Padre Ernesto Balducci:
Dalla premessa del libro “Gandhi”, 1988, Edizioni Cultura della
Pace
“…..Due sono dunque le ragioni del martirio di Gandhi: il suo
rifiuto dell’ antagonismo tra le religioni e il suo rifiuto della violenza come
strumento di giustizia…..”
Premessa
Scrivo queste pagine introduttive il 30 gennaio 1988,
precisamente nel quarantesimo anniversario della morte di Gandhi. Mi tornano
vive alla memoria le cronache dei giornali di quel 30 gennaio 1948. Erano le 5
del pomeriggio e il Mahatma, stremato dal suo digiuno, si stava recando,
sorretto da due sue giovani congiunte – “i miei bastoni”, egli diceva – a una
riunione di preghiera in un giardino di Delhi, com’ era sua consuetudine. Tra la
piccola folla che lo attendeva, un mezzo migliaio di persone, c’era anche un
giornalista, Nathuram Godse, dall’ aria devota come gli altri. Trovatosi faccia
a faccia col Mahatma, Godse fece una riverenza così profonda che una delle due
ragazze lo trattenne per una spalla. Egli si alzò di scatto, estrasse una
pistola e sparò tre colpi.
Come appare dalle lettere che scrisse al figlio di Gandhi e
dalle sue deposizioni in tribunale, prima dell’ impiccagione, Godse non era un
fanatico rozzo. Il suo inchino dinanzi alla vittima non fu una simulazione, fu
il tributo di una riverenza sincera, prima dell’ esecuzione di un mandato
ricevuto dal partito di cui era membro, l’ Hindu Mahasabha, che ripudiava di
Gandhi la dottrina della nonviolenza e in particolare il progetto di
conciliazione tra indù e musulmani. “Ho voluto mettere in guardia il mio paese –
così dichiarò Godse in tribunale – dagli eccessi del gandhismo, che avrebbe
significato non soltanto il dominio dei musulmani su tutto il paese, ma l’
estinzione dell’ induismo stesso”.
Due sono dunque le ragioni del martirio di
Gandhi: il suo rifiuto dell’ antagonismo tra le religioni e il suo rifiuto
della violenza come strumento di giustizia…..
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