  Da La Stampa - 18 ottobre 2016
  • Mogherini mediatrice sulla Siria
  • Da un lato la forte condanna dei raid di Damasco e Mosca su Aleppo, considerati possibili "crimini di guerra", dall' altro la volontà di guardare avanti per costruire il futuro del Paese. La questione siriana ieri ha quasi monopolizzato il vertice dei ministri degli Esteri europeo. Il Consiglio ha incaricato Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la politica estera UE, di avviare una serie di contatti con i Paesi dell' area - Iran, Turchia, e Arabia Saudita - per pensare al domani della Siria. Decisione che viene vista come ulteriore passo in avanti verso una sempre più forte politica estera comune.
  • Marco Bresolin
  1. The EU is appalled by the deteriorating situation in Syria. The escalating violence in Aleppo is causing untold and unacceptable suffering for thousands of its inhabitants. Since the beginning of the offensive by the regime and its allies, notably Russia, the intensity and scale of the aerial bombardment of eastern Aleppo is clearly disproportionate and the deliberate targeting of hospitals, medical personnel, schools and essential infrastructure, as well as the use of barrel bombs, cluster bombs, and chemical weapons, constitute a catastrophic escalation of the conflict and have caused further widespread civilian casualties, including amongst women and children and may amount to war crimes.
  2. The Syrian regime has the primary responsibility for the protection of the Syrian population.  The EU therefore strongly condemns the excessive and disproportionate attacks by the regime and its allies, both deliberate and indiscriminate, against civilian populations, humanitarian and healthcare personnel and civilian and humanitarian infrastructures and calls on them to cease indiscriminate aerial bombardments. The EU condemns the continued systematic, widespread and gross violations and abuses of human rights and all violations of international humanitarian law by all parties, particularly the Syrian regime and its allies. The targeting of a UN humanitarian convoy on 19 September is a clear violation of international law, which requires full investigation. The EU looks forward to the findings of the internal UN board of inquiry. Those responsible for such violations and abuses must be held accountable.
  3. In these deteriorating circumstances, the EU calls urgently for: an end of all military flights over Aleppo city; an immediate cessation of hostilities to be monitored by a strong and transparent mechanism; sieges to be lifted; and full unhindered sustainable country-wide humanitarian access granted by all parties. These steps are essential to save the people of Aleppo and in other parts of the country and to lay the ground for a resumption of credible intra-Syrian talks to provide security for the entire population of Syria. In this context regional actors bear special responsibility, particularly neighbouring countries.
  4. The EU will continue intensive humanitarian diplomacy and seek ways to improve access and protection as well as to promote humanitarian principles and local consensus on guidelines for the delivery of aid.  The EU calls upon all parties, especially the Syrian regime, to provide full and unhindered countrywide access to all those in need and to end all obstruction to the delivery of humanitarian aid. The use of starvation of civilians through the besiegement of populated areas for which the regime bears the greatest responsibility, as a tactic of war, and forced population transfers are a clear breach of international humanitarian law and must stop. Providing immediate relief to the suffering is imperative. The Council therefore welcomes the EU emergency humanitarian initiative launched on 2 October in close coordination and cooperation with UN agencies, to deliver humanitarian relief to eastern Aleppo and other besieged areas and allow the safe and monitored evacuation of urgent medical cases. It urges the Syrian regime to deliver without delay authorisations for crossline humanitarian convoys to be delivered, including to Eastern Aleppo. The EU stresses the importance of the ISSG and its humanitarian taskforce to achieve results on the ground and alleviate the suffering of the Syrian people. It calls on all partners and all parties to the conflict to protect civilians, including humanitarian and medical structures and personnel in all parts of the country and to help facilitate the work of the UN and other humanitarian organisations on the ground to deliver vital assistance to vulnerable groups, especially women and children, and evacuate wounded and sick.
  5. The EU firmly believes that there can be no military solution to the conflict. The EU reiterates its commitment to the unity, sovereignty, territorial integrity and independence of the Syrian state. Recalling its Conclusions of 23 May 2016, the EU actively participates in the ISSG and its taskforces and fully supports the UN Special Envoy de Mistura in the efforts to create the conditions for resumption of intra-Syrian talks, noting his proposal for Eastern Aleppo. The EU recognises the efforts made to re-establish a full cessation of hostilities and regrets that they have not yet succeeded and encourage further attempts to do so. The EU deplores the Russian veto on 8 October to the UN Security Council Resolution to restore the cessation of hostilities and allow humanitarian access in Aleppo which was co-sponsored by all EU Member States. A renewed cessation enabling efforts to find a political solution in line with the provisions of UN SCRs 2254, 2268 and the Geneva Communique of 30 June 2012 cannot wait further, in order to allow all parties to reengage in negotiations for a genuine political transition. Such a transition must include a broad, transitional governing body with full executive powers formed on the basis of mutual consent. The EU will continue to support the efforts of the Syrian opposition and in particular the High Negotiations Committee (HNC) as the opposition delegation in the UN-brokered talks in Geneva. The Council welcomes the HR commitment to further engage with the Syrian opposition and the civil society. The EU urges again the Syrian regime to finally lay out its plan of truly implementing a genuine political transition. There cannot be a lasting peace in Syria under the current regime and until the legitimate grievances and aspirations of the Syrian society are addressed. Only once an inclusive political transition is in place will the EU be able to assist with the reconstruction of the country directly and through international organisations, an EU objective that will enable the millions of Syrians who have been forced to flee their homes to return to them and live in peace and security in their own lands. The Council welcomes the High Representative's constant coordination with the UN and support to the efforts of the UN Special Envoy de Mistura as well as her intensified outreach with key actors with a view to laying the ground for the resumption of an inclusive and Syrian led political process under UN auspices, and invites the High Representative to report back and suggest additional action that could be taken. The Council takes note of the commitment of the High Representative and the Commission to build upon existing EU efforts since the outbreak of the conflict including humanitarian aid, relief and recovery assistance as mentioned in the EU Regional Strategy.
  6. The Council calls on Russia, including as co-chair of the ISSG, to demonstrate through policies and actions all efforts, in order to halt indiscriminate bombing by the Syrian regime, restore a cessation of hostilities, ensure immediate and expanded humanitarian access and create the conditions for a credible and inclusive political transition.
  7. The EU condemns in the strongest terms the confirmed use of chemical weapons (as detailed in the JIM report) and widespread attacks on civilians and human rights violations and abuses by the Syrian regime and Da'esh. The findings of the JIM report require strong action by the OPCW and UNSC. All those responsible for such breaches of international law, in particular of international humanitarian law and human rights law, some of which may constitute war crimes or crimes against humanity, must be brought to justice, including those committing crimes against religious, ethnic and other groups and minorities. Impunity for such crimes is unacceptable and thus the EU will continue to support efforts to gather evidence in view of future legal action. The EU recalls its conviction that the situation in Syria should be referred to the ICC and renews its call to the UN Security Council to take action in this respect. The EU and its Member States will seek to explore possibilities of concerted action inter alia through the UN General Assembly. In this context, the EU will act swiftly, according to established procedures, with the aim of imposing further  restrictive measures against Syria targeting Syrian individuals and entities supporting the regime as long as the repression continues.
  8. The EU condemns the atrocities committed by Da'esh and other UN-designated terrorist groups, and reaffirms its strong commitment to combat them. The EU continues to support the efforts of the Global Coalition to counter Da'esh in Syria and Iraq. Da'esh and other UN-designated terrorist organisations constitute a threat for the future of Syria as well as to the interests and values of the EU. The EU calls for the prevention of material and financial support reaching individuals, groups, undertakings and entities associated with these UN-designated terrorist groups and the dissuasion of any party from collaborating with them.  The Council calls for the expeditious separation of all combatants not designated as terrorist entities, from those designated as such. Only a political solution will enable a decisive defeat of Da'esh and other UN-designated terrorist organisations in Syria.

