venerdì 30 ottobre 2015

La Nato entra nel dibattito politico ? Lo potrebbe se....

Su il manifesto di oggi, venerdì 30 ottobre, Guido Viale scrive:

"Coloro che si sono riuniti per affermare un loro posizionamento riassunto nelle formule "No all' euro, No all' Ue , No alla Nato" (declinate in termini di sovranità nazionale, anche con lo slogan "Fuori l' Italia dalla Nato", che lascia da parte l' Europa) si sono dimenticati dei profughi"

Guido Viale quindi critica un atteggiamento di chi si definisce No Nato, in realtà sono due appelli diversi quelli citati, ma la Nato sta entrando nel dibattito politico italiano ?

Si, potrebbe entrare, ma non è automatico.

Domani ci sarà una manifestazione a Marsala contro l' esercitazione Trident Juncture, oggi il generale Tricarico ha criticato la stessa manovra Nato, 

ma soprattutto a fine Novembre ci sarà un vertice dei parlamentari Nato a Firenze con una contestazione già in preparazione,

e soprattutto dovrà essere rinnovata la presenza italiana in Afghanistan, che doveva finire al 31 dicembre, proprio quando la Nato ha compiuto un crimine di guerra bombardando un ospedale a Kunduz e uccidendo 30 persone.

L' Italia negherà una indagine sulla strage e rinnoverà la missione ? Si, se nessuno lo chiederà.

Se invece ponessimo la questione il tema della Nato entrerebbe definitivamente del dibattito politico italiano, ma sarebbe troppo bello....

Marco Palombo

mercoledì 28 ottobre 2015

Corriere della Sera,tre editoriali guerrafondai in 15 giorni, una coincidenza ?

Sul Corriere della Sera tre articoli di fondo in tre settimane dove si critica nell'ordine  Renzi, Onu e Blair....perchè troppo pacifisti.
Non è sicuramente una coincidenza, è evidentemente la linea politica del Corriere della Sera in tema di missioni militari, cioè di guerre dell' Occidente.

Chi da questa linea ?   Il direttore ? L' editore ? Opinioni casuali di editorialisti ?

Questa serie di articoli è perlomeno curiosa, ma è molto di più che curiosa, perchè i tre editoriali dal tema simile non sono sicuramente una coincidenza.

Per Renzi in politica estera, verità senza eufemismi. Il dovere di dire la verità sull' Isis
di Angelo Panebianco
13 ottobre 2015

http://www.corriere.it/editoriali/15_ottobre_13/per-renzi-politica-estera-verita-senza-eufemismi-dovere-verita-sull-isis-03b2fa5c-7168-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml

Troppa fiducia nell' ONU
di Angelo Panebianco
23 ottobre 2015

http://www.corriere.it/editoriali/15_ottobre_13/per-renzi-politica-estera-verita-senza-eufemismi-dovere-verita-sull-isis-03b2fa5c-7168-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml

L'Occidente si pente troppo
di Antonio Polito
28 ottobre 2015

http://www.corriere.it/editoriali/15_ottobre_28/occidente-si-pente-troppo-08482ad2-7d3a-11e5-b7c2-dc3f32997c8b.shtml

lunedì 26 ottobre 2015

Roma, grande successo del Convegno No Nato No Guerra

Si è svolto oggi il Convegno Internazionale contro la Nato organizzato dal Comitato No Guerra No Nato.

Spero che sul web circolino già notizie sugli interventi, molti dei quali svolti da ospiti stranieri.

UN GRANDE SUCCESSO

Il convegno è stato un grande successo, con ospiti venuti da altri paesi europei, Germania, Spagna, Grecia, Cipro, Norvegia, Lettonia, Svezia, USA, e sono stati letti messaggi di molti invitati che non hanno potuto partecipare al convegno, come Massimo Zucchetti e Giorgio Cremaschi.

Tra tutti è stato accolto con grande riconoscenza l' intervento del Presidente della Corte di Cassazione Fernando Imposimato che ha raccontato all' attentissimo pubblico che la Nato era spesso presente nelle indagine da lui svolte sulle grandi stragi italiane. L' esplosivo usato nelle stragi fasciste e in quelle mafiose, compreso quello servito ad uccidere Falcone e Borsellino, spesso proveniva da depositi di basi dell' Alleanza Atlantica..

Ha concluso affermando che le sette basi Nato in Italia sono soprattutto sette logge massoniche.

