21 giugno, Camera dei Deputati, interrogazioni a risposta immediata,
Comba (FdI) interroga il ministro della Difesa Crosetto (FdI)
Iniziative del Governo in sede europea in ordine all'opportunità di escludere dai vincoli del Patto di stabilità le spese dedicate alla difesa – n. 3-00475)
PRESIDENTE. Il deputato Comba ha facoltà di illustrare l'interrogazione Foti ed altri n. 3-00475 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.
FABRIZIO COMBA (FDI). Onorevole Presidente, onorevole Ministro, il tema al centro del vertice NATO in programma il prossimo 11 e 12 luglio a Vilnius sarà l'accordo, da raggiungere tra gli alleati, di dedicare il 2 per cento del bilancio dello Stato alla spesa militare, come prevede un impegno preso dai Paesi membri dell'Alleanza atlantica nel 2014.
L'Italia, attualmente, dedica alle spese militari l'1,38 per cento del proprio PIL, mentre, nel complesso, sono 9 gli Stati che hanno già raggiunto il traguardo del 2 per cento, ovvero gli Stati Uniti (3,5 per cento), la Grecia (3,5 per cento), fino alla Romania (2 per cento).
Il Segretario generale della NATO, Stoltenberg, in una conferenza stampa dello scorso aprile, ha affermato che il 2 per cento del PIL investito in difesa non sarà considerato più solo un obiettivo da raggiungere per i Paesi della NATO, ma il minimo richiesto da tutti.
Il Ministro del Governo si è impegnato a raggiungere la soglia del 2 per cento del PIL da dedicare al bilancio militare, ma anche ha rilevato come sarebbe opportuno scorporare le spese per la difesa dai vincoli del Patto di stabilità.
Alla luce di quanto esposto in premessa, si chiede quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di portare all'attenzione degli alleati europei l'opportunità di scorporare le spese dedicate alla difesa dai vincoli del Patto di stabilità.
PRESIDENTE. Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha facoltà di rispondere.
GUIDO CROSETTO, Ministro della Difesa. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole Comba. Come è noto, nel 2014, al summit del Galles, i Capi di Stato e di Governo assunsero l'impegno, definito Defence investment pledge, di mirare, entro il 2024, al conseguimento del 2 per cento del rapporto spese per la difesa-PIL e del 20 per cento delle spese militari dedicate all'investimento e di contribuire alle operazioni e alle missioni a sostegno della sicurezza nazionale.
Questo impegno è stato solennemente confermato in tutte le sedi da tutti i Governi che si sono succeduti, compresi i Governi Conte 1 e 2 e, ovviamente, il Governo Draghi, solo che quello che ai tempi veniva ritenuto pacifico e giusto, oggi viene ritenuto una mossa, una posa bellicistica; mi duole dirlo, non innoviamo in questo caso, confermiamo soltanto gli impegni presi da tutti i precedenti Governi. Non si tratta di un mero dato contabile, ma di un pilastro fondamentale su cui costruire una difesa che possa rispondere adeguatamente alle future minacce.
Al prossimo summit di Vilnius, l'11 e il 12 luglio, molte Nazioni vorrebbero far adottare ai Capi di Stato e di Governo obiettivi ancora più ambiziosi: raggiungere immediatamente il 2 per cento e farlo diventare la base minima per garantire il contributo nazionale alla sicurezza e all'alleanza necessaria per assicurare la credibilità dello strumento militare per la difesa collettiva, impiegare almeno il 20 per cento (del citato 2) in quota investimenti e dimostrare la volontà politica di fornire disponibilità delle forze e delle capacità nazionali per l'intero spettro di operazioni NATO.
Al momento, come evidenziato dagli stessi interroganti, l'Italia si pone ben al di sotto di tale soglia. L'aumento delle spese della Difesa è importante non perché la decisione è condivisa tra gli alleati, ma soprattutto perché l'attuale contesto di sicurezza richiede uno strumento militare credibile e dotato delle capacità necessarie a contribuire alla difesa.
In tale contesto, ho ritenuto di dover sollevare la questione del vincolo del Patto di stabilità che, considerato il nostro debito pubblico, ci colloca in una posizione peculiare con margini di manovra ristretti. Ho stimolato una riflessione sull'opportunità di sottrarre le spese in argomento dai vincoli suddetti, scrivendo ai miei colleghi dell'Unione europea, all'Alto rappresentante, Vicepresidente della Commissione Borrell, al Commissario per l'Economia Gentiloni e al Segretario generale Stoltenberg.
La stessa posizione ho portato alle ministeriali Difesa della NATO di febbraio 2023 e del 15 e 16 del corrente mese. Tra l'altro, questa soluzione, laddove approvata a livello europeo, libererebbe volumi finanziari importanti per tutti i Paesi membri, che potrebbero essere destinati in favore di settori come la sanità, la scuola, le opere pubbliche, le infrastrutture, l'ambiente, la cultura e la ricerca scientifica.
Solo in questo modo potremo davvero, da un lato, garantire la stabilità e la pace e, dall'altro, far crescere il tessuto sociale, economico e civile.
Concludendo, non posso che dare rassicurazioni in questa sede sul fatto che il Governo proseguirà la sua azione per cercare il superamento del vincolo del Patto di stabilità per favorire il percorso verso il 2 per cento, ma ribadisco in questa sede che, se non risolveremo l'attuale quadro di incoerenza tra la responsabilità di rafforzare la sicurezza e i limiti di finanza pubblica imposti dalla UE, sarà ben difficile raggiungere in tempi ragionevoli la soglia minima del 2 per cento prevista dalla NATO.