venerdì 14 ottobre 2016

Armi ai Saud-La mozione del Parlamento Europeo che chiede l'embargo UE alla vendita di armi all' Arabia Saudita



Il Parlamento Europeo nel febbraio 2016 approvò questa risoluzione, dove, tra le altre cose, si chiedeva una iniziativa finalizzata ad un embargo dell' UE sulla vendita di armi alla Arabia saudita, che già da mesi aveva iniziato i suoi bombardamenti in Yemen.  Vedere subito di seguito il punto 7 della mozione.

Come c'e' stato un voto, di gruppi politici diversi, nel Parlamento Europeo che ha chiesto l' embargo alla vendita di armi all' Arabia saudita,

perché non costruire in Italia una alleanza di forze diverse per chiedere l' embargo italiano alla vendita di armi ad Arabia saudita e agli altri paesi impegnati nei bombardamenti in Yemen ?

So che questo schieramento per ora non nascerà e so il perché: per le rivalità e le incompatibilità tra i diversi ambienti.

Una alleanza per sostenere questa richiesta sarebbe però auspicabile, ed io comincio a far girare l' idea.

Marco P.

7.  invita il VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008;


 Risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP))
Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sullo Yemen, in particolare quella del 9 luglio 2015 sulla situazione nello Yemen(1) ,
–  vista la dichiarazione comune rilasciata il 10 gennaio 2016 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), Federica Mogherini, e dal commissario per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi, Christos Stylianides, sull'attacco alla struttura sanitaria di Medici senza frontiere (MSF) nello Yemen,
–  viste la dichiarazione resa il 15 dicembre 2015 dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulla ripresa dei colloqui sullo Yemen sotto l'egida delle Nazioni Unite, e la dichiarazione comune sullo Yemen rilasciata il 2 ottobre 2015 dal VP/AR, Federica Mogherini, e dal commissario per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi, Christos Stylianides,
–  viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" sullo Yemen, in particolare quelle del 20 aprile 2015,
–  viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sullo Yemen, in particolare le risoluzioni 2216 (2015), 2201 (2015) e 2140 (2014),
–  viste le dichiarazioni sullo Yemen del 10 gennaio 2016 e dell'8 gennaio 2016 del portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite,
–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'attuale crisi nello Yemen è il risultato dell'incapacità dei governi che si sono succeduti di rispondere alle legittime aspirazioni del popolo yemenita alla democrazia, allo sviluppo economico e sociale, alla stabilità e alla sicurezza; che tale incapacità ha creato le condizioni per lo scoppio di un violento conflitto, in quanto non si è riusciti a dare vita a un governo inclusivo e a garantire un'equa ripartizione dei poteri e sono state sistematicamente ignorate le numerose tensioni tribali, la diffusa insicurezza e la paralisi economica del paese;
B.  considerando che l'intervento militare a guida saudita nello Yemen, richiesto dal presidente yemenita Abd Rabbuh Mansur Hadi, compreso l'uso di bombe a grappolo bandite a livello internazionale, ha portato a una situazione umanitaria disastrosa che interessa la popolazione in tutto il paese, ha gravi implicazioni per la regione e costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza a livello internazionale; che membri della popolazione civile yemenita, già esposta a condizioni di vita terribili, sono le principali vittime dell'attuale escalation militare;
C.  considerando che i ribelli houthi hanno posto sotto assedio la città di Ta'izz, la terza città dello Yemen, ostacolando la fornitura di aiuti umanitari; che secondo Stephen O'Brien, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti d'emergenza, i circa 200 000 civili intrappolati nella città hanno un disperato bisogno di acqua potabile, cibo, cure mediche e altri tipi di assistenza di primo soccorso e protezione;
D.  considerando che dall'inizio del conflitto sono state uccise almeno 5 979 persone, quasi la metà delle quali civili, e 28 208 sono rimaste ferite; che tra le vittime si contano centinaia di donne e bambini; che l'impatto umanitario sulla popolazione civile degli attuali scontri tra le diverse milizie, dei bombardamenti e dell'interruzione della fornitura dei servizi essenziali sta raggiungendo proporzioni allarmanti;
E.  considerando che, secondo la rassegna del fabbisogno umanitario 2016 (HNO), pubblicata nel novembre 2015, 21,2 milioni di persone (l'82% della popolazione) hanno ormai bisogno di una qualche forma di assistenza umanitaria; che, analogamente, secondo le attuali stime quasi 2,1 milioni di persone sono malnutrite, compresi oltre 1,3 milioni di bambini affetti da malnutrizione acuta grave;
F.  considerando che nel 2015 l'UE ha stanziato 52 milioni di EUR in nuovi aiuti umanitari per la crisi nello Yemen e il suo impatto nel Corno d'Africa; che l'UE fornirà fino a 2 milioni di EUR per la creazione del meccanismo di verifica e ispezione delle Nazioni Unite (UNVIM) per le spedizioni commerciali verso lo Yemen, facilitando così la libera fornitura di beni commerciali e di aiuti umanitari al paese;
G.  considerando che, secondo molteplici segnalazioni, gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno colpito bersagli civili, tra cui ospedali, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti e contribuendo alla grave carenza di generi alimentari e di carburante nel paese; che il 10 gennaio 2016 è stato bombardato nello Yemen settentrionale un ospedale finanziato da MSF e ciò ha provocato la morte di almeno sei persone e il ferimento di una dozzina, tra cui membri del personale di MSF, oltre a danneggiare gravemente le strutture mediche; che si tratta dell'ultimo di una serie di attacchi ai danni di strutture mediche; che anche numerosi monumenti storici e siti archeologici sono stati distrutti o danneggiati irrimediabilmente, comprese alcune parti della città vecchia di Sana'a, sito patrimonio mondiale dell'Unesco;
H.  considerando che, a causa di capacità portuali ridotte e della congestione derivante da infrastrutture e strutture danneggiate, solo il 15% del volume pre-crisi delle importazioni di carburante riesce a giungere nel paese; che, secondo il quadro integrato di classificazione della sicurezza alimentare (IPC) dell'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, otto governatorati, vale a dire Sa'da, Hajja, Hodeida, Ta'izz, al-Dali, Lahj, Abyan e Hadramawt, sono attualmente classificati a livello di emergenza per quanto riguarda la sicurezza alimentare;
I.  considerando che, stando all'organizzazione Save the Children, in almeno 18 dei 22 governatorati del paese gli ospedali sono stati chiusi o gravemente danneggiati a causa dei combattimenti o della mancanza di carburante; che, in particolare, sono stati chiusi 153 centri sanitari che in precedenza fornivano nutrimento a oltre 450 000 bambini a rischio, insieme a 158 ambulatori che erogavano servizi di assistenza sanitaria di base a quasi mezzo milione di bambini al di sotto dei cinque anni;
J.  considerando che, secondo l'UNICEF, il conflitto nello Yemen ha avuto pesanti ricadute anche sull'accesso dei bambini all'istruzione, che ha smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori, con la chiusura di 3 584 scuole, ossia una su quattro; che 860 di tali scuole sono danneggiate oppure sono utilizzate come rifugio per gli sfollati;
K.  considerando che il 15 dicembre 2015 è stato dichiarato un cessate il fuoco nell'intero paese, che tuttavia è stato subito ampiamente violato; che i colloqui di pace tra le parti belligeranti, svoltisi a metà dicembre 2015 in Svizzera, non hanno portato ad alcuna svolta importante in vista della fine del conflitto; che la ripresa dei negoziati di pace guidati dall'ONU, sotto l'egida dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, prevista per il 14 gennaio 2016, è stata temporaneamente rinviata per il perdurare delle violenze;
L.  considerando che la situazione nello Yemen comporta gravi rischi per la stabilità della regione, in particolare nel Corno d'Africa, nel Mar Rosso e nel resto del Medio Oriente; che al-Qaeda nella penisola araba (AQAP) è riuscita a sfruttare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza nello Yemen, espandendo la propria presenza e aumentando il numero e la portata dei propri attacchi terroristici; che il cosiddetto Stato islamico (ISIS)/Daesh ha consolidato la propria presenza nello Yemen e ha sferrato attacchi terroristici contro moschee sciite, uccidendo centinaia di persone;
M.  considerando che uno Yemen stabile, sicuro e dotato di un governo efficiente risulta essenziale ai fini degli sforzi internazionali volti a combattere l'estremismo e la violenza nella regione e oltre, nonché per la pace e la stabilità all'interno del paese stesso;
N.  considerando che alcuni Stati membri dell'UE hanno continuato ad autorizzare il trasferimento di armi e articoli correlati verso l'Arabia Saudita dopo l'inizio della guerra; che tali trasferimenti violano la posizione comune 2008/944/PESC sul controllo delle esportazioni di armi, che esclude esplicitamente il rilascio di licenze relative ad armi da parte degli Stati membri laddove vi sia il rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e per compromettere la pace, la sicurezza e la stabilità regionali;