Sono intervenuti tra gli altri, Giulietto Chiesa, Manlio Dinucci, Fulvio Grimaldi, Pino Cabras, Alex Zanotelli, la sen. Paola De Pin.

La giornata si è conclusa con un documento conclusivo che lancia il tentativo di una grande rete europea e mondiale No Guerra No Nato e propone un nuovo incontro internazionale possibilmente presso la sede del Parlamento Europeo.

sabato 24 ottobre 2015

L'Italia si sfila,in silenzio, dagli "Amici della Siria"?

La disastrosa guerra alla Siria è stata supportata dal 2012 dall' alleanza cosiddetta "Amici della Siria"che comprendeva i paesi del Golfo,i maggiori stati occidentali e la Turchia. Fino ad ora 11 paesi avevano sottoscritto identiche posizioni e si sono riuniti periodicamente. Del gruppo facevano parte anche Egitto ed Italia, ma da questo articolo del Manifesto pubblicato oggi sembra che l' Italia si sia, pur in silenzio, sfilata. L' Egitto aveva già preso una posizione autonoma dagli altri paesi "Amici della Siria" approvando l' azione militare russa in Siria.

L' Italia quindi si sarebbe dissociata dagli Amici della Siria, senza dirlo, ma da tempo erano presenti segnali in questa direzione. A parte le dichiarazioni di Renzi sui bombardamenti francesi, è soprattutto il Vaticano che finalmente ascolta i cristiani di Siria e non gli italiani amici ma filoatlantici e preme, insieme ad ambienti cattolici, sul centro destra e sulla componente cattolica del partito democratico.

Sulla guerra alla Siria paradossalmente in Italia i più schierati con i falchi sono gli ex Ds e parte dell' associazionismo a loro collegato.

Di seguito uno stralcio dell' articolo di Chiara Cruciati su Il manifesto:

"......nove paesi (Usa, Tur­chia, Fran­cia, Regno Unito, Ger­ma­nia, Gior­da­nia, Qatar, Emi­rati Arabi e Ara­bia sau­dita) si sareb­bero accor­dati sulla for­mula dell’interim di sei mesi per il pre­si­dente siriano. Un inte­rim sim­bo­lico, senza poteri ese­cu­tivi né mili­tari. Un’apertura di fac­ciata, sì, ma che sot­tin­tende ad un’accettazione del ruolo dell’attuale esta­blish­ment poli­tico nel futuro siriani..."

Marco Palombo

venerdì 23 ottobre 2015

Appunti di Marinella Correggia dopo aver contestato la Nato

Risultati immagini per foto panorama trident juncture


La Nato rompe e non paga mai

«La Nato rompe e non paga mai»: gli appunti di Marinella Correggia su una piccola azione diretta nonviolenta (cartello e discorsetto) davanti al vicesegretario generale della Nato, Alexander Vershbow e a militari assortiti, durante la conferenza stampa di «Trident Juncture» all’aereoporto militare di Trapani il 19 ottobre. E successivo resoconto della cerimonia e della mostra di velivoli di guerra con altre “bellezze”. E poesia finale per un mondo post-Nato.

Marinella-TridentJuncture2015
Un modello di riferimento inarrivabile, per un’azione diretta durante un conferenza stampa? Munthazar al Zaidi, il giornalista iracheno che a Baghdad lanciò le sue scarpe a George W. Bush urlando «in nome delle vedove, degli orfani e del milione di uccisi in Iraq». Finì in carcere, e torturato, per quasi un anno: vilipendio di capo di Stato estero.
Bisogna dire che l’organizzazione della Nato è criminale e va dissolta. Ma qui, all’aeroporto militare di Trapani, sotto il tendone della conferenza stampa che presenta le esercitazioni Trident Juncture dell’Alleanza atlantica, quali conseguenze avrebbe avuto il lancio di una scarpa – senza mirare bene, per carità – contro l’ignaro vicesegretario generale della Nato Alexander Vershbow? Chissà. Ad alzare un cartello contro la Nato criminale, non succede nulla. Te lo tolgono e basta. Sarebbe stata efficace e forse ugualmente non sanzionata una pioggia di monetine da 5 cent. O come sarebbe stato accolto uno schizzo con la stella a 4 punte (il simbolo dell’Alleanza) trasformata facilmente in svastica? Troppo tardi per pensarci. Non ci sarà un altro accredito stampa, ormai! Non alla Nato, almeno. 

