martedì 13 settembre 2016

Libia, un NO chiaro e a viso aperto alla guerra mascherata



Dopo l' annuncio dell' invio di 300 militari italiani in Libia per allestire e proteggere un ospedale da campo per le milizie integraliste armate di Misurata che combattono per il governo Serraj, insediato senza alcun voto popolare dalle Nazioni Unite,

è necessario che arrivi forte e chiara la voce di chi si oppone alla guerra,

Nella speranza di favorire un impegno immediato di tutti, ripropongo un comunicato di inizio agosto e di seguito un mio articolo di aprile: "La guerra in Libia un grande affare per Italia ed Eni ?"

Marco

I primi di agosto la Lista NoNato diffuse questo comunicato

No alla guerra in Libia
6 agosto 2016

“Gli aderenti alla lista ComitatoNoNato@googlegroups.com condannano nel modo più deciso la nuova avventura militare scatenata dagli USA in Libia con l’appoggio diretto o indiretto del governo italiano e di altri governi occidentali aderenti alla NATO.

La ministra della Difesa italiana Pinotti ha assicurato che “l’ITALIA FARA’ LA SUA PARTE” e ha preannunciato la probabile concessione delle basi italiane per le operazioni militari.
Questa operazione guerresca viola quindi nuovamente l’articolo 11 della costituzione italiana, già violato pesantemente con la precedente aggressione alla Libia del 2011 che ha distrutto il paese più ricco e sviluppato dell’Africa.

La nuova avventura bellica, scatenata con la motivazione ufficiale della lotta all’ISIS, è in realtà una nuova operazione neocoloniale che si propone tre obiettivi concreti:

1) Una nuova spartizione delle ingenti risorse libiche: gas, petrolio, acqua sotterranea, e la definitiva rapina delle grandi risorse finanziarie libiche depositate nei fondi di investimento internazionali e già “sequestrate” nel 2011 dalle potenze occidentali;

2) Il rafforzamento del cosiddetto governo “unitario” della Libia guidato dal fantoccio SerraJ, sostenuto dalle milizie islamiche di Misurata e dalla “Fratellanza Musulmana”. Questo “governo”, imposto dall’esterno da un gruppo di potenze occidentali con la copertura della solita ambigua risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non è stato mai approvato ed eletto dai Libici e non è riconosciuto dal Parlamento Libico e dal “governo” di Tobruk che controlla tutta la parte orientale della Libia e che ha condannato recisamente ogni intervento militare straniero, comunque motivato.

3) La riapertura di basi militari straniere in Libia che furono chiuse dal governo Gheddafi dopo la proclamazione della repubblica in Libia.

Per eliminare l’ISIS/Daesh, non servono le bombe.  ISIS va estirpato alla radice, attraverso sanzioni severe contro i suoi mandanti. Il ricorso a bombe straniere su Sirte, invece, non farà altro che favorire il reclutamento di nuovi jihadisti e un conflitto senza fine, aumentando il caos già creato con la guerra di aggressione del 2011 e moltiplicando il pericolo di attentati anche in Italia.

Gli italiani contrari alla guerra e a nuove avventure neocoloniali, e sensibili al tema della pace, sono invitati a organizzare forme di protesta — insieme a forme di controinformazione su questi gravi fatti — per dire al governo Renzi: L’Italia si dissoci dai bombardamenti, NO all’uso delle basi italiane e dello spazio aereo italiano.
Lista NO NATO 

Guerra in Libia, un grande affare per l' Italia e per l' Eni ?
di Marco Palombo

24 aprile 2016

pubblicato da

Il pane e le rose
e
Pressenza


Negli ultimi mesi la produzione complessiva di gas e petrolio negli impianti dell’ENI in Libia è attorno a 300/350 mila boe/g (barili olio equivalenti al giorno), il 20% della produzione totale dell’ENI. Al momento dell’ inizio del conflitto armato in Libia, nel primo trimestre del 2011, erano attesi 280 mila boe/g.. Nel 2014 furono in media 239 mila boe/g.

Attualmente sono in funzione gli impianti offshore (piattaforme marine), mentre sulla terra ferma è attivo solo il sito di Wafa, nella Libia occidentale, a qualche centinaio di chilometri dalla costa. Nella stessa porzione di Libia è fermo dal maggio 2015 il campo Elephant, entrato in attività nel 2004. Mentre nell’est del paese i campi sono chiusi dal luglio 2013 per il blocco dei terminal e in precedenza per “proteste delle comunità locali”. Nel 2015 sono stati scoperti anche due “significativi” giacimenti, “la vicinanza di queste nuove scoperte alle infrastrutture esistenti ne renderà possibile il rapido sviluppo”.