1.  esprime profonda preoccupazione per l'allarmante deterioramento della situazione umanitaria nello Yemen, caratterizzata da una diffusa insicurezza alimentare e una grave malnutrizione, da attacchi indiscriminati contro civili, personale medico e operatori umanitari e dalla distruzione delle infrastrutture civili e mediche a causa del preesistente conflitto interno, dell'intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall'Arabia Saudita, dei combattimenti a terra e dei bombardamenti, nonostante i ripetuti appelli per una nuova cessazione delle ostilità; deplora profondamente la perdita di vite umane causata dal conflitto e le sofferenze delle persone rimaste coinvolte negli scontri, ed esprime il proprio cordoglio alle famiglie delle vittime; riafferma il proprio impegno a continuare a sostenere lo Yemen e il popolo yemenita;
2.  esprime grave preoccupazione per gli attacchi aerei da parte della coalizione a guida saudita e il blocco navale da essa imposto allo Yemen, che hanno causato la morte di migliaia di persone, hanno ulteriormente destabilizzato il paese, stanno distruggendo le sue infrastrutture fisiche, hanno creato un'instabilità che è stata sfruttata dalle organizzazioni terroristiche ed estremiste, quali l'ISIS/Daesh e l'AQAP, e hanno aggravato una situazione umanitaria già critica; condanna fermamente anche le azioni destabilizzanti e violente condotte dai ribelli houthi, che sono sostenuti dall'Iran, compreso l'assedio della città di Ta'izz, che ha avuto, tra l'altro, conseguenze umanitarie disastrose per gli abitanti;
3.  sottolinea la necessità di un'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite ed esorta tutti i paesi a contribuire a far fronte alle esigenze umanitarie; esorta tutte le parti a consentire l'ingresso e la distribuzione di generi alimentari, farmaci e carburante di cui vi è un urgente bisogno nonché di altre forme di assistenza necessaria, tramite le Nazioni Unite e i canali umanitari internazionali, al fine di soddisfare le necessità impellenti dei civili colpiti dalla crisi, secondo i principi di imparzialità, neutralità e indipendenza; chiede una tregua umanitaria affinché l'assistenza di primo soccorso possa essere fornita con urgenza alla popolazione yemenita; ricorda che è pertanto essenziale facilitare ulteriormente l'accesso delle navi mercantili allo Yemen;
4.  invita tutte le parti a rispettare il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, a garantire la protezione dei civili e ad astenersi dall'attaccare direttamente le infrastrutture civili, soprattutto le strutture sanitarie e gli impianti idrici; esige un'indagine indipendente su tutte le accuse di abusi, torture, uccisioni mirate di civili e altre violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario internazionale;
5.  ricorda a tutte le parti che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente tutelati dal diritto umanitario internazionale e che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra; chiede un'indagine imparziale e indipendente su tutte le presunte violazioni del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale in materia di diritti umani, come pure sui recenti attacchi che hanno preso di mira le infrastrutture e il personale umanitario; invita tutte le parti a rispettare i diritti umani e le libertà di tutti i cittadini yemeniti e sottolinea l'importanza di migliorare la sicurezza di tutti coloro che lavorano per le missioni umanitarie e di pace nel paese, compresi gli operatori umanitari, i medici e i giornalisti;
6.  chiede all'UE di promuovere con efficacia il rispetto del diritto umanitario internazionale, come stabilito nei pertinenti orientamenti dell'UE; sottolinea in particolare la necessità che l'UE metta in evidenza, nel suo dialogo politico con l'Arabia Saudita, l'esigenza di rispettare il diritto umanitario internazionale e, qualora tale dialogo risulti infruttuoso, che consideri ulteriori misure in conformità degli orientamenti dell'Unione volti a promuovere l'osservanza del diritto umanitario internazionale;
7.  invita il VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008;
8.  ritiene che l'Arabia Saudita e l'Iran siano la chiave per risolvere la crisi, ed esorta entrambi a operare in modo pragmatico e in buona fede per porre fine ai combattimenti nello Yemen;
9.  sottolinea che soltanto una soluzione al conflitto politica, inclusiva e negoziata può ripristinare la pace e preservare l'unità, la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale dello Yemen; esorta tutte le parti a impegnarsi quanto prima, in buona fede e senza condizioni preliminari, in un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite, anche superando le loro divergenze attraverso il dialogo e le consultazioni, rifiutando gli atti di violenza finalizzati al raggiungimento di obiettivi politici e astenendosi da provocazioni e da tutte le azioni unilaterali volte a compromettere la soluzione politica; sostiene gli sforzi dell'inviato speciale delle Nazioni Unite, Ismail Ould Cheikh Ahmed, volti a tenere colloqui di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite sulla base dell'iniziativa del Consiglio di cooperazione del Golfo, come pure l'esito della conferenza sul dialogo nazionale e le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare le risoluzioni 2140 (2014) e 2216 (2015);
10.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo, al Segretario generale della Lega degli Stati arabi e al governo dello Yemen.


(1)Testi approvati, P8_TA(2015)0270.

mercoledì 12 ottobre 2016

Sit-in al Ministero della Difesa: Stop armi ai Saud



RETE NO WAR E CITTADINI YEMENITI: STOP ARMI AI SAUD

Cittadini yemeniti e italiani della Rete No War (v.foto) hanno manifestato oggi mercoledi' 12 ottobre a Roma davanti al ministero della Difesa per la fine dell'export di armi italiane all'Arabia saudita, regno che con i suoi alleati bombarda lo Yemen da 19 mesi con uno spaventoso bilancio di morti e feriti, oltre a imporre al poverissimo paese arabo un blocco navale che ha moltiplicato il numero di bambini denutriti. 

Il governo italiano continua a mantenere i rapporti militari e la vendita di armi a Riad e complici, in spregio alla legge 185/90 che vieta il commercio di armi con paesi in conflitto o che violano i diritti umani. 

Nel febbraio 2016 anche il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che chiede agli Stati membri di imporre un embargo sulle armi destinate a Riad. 

"L'Arabia saudita non puo' essere intoccabile", hanno affermato i partecipanti. "E l'Italia non puo' continuare a essere complice di crimini di guerra e contro l'umanita'".

Per info: 32021863683312053435



lunedì 10 ottobre 2016

Nominato cardinale Mons.Zenari, nunzio di Damasco


Papa Francesco ha nominato cardinale Monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria.

Monsignor Zenari, 70 anni e 36 di servizio diplomatico è nunzio a Damasco dal 2008. Francesco ha precisato (Corriere della Sera di lunedì 10 ottobre) "che rimane nunzio apostolico nell' amata e martoriata Siria". Mai nell' ultimo secolo un nunzio è stato cardinale.

Mons. Zenari ha dichiarato al Corriere che:
"Ma ho capito che il Papa, attraverso di me, ha dato la porpora alla Siria: un segno di predilezione e un sostegno alla sua gente, ai bambini....Sangue innocente, dolore. Di tutti, cristiani e non"

La sua descrizione della guerra siriana è molto più prudente rispetto a quella fornita da altri esponenti religiosi operanti in Siria:

"Una guerra per procura di alcune potenze regionali, dall' Arabia saudita all'Iran, cui si sono aggiunte le surpepotenze, USA, Russia, e altri. Ciascuno secondo i suoi interessi e strategie geopolitiche. Il denominatore comune è sofferenza enorme e la violazione di qualsiasi regola dei diritti umanitari internazionali. E questo da parte di tutti: colpiscono scuole, ospedali, mercati. Anche la guerra ha le sue regole, sono saltate"

Ma è in modo inequivocabile diversa da quella del governo italiano e da quella della comunità di Sant' Egidio che detta la linea a molti credenti italiani.

Gian Guido Vecchi del Corriere della sera gli ha poi chiesto:
"Cercare una soluzione politica?"