Andiamo per ordine. Vershbow ripete quel che ha detto poco prima, alla cerimonia di apertura. La solfa è «le esercitazioni della Nato sono vitali per la sicurezza, la democrazia nel mondo, l’autodifesa»; infatti, «ogni giorno ci sono nuove sfide; così dimostriamo che possiamo difendere ogni alleato». Grandi minacce contro i valorosi Paesi membri si addensano infatti cupe e infingarde. Vengono da Est, «la Russia si è annessa la Crimea», da Sud, «la Russia è entrata in guerra in Siria» (non importa che Mosca sia l’unica a combattere con successo contro il califfato e a farlo autorizzata dal governo locale come richiede l’Onu – lo ha detto forse meglio di tutti “Famiglia Cristiana” giorni fa). E l’Alleanza è estremamente impegnata contro il terrorismo, visto che «gli Stati falliti come la Libia e la Siria fanno sì che i gruppi estremisti avanzino». 

Dopo alcune domande falso-provocatorie da parte di testate italiane ed estere («Perché non dite che la Trident guarda alla minaccia da parte della Russia?») e le risposte («ma no, non è così») ha inizio l’azione diretta. Intanto il microfono ottenuto per fare la domandina diventa occasione per un sermoncino – scritto sul notes – rivolto al vicesegretario; quindi in inglese, inutile parlare ai responsabili italiani. Ecco qua (e chissà se ne è rimasta traccia): «Lei ha detto che la Nato combatte il terrorismo, ha anche nominato la Libia e la Siria come Stati falliti. Ha parlato di autodifesa collettiva dei membri. Ma in realtà fu proprio, nel 2011, la guerra della Nato in Libia, travalicando il mandato dell’Onu, a trasformarla in Stato fallito, a mettere al potere jihadisti e a contribuire al diffondere di gang terroriste. E sono i Paesi membri della Nato a fare in modo diretto e indiretto guerre che rovinano nazioni e distruggono; altro che autodifesa. Di recente poi, il bombardamento per mezz’ora e più dell’ospedale a Kunduz, in Afghanistan. Allora, nonostante questi tragici record, questa storia tragica, come mai la Nato non viene mai incriminata? Al massimo paga una piccola mancia ai familiari delle vittime… ». Il parlato è meno chiaro di così, vista la concitazione, ma è lungo così. Loro lasciano parlare. Devono mostrarsi buoni, non far scoppiare il caso. L’Italia è democratica, la Nato di più. 

Prima che Vershbow risponda, ecco il cartello alzato, per lui lì davanti e per le telecamere lì dietro. Su carta quasi velina per nasconderla meglio in borsa, la scritta è con pastelli a cera ma oleosi, mal calcolati (sbavano, l’acquerello rende meglio). Su un lato, in inglese, «Nato must dissolve»; sull’altro «Nato never pays for crimes» (monco, in effetti, ma chiaro). Ovviamente le mani di un soldato di vedetta si allungano subito e strappano via l’inelegante intrusa cioè la carta mentre l’attivista sotto mentite spoglie viene lasciata lì seduta, la Nato è democratica e protegge i civili, anche quelli ottusi. 

Vershbow risponde compito, come a una vera domanda: «La Nato in Libia ha protetto i civili, abbiamo agito per evitare una strage» (ormai si sa che è tutto falso, ma chi protesta?). Per giustificare il casino successivo: «Quel che è successo dopo, è frutto forse di giudizi approssimativi….» (mis-judgements). Quanto all’Afghanistan, «ci scusiamo tantissimo per il tragico errore» (quasi un’ora di errori?); naturalmente «è in corso un’approfondita inchiesta, e siamo sicuri che non si ripeterà più».
Mentre si avvia all’uscita, l’impassibile vice-segretario generale viene omaggiato, con un altro “blitz”, della poesia Il mondo dopo la Nato, «scritta da un profugo iracheno», le copie disponibili per i giornalisti vengono invece sequestrate, «la leggo io la poesia».
Impatto mediatico? Contenti i russi. Qualche foto è stata fatta. Alcuni giornalisti locali nella fretta non hanno visto ma vengono a informarsi. Il reporter di un’agenzia internazionale che in passato ha coperto manifestazioni pacifiste a Roma senza però riuscire a farsi trasmettere, osserva: «In altri tempi questo dissenso sarebbe costato. Adesso rimbalza. Anzi, aiuta a parlare dell’evento Nato!». Eppure, se gesti così si ripetessero ogni volta, come zanzare disturberebbero. Del resto, non è nel farsi arrestare il senso di un’azione diretta con la quale si irrompe «a casa del diavolo», proprio sotto il naso dei guerrafondai e della supponente stampa mainstream. Il senso è far vedere che sappiamo. Nel racconto di Andersen Gli abiti nuovi dell’imperatore, il bambino è l’unico a dire all’imperatore che è nudo, a dirglielo in faccia. 