I contratti di esplorazione e produzione in corso sono validi fino al 2042 per quanto riguarda i liquidi e fino al 2047 per il gas.*

Da questi dati si vede che la produzione ENI in Libia è già superiore a quella esistente prima del conflitto e lo sarebbe in misura ancor più notevole se entrassero in attività anche solo una parte degli impianti ora fermi, ma sempre integri. Quindi dall’inizio della guerra non abbiamo perso posizioni rispetto agli altri paesi, abbiamo solo ritardato o momentaneamente fermato alcuni nostri progetti.

Intanto da tempo l’attivismo del governo Renzi in Libia è molto intenso, ufficialmente per fermare l’ondata migratoria dalle coste libiche verso l’Italia e per arginare i terroristi dell’ Isis, quantificati in poche migliaia di combattenti in un paese dove per anni hanno agito più di 1.000 milizie armate irregolari.

Il nostro paese è stato l’ultimo ad interrompere i rapporti diplomatici con il governo di ispirazione islamica del General National Congress di Tripoli, i cui esponenti - tra questi l’ex premier Ghwell e l’ex presidente del parlamento Abu Sahmani - ora sono colpiti dalle sanzioni dell’ Unione europea e degli Stati Uniti. Viceversa siamo stati i primi ad inviare il ministro degli esteri a Tripoli ad incontrare il nuovo premier scelto dall’Onu, al-Serraj, quando ancora non era stato riconosciuto come legittimo da nessun parlamentare dell’assemblea di Tobruk, dove ha sede l’altro governo libico che contendeva con le armi la guida del paese al GNC di Tripoli.

Negli stessi giorni il ministro degli Interni Alfano ha incontrato a Roma il suo omologo libico per parlare di immigrazione e il governo italiano ha presentato a Bruxelles il "Migration compact", un piano per gestire le migrazioni in Europa dall’Africa, descritto dai media come simile al recente accordo tra UE e Turchia, con la Libia in un ruolo analogo a quello turco, cioè destinataria di fondi europei.

Inoltre il 15 marzo a Roma, all’ex aeroporto di Centocelle, ora Comando Operativo Interforze, si sono incontrati rappresentanti di 30 paesi per discutere dettagli dell’ annunciato intervento militare in Libia. L’Italia dovrebbe avere il comando della missione e la sede operativa dovrebbe essere proprio all’ex aeroporto di Centocelle. Per finire il generale dell’esercito italiano Serra è attualmente il consigliere militare dell’ incaricato ONU per la Libia, il tedesco Kobler.

La guerra alla Libia è stata, come sostengono molti, una guerra della Francia agli interessi italiani? Anche se questo fosse vero, il governo Renzi sembra aver fatto buon viso a cattivo gioco, e si sarebbe verificata una sorta di eterogenesi dei fini.

Il grande impegno governativo italiano è finalizzato solo ad arginare gli arrivi dei migranti e il terrorismo dell’Isis? Terrorismo che peraltro in Libia è assai difficile da riconoscere all’interno della feroce guerra in corso, dove tutti combattono contro tutti?
Io non ci credo. Viste tutte queste premesse, ritengo legittimo ipotizzare che governo Renzi e Eni, con la diplomazia e i militari, vogliano allargare il già notevole volume di affari in Libia e, con la morte e la distruzione che continuano a segnare il paese africano e che aumenterebbero in caso di presenza militare occidentale, considero questo un atteggiamento immorale e ipocrita.

Tuttavia, difficilmente i media si interesseranno seriamente delle strategie italiane nel paese libico perchè l’Eni, dall’immediato dopoguerra, è sempre stato attivissimo nel campo dell’informazione e comunicazione, e attualmente dedica alla sola comunicazione 200 milioni di euro, secondo l’ex A.D. Scaroni, così da affrontare meglio la concorrenza nel libero mercato dell’energia. Ma il rapporto tra Eni e informazione è un tema enorme che merita un approfondimento specifico. Ne riparleremo.


*La fonte dei dettagli delle attività ENI in Libia è il sito ufficiale della società, www.eni.com

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