Monsignor Zenari ha risposto:
"E' l' unica via, la comunità internazionale deve riprovarci. Far cessare la violenza, permettere gli aiuti umanitari"

M.P.

venerdì 7 ottobre 2016

La frode delle foto di “Caesar” che ha minato i negoziati di pace siriani


da Vietatoparlare.it


Deduzioni sulle foto di Caesar

Un rapporto di d’inchiesta di 30 pagine sulle ” foto tortura di Cesare ” è stato rilasciato da Counterpunch ed è disponibile a fondo pagina . Quella che segue è una versione condensata della relazione tradotta in italiano.
I lettori che sono particolarmente interessati sono invitati leggere il rapporto completo che include dettagli aggiuntivi, fotografie,  fonti e  commenti.
Introduzione
C’è un modello di rapporti sensazionali, ma falsi che portano alla pubblica accettazione negli Stati Uniti  all’intervento militare occidentale nei paesi di tutto il mondo:
Nella guerra prima del Golfo, ci sono state segnalazioni di truppe irachene che rubavano incubatrici in Kuwait, lasciando i  bambini morire sul freddo pavimento . Ci si era basati sulla testimonianza di un medico della Mezzaluna Rossa; Amnesty International aveva ‘verificato’ quelle le false affermazioni.
Dieci anni dopo, ci sono state segnalazioni di ‘uranio arricchito’ pronto per essere usate in Iraq per lo sviluppo di armi di distruzione di massa.
Un decennio più tardi, ci sono state segnalazioni di soldati libici ‘drogati con il Viagra per violentare le donne mentre avanzavano contro i ribelli libici.’
Nel 2012, la giornalista NBC Richard Engel è stata presumibilmente rapita da ‘milizie siriani pro-Assad’, ma per fortuna liberato dai combattenti dell’opposizione siriana, il “Free Syrian Army”.
Tutti questi rapporti sono stati successivamente confermati essere invenzioni e menzogne . Tutti avevano lo scopo di manipolare l’opinione pubblica ed infatti riuscirono in un modo o nell’altro a realizzare il loro scopo. Nonostante le conseguenze, spesso disastrose, nessuno dei colpevoli sono stati puniti o hanno pagato un qualsiasi prezzo per aver mentito.
E ‘famoso il detto “chi non impara dal passato è condannato a ripeterlo.” Questo rapporto è una revisione critica della storia “le foto delle torture di Caesar”. Come verrà mostrato, vi è una forte evidenza che le accuse sono del tutto o sostanzialmente false.
Panoramica delle foto delle torture di ‘Caesar’
Il 20 gennaio 2014, due giorni prima del giorno che i negoziati sul conflitto siriano iniziassero in Svizzera come programmato , un rapporto sensazionale irruppe in televisione e sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. La notizia era che un ex fotografo dell’esercito siriano aveva 55.000 fotografie che documentavano la tortura e l’uccisione di 11.000 detenuti nelle prigioni siriane.
Al fotografo siriano è stato dato il nome in codice ‘Cesare’. La storia divenne nota come “le foto delle torture di Caesar”Un team di avvocati e esperti tecnici digitali  furono assunti dallo studio legale Carter-Ruck, tramite un contratto per il Qatar, per andare in Medio Oriente e verificare la veridicità di “Cesare” e la sua storia. Essi hanno concluso che la documentazione presentata da “Cesare” fosse veritiera e le fotografie indicate rappresentavano “uccisioni in scala industriale”. Quindi la CNN, il Guardian e LeMonde di Londra hanno diffuso la storia che è stato successivamente trasmessa nei notiziari in tutto il mondo. Le accuse contenute nelle ‘Foto di Caesar’ sono stati annunciate nei negoziati che iniziavano in Svizzera. Questo facilitò per l’opposizione il chiedere le dimissioni del governo siriano, i negoziati furono interrotti rapidamente.
Poi non se ne è più parlato. Negli ultimi due anni, la storia è stata conservata con raffiche occasionali di pubblicità e relazioni apparentemente corroboranti. Più di recente, nel dicembre 2015 Human Rights Watch (HRW) ha pubblicato un rapporto dal titolo “Se i morti potessero parlare” focalizzato significativamente sulle accuse di Cesare.