Fine della storia della piccola azione diretta nonviolenta. 

    Ma forse a qualcuno interessa anche uno sguardo dal di dentro sulla mattinata alla base militare fra cerimonie ed esibizioni statiche e in volo. Visto che non erano presenti giornalisti anti-Nato. O almeno non si sono espressi.
   Ecco qua, per la serie «ho visto cose…». In fondo troverete la poesia.
Antefatto. Tutti hanno sempre detto che un ente dannoso va sciolto.
«Nato, rest in peace», «Nato, riposa in pace». L’augurio più geniale rispetto al destino della macchina da guerra atlantica risale al 1967: un libro di Paul Martin per la «Campagna dei giovani per il disarmo nucleare». E se in Italia tutto sommato possiamo puntare a un «Visto che è Nato, morirà», non era male neanche «The Coming Dissolution of Nato» («Il prossimo scioglimento della Nato») titolo di uno scritto dell’attivista statunitense Albert Weisbord pubblicato da «La parola del popolo» nel 1977. Weissbord sbagliò in pieno. Tempo prima, era stato invece preveggente l’economista gandhiano J. C. Kumarappa. Pochi anni dopo la nascita dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (Nato) nel 1949 – dunque precedente il Patto di Varsavia – egli così scrisse: «Con il pretesto dell’autodifesa, viene istituita la Nato: per dividere il mondo in due blocchi. Grazie alla Nato, uno Stato aggressore riesce a far dichiarare ‘aggressore’ la vittima e a usare contro questa le armi unificate del grosso energumeno e dei suoi alleati» (pubblicato in «Economia della condivisione», Centro Gandhi). 

In effetti si proclama organizzazione per l’autodifesa collettiva ma fa tutt’altro: negli ultimi anni ha disfatto la Libia, distrutto la Jugoslavia, fatto danni in Afghanistan. Divora risorse e distrugge. Non è semplicemente un ente inutile. E’ un ente disutile. E gli enti disutili vanno cancellati.
La Nato festeggia in questi giorni i quattro anni dall’uccisione del leader libico Gheddafi, coronamento di sette mesi di bombardamenti in appoggio ai «partigiani rivoluzionari». La Libia ridotta a failed state esporta terrorismo. Ma la Nato non paga mai per i danni. Nessuno va in prigione se per conto della stella a 4 punte uccide e rade al suolo. E al massimo le vittime ottengono qualche migliaio di dollari di mancia. Immunità, impunità.
Ecco perché il cartello preparato per l’azione diretta non violenta davanti alle facce dei kapò della Nato e dei remissivissimi media aveva due messaggi: da una parte «La Nato va sciolta» (o dissolta), dall’altro «La Nato non paga mai per i crimini».

19 ottobre, accredito alla mega-celebrazione di Trident Juncture. Giornalismo di pace: purché si possa citare qualche testata (anche nient’affatto mainstream) ci si può far accreditare come free-lance alle conferenze stampa della Nato, che essendo buona non può censurare volgarmente. Durante la guerra contro la Libia nel 2011 gli incontri mediatici si tenevano a Napoli e a Bruxelles. Un’occasione per porre domande scomode, ottenendo risposte che erano praticamente autodenunce. Occasione sprecata. Peccato che i mediattivisti non pensino o non sappiano di questa possibilità. Una sola domanda cattiva non basta. Farebbe la differenza una sfilza di “astuti” da parte di cinque-dieci giornalisti, ogni volta, in successione. Si chiama giornalismo di pace.

Ovviamente se oltre alle domande scomode si alzano anche cartelli di protesta e si distribuiscono poesie post-Nato, non si otterranno ulteriori accrediti dallo stesso ente. Dunque, occorrerebbe essere, a turno, in molti. 