Di seguito sono riportati  i 12 significativi quesiti connessi alla storia delle ‘fotografie di tortura di Cesare’.
1: Quasi la metà delle foto mostrano il contrario delle accuse.
La squadra d’inchiesta Carter Ruck  ha sostenuto che su un totale di circa 55.000 foto, circa la metà di loro sono quelle di ‘Cesare’ mentre l’altra metà da altri fotografi. Il team di Carter Ruck ha sostenuto che le foto erano tutte ‘simili’. Insieme sono tutti note come ‘le fotografie di tortura di Cesare.
Le fotografie sono sotto la custodia di una organizzazione dell’opposizione chiamato the Syrian Association for Missing and Conscience Detainees (SAFMCD). Nel 2015, questa associazione ha permesso ad Human Rights Watch (HRW) di studiare tutte le fotografie che sono altrimenti erano segrete. Nel mese di dicembre 2015, HRW ha pubblicato il proprio rapporto intitolato “Se i morti potessero parlare”. La più grande rivelazione è che oltre il 46% delle fotografie (24,568) non mostrano persone ‘torturati a morte” da parte del governo siriano. Al contrario, essi mostrano soldati siriani morti e vittime di autobombe e altre forme di violenza (HRW pp2-3). Così, quasi la metà dei foto mostrano il contrario di quanto asserito. Queste foto, mai rivelate al pubblico, confermano che l’opposizione è violenta ed ha ucciso un gran numero di forze di sicurezza siriane e civili.
2: L’affermazione che altre foto mostrano solo “detenuti torturati ‘è esagerata o falsa.
Il rapporto Carter Ruck dice che ‘Cesare’ ha presentato solo fotografie che ritraggono  corpi provenienti dai centri di detenzione del governo siriano. Nella loro relazione risalente a dicembre 2015, HRW ha detto: “La maggior parte delle fotografie, 28,707 immagini, sono fotografie da cui Human Rights Watch può dedurre si tratti di detenuti morti durante la custodia da parte del governo, che siano state fatte in uno dei numerosi centri di detenzione o dopo essere stati trasferiti in un ospedale militare.” La stima è che le foto sono di  6.786 individui morti.
Le foto dei defunti sono reali, ma non è chiaro come sono morti e le circostanze della loro morteC’è una forte evidenza che alcuni sono morti in combattimento. Altri sono morti in ospedale. Altri sono morti ei loro corpi si sono decomposti prima che fossero raccolti. Queste fotografie sembrano documentare una situazione in tempo di guerra in cui vengono uccisi molti combattenti e civili. Sembra chel’ospedale militare stava facendo quello che aveva sempre fatto: il mantenimento di un archivio fotografico e documentario dei defunti. Corpi sono stati raccolti a cura dei vari  rami militari o di intelligence. Mentre alcuni possono essere morti in detenzione; la grande maggioranza probabilmente è morto in zone di conflitto.
Pertanto le accuse di ‘Cesare’, il rapporto Carter Ruck e HRW che indicano la totalità degli individui “morti in detenzione” o “morti per tortura” o morti in ‘custodia del governo ” sono quasi certamente false.
3: La vera identità di “Cesare” non è probabilmente quella rivendicata.
La relazione Ruck Carter dice: a “questo testimone che ha disertato dalla Siria e che aveva lavorato per il governo siriano è stato dato dal team di inchiesta il nome in codice ‘Cesare’ per proteggere lui e membri della sua famiglia”. (CRR p12) Tuttavia, se la sua storia fosse vera, sarebbe facile per il governo siriano determinare chi sia veramente. Dopo tutto, quanti fotografi militari hanno scattato le foto in quegli anni negli ospedali militari e poi sono spariti? Secondo il rapporto Carter Ruck, la famiglia di Cesare ha lasciato la Siria intorno nello stesso tempo. Considerando questo, perché “Cesare” mantiene segreta la sua identità al pubblico occidentale? Perché “Cesare” si rifiuta di incontrare anche giornalisti o ricercatori a lui favorevoli?
Il fatto che il 46% del totale del set fotografico è sostanzialmente l’opposto di quanto sostenuto indica due possibilità:
Cesare ei suoi promotori conoscevano il contenuto, ma hanno mentito e si aspettavano che nessuno se ne accorgesse.
Cesare e dei suoi promotori non conoscevano il contenuto delle foto e hanno falsamente asserito che fosse altro.
Quest’ultima ipotesi che sostiene la teoria che Cesare non è chi dice di essere, sembra la più probabile .
4: L’inchiesta Carter Ruck era viziata,  precipitosa e politicamente di parte.
La credibilità della storia “Cesare” si regge sostanzialmente sulla base dell’indagine della squadra Carter-Ruck che ha “verificato” la defezione del fotografo e le sue fotografie. I seguenti fatti suggeriscono la squadra si è mossa con un movente politico:
L’indagine è stata finanziata dal governo del Qatar, che è uno dei principali sostenitori dell’opposizione armata.
Lo studio legale appaltato, Carter Ruck and Co, ha già rappresentato il presidente turco Erdogan, noto anche per il suo appassionato sostegno dell’opposizione armata.
Il cittadino americano appartenente al team di inchiesta legale, il Prof David M. Crane, ha una lunga storia di lavoro per Dipartimento della Difesa Stati Uniti  e per la Defense Intelligence Agency (DIA). Il governo degli Stati Uniti è stato profondamente coinvolto nel tentativo di ‘Regime Change’ e dall’estate del 2011 e continuando nel tempo fino ad oggi ha sempre sostenuto la destituzione di Assad .
Il prof Crane nel conflitto è personalmente partigiano . Ha fatto una campagna per la costituzione di un Tribunale penale siriano ed ha  testimoniato (per perore questa caisa) davanti al Congresso USA nel mese di ottobre del 2013, tre mesi prima delle rivelazioni Cesare.
Per loro stessa ammissione, la squadra era sotto inchiesta per “vincoli di tempo” (CRR, P11).
Per loro stessa ammissione, il team di inchiesta non ha nemmeno visto la maggior parte delle fotografie
Il team di inchiesta era o ignaro del contenuto o ha intenzionalmente mentito per circa il 46% dei casi mostrando morti soldati siriani e vittime di attacchi (da parte dei ribelli – NDR).
Il team di inchiesta ha fatto l’ultima intervista a “Cesare”, il 18 gennaio, ed ha rapidamente perfezionato una relazione  per poi precipitarsi a presentarla  il 20 gennaio, due giorni prima dell’inizio dei negoziati sponsorizzati Nazioni Unite.
L’auto-proclamato “rigore” delle indagini del gruppo Carter Ruck è priva di fondamento. Le rivendicazioni di indagine ‘scientifica’ sono allo stesso modo, senza sostanza e al limite del ridicolo.
5: La Central Intelligence Agency statunitense (CIA) è coinvolta.
In una intervista su France24, il prof. David Crane della squadra di inchiesta riferisce come ‘Cesare’ sia stato portato a incontrare  “il gestore ufficiale del caso”. L’espressione ‘gestore ufficiale del caso’ di solito si riferisce alla CIA. Questa sarebbe una espressione comune per il Prof. Gru che ha già lavorato nella Defense Intelligence Agency. Il coinvolgimento della CIA è noto dato che l’enta ha messo bilancio  circa di $ 1 miliardo per le operazioni Siria nel 2013.
Il  progetto ‘Project Syria Accountability” del Prof. Crane ha sede presso la Syracuse University, dove la Ciarecluta attivamente nuovi ufficiali, nonostante la resistenza degli studenti.
Perché è importante stabilire se la CIA sia collegata alla storia ‘Cesare’? Il motivo è che la CIA ha una lunga storia di campagne di disinformazione. Nel 2011, alimentò  falsi rapporti secondo i quali i soldati libici usavano il Viagra per stuprare durante la loro avanzata furono  ampiamenteduffusi da parte dei media occidentali nel senso voluto dagli Stati Uniti come ultriore stumento di pressione per giustificare un intervento militare. Decenni prima, il mondo è stato sconvolto nel sentire parlare di truppe cubane che combattevano in Angola stuprando donne angolane. Il capo della CIA di stanza in l’Angola, John Stockwell, in seguito descrisse  il rapporto diffuso in tutto il mondo come un falso inventato di  sana pianta. La CIA era molto orgogliosa di questo risultato di disinformazione. Il libro di Stockwell, “In Search of Enemies” (in cerca di nemici) è ancora attuale.
6: L’accusa ritrae semplici procedure amministrative come misteriose e sinistre.
Il team di inchiesta Carter Ruck falsamente ha dichiarato che ci sono stati circa 11.000 i detenuti torturati e uccisi. Hanno poi posto la domanda: perché il governo   siriano ha fotografato e documentato le persone che avrebbe appena ucciso? La relazione Ruck  Carter ipotizza che l’ospedale militare abbia fotografato i morti per dimostrare che l’ “ordine di uccidere” era stato eseguito.
Ma una spiegazione più logica è che i cadaveri sono stati fotografati come parte della normale procedura degli ospedale / fotografati all’obitorio allo scopo di mantenere un file dei defunti che sono stati ricevuti o trattati in ospedale.
Lo stesso vale per il sistema dell’ etichettatura / numerazione dei corpi. Il rapporto Carter Ruck suggerisce invece che c’è qualcosa di misterioso e di sinistro nel sistema di etichettatura tramite codici. In tutti gli obitori è necessario disporre di un sistema di etichettatura e di identificazione.
7: Le foto sono state manipolate.
Molte delle foto sul sito SAFMCD sono state manipolate. La scheda informazioni e l’identità delle foto sono coperte e sezioni dei documenti sono oscurate. Si deve essere impiegato molto tempo per fare questo su migliaia di foto. La spiegazione date che sia stato fatto per non far identificare le vittime non è credibile in quanto i volti delle vittime sono visibili. Cosa stanno nascondendo?
8: Le foto del catalogo presentano duplicati e altri errori.
Ci sono numerosi errori e anomalie nel catalogo fotografico come presentato sul sito SAFMCD.
Per esempio, alcuni salme sono mostrate due volte con diversi numeri di casi e date.
Ci sono altri errori in cui a diversi individui è stato dato lo stesso numero identificativo.
Il ricercatore Adam Larson ha fatto  un esame approfondito che rivela più errori nel catalogo fotografico SAFMCD.
9: Con poche eccezioni, i media occidentali hanno accettato e promosso la storia acriticamente.
Il rapporto Carter Ruck è stato etichettato come “confidenziale”, ma distribuito alla CNN, il Guardian e Le Monde.
Della CNN Christiane Amanpour non appena lei ha intervistato tre della squadra inchiesta, ha rivelato la storia sotto il titolo “ESCLUSIVO: “riveliamo le foto delle torture da parte del regime di Assad” .  Il giornalismo critico è stato privato delle più importanti domande e risposte. David Crane ha dichiarato: “Si tratta della pistola fumante”. Desmond de Silva ha “paragonato le immagini a quelle dei sopravvissuti dell’Olocausto”.
Il rapporto del The Guardian  è stato intitolato “un documento autentico del regime siriano mostra segni dell’uccisione su ‘scala industriale’ dei detenuti” , l’articolo veniva corredato dal sottotitolo “gli esperti dicono che le fotografie e i documenti forniscono ‘prova evidente’ di crimini di guerra per l’uccisione sistematica di 11.000 detenuti”