Arriva via email dall’Allied Joint Force Command con base a Brunssum (Paesi bassi), la risposta positiva alla domanda di accredito per la «giornalista indipendente». L’evento sarà il 19 ottobre 2015, aeroporto militare di Trapani, cerimonia di apertura delle manovre congiunte che uno dei militari quel giorno definirà «tremendous display di forze». Da Roma, pare, la Nato ha messo a disposizione un aereo per i giornalisti. In tanti devono averne approfittato, atterrando direttamente vicino al tendone della cerimonia. Infatti la mattina del 19 (tutto sommato il viaggio in corriera Roma-Marsala non è stato male!) ad aspettare fuori dai cancelli dell’aeroporto ci sono solo giornalisti locali, due documentaristi russi e un cane di strada che dev’essere fresco di abbandono, ancora bello e bianco, bisognoso di carezze; volentieri accetta l’unico cibo a disposizione, mandorle. Il soldato di piantone non risponde alla domanda: «Ve ne prendete cura voi spero?».
Il cartello è in borsa, piegato, dissimulato in un ingenuo faldone di materiali su sicurezza alimentare e caos climatico (ma con la guerra, tutto c’entra). «Lasciate le borse aperte lì in quella tenda», è l’istruzione ai giornalisti. Ahi! Basta uno sguardo veloce lì dentro e l’azione diretta andrà a monte. Invece no. La Nato – anzi meglio l’esercito italiano – o non si aspetta o non teme il dissenso. Si cautela invece contro gli attentati: metal detector e cani anti-esplosivo non sono pagati per evitare le proteste verbali e scritte.

La cerimonia, la mostra e il volo dei salvatori di civili indifesi

La cerimonia di inaugurazione precede la conferenza stampa. Enorme tendone attrezzato, tappeto blu Nato a terra. Presenti militari assortiti di ogni ordine e grado, politici, uffici stampa; e stampa. Entrano le bandiere dei trenta Paesi che si eserciteranno. Purtroppo anche i partner non membri, quelli che non partecipano alle guerre della Nato: Svezia, Austria, Finlandia… Sugli spalti dei media, un cronista di Radio Cuore è in brodo di giuggiole; è nel suo elemento: accompagna passo passo le fasi, con voce baritonale e intenta. Una signora tacco 16 si fa un autoscatto. E scattano tutti in piedi i media alle prime note del guerrafondaio inno di Mameli. Scrutandoli dal basso, dal sedile, paiono soldatini. La tentazione di estrarre adesso il cartello è forte, ma sarebbe impossibile fare il discorsetto di spiegazione e il placcaggio da parte di qualche addetto stellettato sarebbe così rapido da non far percepire niente, se non che «una pazza si è lanciata contro le bandiere». In questi contesti la conferenza stampa è l’unica che offre un po’ di tempo. Accadde anche a Roma nel 2013 per l’azione contro Kerry & Terzi & gli altri di fatto sostenitori di gruppi jihadisti.
I discorsi sono a base di «La Nato lavora per la soluzione pacifica dei conflitti, ma certo quando questa non funziona, abbiamo la capacità di intervenire militarmente, nel quadro dell’Onu», «le più importanti esercitazioni degli ultimi anni sono un segnale importante che i Paesi danno». Vershbow dice quel che ripeterà poi ai media. Un comandante spiega che appunto si tratta di «combattere terrorismo e sovversione» e le «sfide di regimi autocratici». Insomma «la Nato si adatta alle nuove minacce». Trident è un «tremendous spiegamento di forze per rispondere a minacce da Nord, Est e Sud». 

Poco dopo, la conferenza stampa; e in seguito tutti nuovamente sui 4 pullman dei media, per un’altra tappa. Sulla pista aerea di cemento adiacente al prato stanno fermi e disciplinati diversi aerei ed elicotteri da guerra. Neri, grigi, marroncini, chiazzati. Le telecamere si mescolano ai soldati, grande curiosità, le ferraglie quasi si possono toccare! Poi ecco la sfilata aerea. Sfrecciano rumorosi, arrivano di colpo, in rapida successione, come i fuochi artificiali. Gli elicotteri si posano un po’ più in là, sul prato. Sarebbe di impatto mettersi a correre sotto e contro quei rumori con uno striscione arcobaleno; o almeno agitare un cartello, per qualche fotografo attento. Ma manca la materia prima. La locandina «Nato Killing machine», scarabocchiata in fretta sul pullman, fa appena in tempo a comparire che subito un giovane soldato la strappa via. Inutile provare a scriverne un’altra sul prato. «E’ entrata come giornalista, faccia la giornalista». 

L’ultima occasione di protesta sarebbe il buffet, sotto un’altra tenda. Esporre un cartellino tipo «La Nato mangia tanto»? Inutile, taccuini e telecamere sono a riposo. Intanto un reporter della zona dice che a causa della guerra in Libia l’astuta compagnia Ryan Air fu risarcita con 3 milioni di euro (il Comune molto meno) per aver subito una riduzione dei voli da e verso Trapani, a causa dei continui voli militari a due tiri di schioppo dalle piste civili.
Comunque nel ripartire in pullman – finalmente senza militari e senza media – verso Palermo in un pomeriggio di fresco sole, e poi in nave per il continente, viene in mente «Hanno fatto la manifestazione» nell’epica canzone «I treni per Reggio Calabria» di Giovanna Marini. Ma, a parte i cartelli scritti a mano, si parla di altri tempi, il 22 ottobre1972. Allora si rischiava molto anche a manifestare pacificamente. Nell’Italia del 2015 invece andare alla marcia No – Trident Juncture per le vie di Napoli, il 24 ottobre, è un obbligo senza spine.

Ecco infine la poesia di Elias, sfollato iracheno

    IL MONDO DOPO LA DISSOLUZIONE DELLA NATO (ma in realtà si chiama «Il sogno di un uomo»)
La guerra finirà
pianteremo alberi
perché rimangano
non perché siano legna da ardere
con i nostri bambini e giovani e
anziani pianteremo fiori
alle frontiere
e grano nei campi dei soldati
trasformeremo le prigioni in musei.
La guerra finirà
faremo pace fra di noi
insieme sradicheremo le mine
come i contadini sradicano le infestanti
al ritmo dei suoni del raccolto
chiuderemo le fabbriche di armi
diventeranno ospedali e scuole materne
e i veicoli militari
diventeranno bus scolastici
una volta ridipinti con arcobaleni a onde.
La guerra finirà
alzeremo la bandiera dell’amore e della tolleranza
cantando per gli umani e la natura
applaudendo insieme
con risate e sorrisi puri
metteremo vasi di fiori alle nostre porte
ogni fiore da una parte diversa del mondo
ordiremo un arazzo colorato
ogni filo da una nazione.
La guerra finirà
ciascuno benderà le altrui ferite
pianteremo gelsomini
sulle tombe delle nostre vittime.

giovedì 22 ottobre 2015

Direct action "NATO MUST DISSOLVE" in front of NATO deputy-secretary gen., Sicily Oct 19th



SHORT AND SMALL HISTORY OF A PROTEST WITH A BANNER
NATO MUST DISSOLVE AND “NATO NEVER PAYS FOR ITS CRIMES”, PLUS SHORT SPEECH AT THE PRESS CONFERENCE OF THE NATO TRIDENT JUNCTURE, 2015
         Marinella Correggia



I hope that this short description of my non-violent direct action against NATo “kapò” can be useful for similar “attacks”. Sometimes, even alone or in few, it is possible to act. Marinella Correggia, ecopeace activist. Email: mari.liberazioni(at)yahoo.it

1.       When I came to know that the NATO Trident Juncture  (http://www.jfcbs.nato.int/trident-juncture.aspx) would have a big show in Italy, with a huge opening ceremony with press conference at the military airport of Trapani, I asked to be accreditated as a free lance journalist just sending the form to Brunssum (Netherlands). I was accreditated, inspite of the bad questions I had made at the time of Nato press conferences in Naples during the bombings of Libya in 2011. I think they did not checkOr they dont care?  

2.       Nato was providing a plane for journalists from Rome till Trapani but OF COURSE I did not profit of that and instead reached Trapani with 18 hours bus from Rome (I then came back by ferry from palermo). I had prepared the banner you see in the picture, on two sides. Luckily, the dogs were just searching for explosives, and the detectors for weapons. The weapon of a protest is not dangerous enough for NATO, or they did not expect rebel media?

3.       I entered the airport. I was tempted to do the action during the enfatic opening ceremony during which Nato was painted as the savior of humanity against the bad guys and countries. But I wanted also to have time to talk a bit. So, I waited for the press conference with the deputy secretary-general (American) Vershbow and some Italian and Nato military men and politicians. After 2 questions by the international and Italian media (very kind with NATO and basically targeting Russia), I insisted raising my hand (hte non brone one).

4.       They gave me the microphone. So, I said to the Vershbow: «You said that NATo is necessary to fight against the terrorism in Middle East and North Africa. You said that NATo must defend its member from threats from the East, South and North. You spoke about failed Staes like Libya exporting terrorism and desorder. BUT it was exactly NATO war in Libya which put to power the jihadist who helped spread the terrorism elsewhere, and it was NATo which created a failed State in Libya. And are NATO members who destroy countries with direct or proxy wars. And it was NATO which bombed the hospital in Afghanistan days ago…But inspite of this tragic record, WHY NATO never gets a criminal prosecution and, plus, just pay a pittance to victims?» They allowed me to talk (they have to behave polite).