Uno dei rari rapporti che mostra scetticismo è stato quello di Dan Murphy del Christian Science Monitor. Murphy ha fatto eco alle accuse standard sulla Siria, ma ha anche detto incisivamente, “la relazione stessa non è neanche lontanamente credibile per come fa fuori molti elementi e deve essere considerata per quella che è: un esercizio di propaganda fatto al momento giusto finanziato dal Qatar, un avversario del regime che ha finanziato i ribelli finanziati che combattono Assad che hanno commesso loro stessi crimini di guerra “.
Purtroppo si trattava di uno dei pochissimi rapporti critici apparsi nei media mainstream.
Nel 2012,  il giornalista esperto in politica estera Jonathan Steele ha scritto un articolo che descrive la parzialità dei media sulla Siria. Il suo articolo era intitolato “La maggior parte dei siriani seguono Assad, ma è meglio non farlo sapere aimedia occidentali”. La campagna mediatica e di propaganda ha continuato senza sosta. Fu in questo contesto che la Ruck Carter è stata consegnata e ampiamente accettata senza discutere.
10:   I politici hanno usato la storia di Cesare per ulteriormente ad un intervento aggressivo USA / NATO .
I politici che cercano un intervento diretto degli Stati Uniti per un ‘cambio di regime’ in Siria si sono affrettati ad accettare e trasmettere la storia di ‘Cesare’. Hanno usato demonizzare il governo di Assad e sostengono che gli Stati Uniti devono agire in modo da evitare che avvenga “un altro Olocausto ‘,’ un altro Rwanda ‘,’ un’altra Cambogia ‘.
Quando le foto di Cesare sono state esposte alla Commissione Affari Esteri della Camera al Congresso, il presidente Ed Royce ha detto “E ‘tempo che gli Stati Uniti impongano una zona cuscinetto nel nord della Siria per impedire ulteriori atrocità per proteggere e  fermare i massacri che sono in corso, che hanno spostato la metà della popolazione di quel paese” (lo ha fatto mostrando 50 immagini di Caesar) ed ha aggiunto –  che gli USA dovrà implmentare ” qualche misura di protezione” per i cittadini di Aleppo.
Il democratico Eliot Engel della Commissione Affari Esteri della Camera  nel novembre 2015 ha dichiarato“Stiamo ricordando il fotografo, conosciuto come Cesare, che sedeva in questa stanza meno di un anno fa, che ci mostrava scioccanti dettagli grafici di quello che Assad ha fatto al suo popolo.” Engel ha continuato a sostenere per una nuova autorizzazione per l’uso della forza militare.
Rep Adam Kinzinger è un altro avvocato che si batte per l’aggressione contro la Siria. Ad un evento presso il Museo Memoriale dell’Olocausto a luglio 2015, ha detto, “Se vogliamo distruggere ISIS dobbiamo distruggere l’incubatore di ISIS, Bashar al-Assad.”
Ironia e l’ipocrisia è stata usata  da Rep Kinzinger quando ha incontrato e coordinato con il leader dell’opposizione Okaidi che è un alleato confermato di ISIS. In contrasto con le false affermazioni di Kinzinger, è ampiamente noto che l’ideologia di ISIS  ha goduto del finanziamento iniziale proveniente dall’ Arabia Saudita e gran parte della sua recente ricchezza proviene  dalle vendite di petrolio attraverso la Turchia. L’esercito siriano ha combattuto grandi battaglie contro ISIS, vincendone alcune, ma ne ha perso altre con scene orribili di decapitazione di massa.
11: La valutazione di Human Rights Watch è distorta.
HRW è stata molto attiva per quando riguarda la Siria. Dopo gli attacchi chimici a Damasco il 21 agosto 2013, HRW si precipitò a redigere un rapporto checoncludeva che, sulla base di un’analisi del vettore dei proiettili in arrivo che trasportavano il sarin, il governo siriano era il solo a disporre di quel tipo di ordigno. Questa analisi è stata successivamente smentita come ” un mucchio di cattive prove spazzatura” dallo stimato giornalista investigativo Robert Parry. Anche l’ipotesi di HRW che si basava sulla distanza di volo del razzo che trasportava l’arma chimica era difettosa. Inoltre non era realistico pensare che fosse  possibile determinare la traiettoria del razzo con più 1% di precisione partendo solo dal contenitore a terra. E pensare che è possibile determinare la traiettoria di volo partendo da un contenitore  che aveva deviato da un muro edificio era assurdo.
Nonostante questo, HRW ha sostenuto ed attaccato con  la sua analisi deficitaria, accusando il governo di Assad.  Ildirettore di HRW Ken Roth ha indicato pubblicamente insoddisfazione quando è stato raggiunto un accordo per eliminare le armi chimiche siriane. Roth voleva molto di più di un “attacco simbolico” .
Alla luce di quanto precede, si segnala il rapporto di HRW di dicembre 2015 affrontando le affermazioni di Cesare.
HRW sembra essere l’unica organizzazione non governativa che ha ricevuto il set completo dei file contenenti le foto dal custode. A suo merito, HRW ha riconosciuto che quasi la metà le foto non mostrano ciò che è stato sostenuto da due anni: essi mostrano soldati siriani morti e milizie insieme a risultati di uccisioni, dovuti ad autobombe, ecc …