5.       Then without waiting for the answer I raised the banner 
Of course 3 seconds, then it was removed by a soldier.  
         6.       I also gave Verhbow’s  (when he was going) the  poem “A post-NATO peace                  world”, by an Iraqi.
7.       During the following “static display” of  planes and elicopters and tanks, and the fly of them, I prepared with a piece of paper a banner “NATO KILLING MACHINE”, immediately removed.
8.       Note: the media were NOT simpathetic to me (apart from some local ones or few whom I knew - but did not write).

mercoledì 21 ottobre 2015

Il generale Mini critica Trident Juncture 2015

Il Fatto Quotidiano, 21 ottobre 2015
Il generale Mini critica Trident Juncture
"I giochi di guerra della Nato non fanno bene ai veri conflitti"
di Roberta Zuini
Era dal 2004 che la Nato non organizzava nel Mediterraneo un' esercitazione robusta come quella appena iniziata. Il generale Fabio Mini è molto critico nei contronti di Trident Juncture 2015, che vede anche la partecipazione di Stati fuori dall' Alleanza Atlantica come Ucraina, Bosnia, Macedonia e Australia. "Con questa iniziativa seppur legittima, viene violata una regola fondamentale in ambito militare, ovvero mai fare esercitazioni in un' aerea dove sono in atto conflitti."
Mini ricorda che questa operazione era stata pianificata nel 2013 in vista dell' uscita della Nato dal teatro iracheno e afgano e quando ancora la Russia non aveva annesso unilateralmente la Crimea, non era entrata nel Dombass ucraino e non era mai intervenuta in Siria. "Se le cose fossero rimaste come erano 2 anni fa, cioè non ci fossero stati questi pericoli russi, il comando militare Nato con base a Brunssum nei Paesi Bassi, il cuore dell' Alleanza militare in Europa, sarebbe rimasto "disoccupato", diminuendo la propria importanza. Ma la situazione è cambiata e la Nato avrebbe fatto meglio a sospendere questa prova muscolare perchè il rischio che venga percepita da Putin come una provocazione è molto alto". Il generale, in pensione, ritiene che possano nascere incidenti in grado di infiammare le due aree: siriana e ucraina.

"Oggi si rischia molto più di questo e non il momento giusto visto l' accordo di de-escalation tra USA e Russia. ma è anche vero che da Brunssum la componente europea della Nato aveva bisogno di ritrovare il nemico russo per dare un senso alla propria esistenza. Certo ci potrà essere una nuova sospensione, ma sarebbe stato meglio non dare il via alle manovre nel Mediterraneo orientale". Secondo l' esperto, Trident Juncture, anzichè mostrare la forza della Nato, potrebbe sortire l' effetto opposto: "Se qualcosa non funzionerà , se ci saranno incidenti - per esempio un aereo radar sconfinerà sulla Siria, o le navi si avvicineranno troppo alla Crimea - Putin ne avrà da guadagnare ".

martedì 20 ottobre 2015

"Nato must dissolve"-Contestazione all' esercitazione Nato Trident Juncture 2015



L' attivista "eco-pax-socialista"(questa definizione è mia, lei preferisce presentarsi come attivista ecopacifista), di professione giornalista e scrittrice, Marinella Correggia espone il suo cartello durante la conferenza stampa di presentazione dell' esercitazione Nato Trident Juncture 2015 all' aeroporto di Trapani.

I prossimi appuntamenti di mobilitazione contro l' esercitazione Nato Trident Juncutre 2015

24 ottobre, Napoli, manifestazione nazionale

31 ottobre, Marsala, manifestazione regionale dei comitati siciliani
(sicuramente in coincidenza con questo evento ci saranno iniziative anche in altre città italiane)

Attivista ecopacifista contesta la conferenza stampa della Nato



Marinella Correggia, attivista ecopacifista, giornalista e scrittrice (ma preferisce la prima definizione), ha esposto questo cartello alla Conferenza stampa della Nato che si è tenuta ieri a Trapani per la presentazione della esercitazione Nato Trident Juncture 2015.

Nel tardo pomeriggio, appena tornata dalla Sicilia nella sua Torre in Sabina, invierà un "rapportino" su questa sua esperienza.