Ma pregiudizi di HRW sono chiaramente dimostrati nel modo in cui ha gestito questa enorme contraddizione Sorprendentemente HRW suggerisce che le fotografie identificate in modo non corretto dimostrano la loro tesi. Quelli di HRW dicono: “Questo rapporto si concentra sulle morti in detenzione. Tuttavia altri tipi di fotografie sono importanti. Dal punto di vista probatorio, rafforzano la credibilità delle affermazioni di Cesare sul suo ruolo che ha avuto come fotografo forense delle forze di sicurezza siriane o almeno come persona in contatto con qualcuno che ha accesso alle loro fotografie. “(HRW, p31) .
I file confutano l’affermazione che mostrano torturati e uccisi. Le fotografie mostrano una vasta gamma di persone decedute, che va dai soldati siriani o membri delle milizie siriane combattenti dell’opposizione o civili intrappolati nelle zone di conflitto alle morti regolari in ospedale militare. Ci possono essere alcune foto di detenuti morti in carcere dopo essere stato torturate, o che sono stati semplicemente giustiziate. Sappiamo che questo è accaduto nei centri di detenzione iracheni sotto l’occupazione statunitense. Cose brutte e brutali avvengono in tempi di guerra. Ma i fatti suggeriscono fortemente che il conto ‘Cesare’ è fondamentalmente falso o una grossolana esagerazione.
Colpisce il fatto che il rapporto di HRW non ha alcun riconoscimento delle condizioni di guerra e le circostanze in Siria. Non vi è alcun riconoscimento che il governo e esercito siriano arabo sono stati sotto attacco da parte di decine di migliaia di combattenti come arma finanziati apertamente e sostenuto da molti dei paesi più ricchi del mondo.
Non vi è alcun accenno alla enorme perdita di vite subita da parte dell’esercito siriano e sostenitori per difendere il loro paese. Le stime attuali indicano da ottanta a centoventi mila soldati siriani, milizie e alleati aver morti nel conflitto. Durante i tre anni 2011 – 2013, tra cui il periodo coperto dalle foto di Cesare, si stima che più di 52.000 soldati siriani e milizie civili sono morti contro 29.000 forze anti-governative.
HRW ha avuto accesso al set completo di fotografie tra cui l’esercito siriano e miliziani civili uccisi nel conflitto. Perché non hanno elencato il numero di soldati siriani e delle forze di sicurezza che hanno identificato? Perché non hanno mostrano una singola immagine di quelle vittime?
HRW va oltre approvando le falsità nella storia del ‘Cesare’; essi suggeriscono che è una lista parziale. A pagina 5 si legge nel rapporto, “Di conseguenza, il numero di corpi dalle strutture di detenzione che appaiono nelle fotografie Cesare rappresentano solo una parte di coloro che sono morti in detenzione a Damasco.”
Al contrario, le fotografie Cesare sembrano mostrare per lo più le vittime che sono morte in una varietà di modi nel conflitto armato. Perciò le affermazioni HRW sembrano essere di parte e imprecise.
12: Le accuse legali sono di parte e ignorano il crimine supremo dell’ aggressione.
Il giornalista Dan Murphy del Christian Science Monitor ha fatto un avvertimento nel suo articolo della relazione Carter Ruck su ‘Cesare’. Mentre molti giornalisti hanno trattato la pubblica accusa con deferenza acritica, egli ha detto, ” La Corte Penale Internazionale per i crimini di guerra (CPI) con i suoi procedimenti giudiziari  non è garante della sua credibilità ma è lontano da essa. Basta considerare le assurde pretese del Procuratore capo della CPI Luis Moreno Ocampo su Viagra e stupri di massa in Libia di Muammar Gheddafi nel 2011. I pubblici ministeri hanno, ovviamente, una polarizzazione verso il voler sostenere processi contro le persone che considerano criminali di guerra (come Assad o Gheddafi) e quindi devono essere trattati con cautela. Spesso favoriscono, gli interventi umanitari “.
Il team legale Carter Ruck ha sostenuto che sue indagini fossero precise. Ma la realtà dimostra che era solo ansioso di accusare il governo siriano di “crimini contro l’umanità”. Ma l’evidenza di “omicidio industriale”, “uccisioni di massa”, “torturare per uccidere” è dubbia e gran parte delle prova concrete mostrano qualcos’altro.
Al contrario, ci sono prove chiare e solide che un “crimine contro la pace” è stato commesso contro la Siria. E ‘risaputo che la cdi  “opposizione armata” in Siria è stata finanziata e supportato in una miriade di modi dai vari governi esteri. La maggior parte dei combattenti, sia siriani e stranieri, ricevono stipendi da vari stati esteri. Le loro forniture, armi e attrezzature necessarie sono tutte fornite dall’esternoo. Come i“Contras” in Nicaragua nel 1980, l’uso di tali eserciti ‘proxy’ è una violazione del diritto internazionale consuetudinario.
E ‘anche una violazione della Carta delle Nazioni Unite che dice “I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, o in qualsiasi altra questione incompatibile con i fini degli Stati Nazioni “.
Il governo del Qatar è stato uno dei principali sostenitori di mercenari e fanatici che attaccano lo stato sovrano della Siria.  Conoscendo questo dato,  non è forse estremamente ironico il sentire le imprese legali con le quali proprio il Qatar accusa il governo siriano di “crimini contro l’umanità”?
Non è tempo che le Nazioni Unite facciano riforme affinchè si possa iniziare a vivere finoin linea con i suoi scopi originari? Ciò richiederà una domanda esigente e il far rispettare la Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale.
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Questo articolo è stato pubblicato in Counterpunch .   Rick Sterling è un co-fondatore di Siria Solidarity Movement . Egli può essere contattato al rsterling1@gmail.com