Marinella il 28 febbraio 2013, quando ancora la sigla "Isis" era conosciuta da pochi, espose un cartello davanti Kerry, il ministro italiano Terzi e il capo dell' opposizione siriana sostenuta dall' occidente, Khabib, con scritto

USA, UE, Nato, in Siria sostengono terroristi,

sabato 17 ottobre 2015

Marsala,31 ottobre,contro la NATO e la guerra



Marsala, 31 ottobre ore 15.00, manifestazione regionale contro la Nato e la guerra

Contro l' esercitazione NATO a Birgi

Comitato regionale No Muos

martedì 13 ottobre 2015

Toscana,effetto Renzi su morti su lavoro:da 43 a 76,+72%



In  Italia 100 morti in più per infortuni sul lavoro, più 15%

Ma in Toscana l' aumento è del 72% e i morti sul lavoro passano da 43 a 76
Altri aumenti notevoli in Umbria e Marche.

Queste sono tutte regione che vengono considerate "rosse", ma dove grazie a Renzi il lavoro ora viene considerato in modo diverso.

Marco

INFORTUNI MORTALI

ITALIA: 2015 752 - 2014  652
Variazione 2015 rispetto ai primi otto mesi 2014  +15,33%
ABRUZZO: 2015  27 - 2014  20
BASILICATA: 2015  6 - 2014  13
CALABRIA: 2015  12 - 2014  10
CAMPANIA: 2015  67 - 2014  42
EMILIA ROMAGNA: 2015  50 - 2014  70
FRIULI V.G.: 2015  13 - 2014  13
LAZIO: 2015  72 - 2014  60
LIGURIA: 2015  11 - 2014  16
LOMBARDIA: 2015  111 - 2014  87

MARCHE: 2015  25 - 2014  19

MOLISE: 2015  9 - 2014   7
PIEMONTE: 2015  51 - 2014  53
PUGLIA: 2015  46 - 2014  54
SARDEGNA: 2015  14 - 2014  16
SICILIA: 2015  51 - 2014  49

TOSCANA: 2015  76 - 2014  43

TRENTINO A.A.: 2015  18 - 2014  15

UMBRIA: 2015  17 - 2014  11

VALLE D’AOSTA: 2015  0 - 2014  1
VENETO: 2015  76 - 2014  76

Roma,Campidoglio 15 ottobre, sit-in di denuncia contro regime saudta

Presidio a Roma il 15 ottobre per salvare Ali e denunciare il regime saudita


La Rete NoWar-Roma indice un Presidio in piazza del Campidoglio per rompere l'omertà dei media intorno al regime repressivo e crudele dell'Arabia Saudita. L'ultimo episodio: Ali al-Nimr, ventenne, sta per essere decapitato e crocefisso per aver contestato il governo.
9 ottobre 2015 - Stefania Russo (Rete NoWar-Roma)
Yemen bombardato dal regime saudita. Insert: Ali al-Nimr.
 L’Arabia Saudita è una monarchia dittatoriale: dallo scorso marzo bombarda senza tregua lo Yemen e il suo popolo e, con i suoi blocchi navali, impedisce l’arrivo degli aiuti umanitari.


È anche il maggiore sponsor del sedicente stato islamico e delle sue oscene devastazioni.

L’Arabia Saudita non vuol nemmeno rispondere della morte di quasi 1000 pellegrini calpestati dalla folla in marcia verso La Mecca.

Ora, in Arabia Saudita, Ali Mohammed Baqir al-Nimr, un ragazzo di 20 anni, è in attesa di essere decapitato e poi crocifisso.

Il giovane fu arrestato nel 2012 mentre partecipava ad una manifestazione in favore dello zio, un famoso imam sciita conosciuto per la sua militanza contro il regime saudita, a sua volta condannato a morte. Ali al-Nimr è stato processato privo di assistenza legale, e sotto tortura, costretto a confessare presunti reati commessi all’età di 17 anni, ancora minorenne.

Nel 2010, il Campidoglio si unì alla campagna nazionale di sensibilizzazione per salvare Sakineh, la donna condannata a morte in Iran e amnistiata nel 2014, esponendo la sua gigantografia in piazza del Campidoglio. Chiediamo che anche il caso di Ali al-Nimr venga considerato con la medesima indignazione e mobilitazione riservate alla donna iraniana.

La Rete No War convoca a Roma, giovedì 15 ottobre, un presidio in Piazza del Campidoglio dalle ore 16.00 alle ore 19.00 per sostenere Ali al-Nimr e denunciare le nefandezze dell’Arabia Saudita da poco alla guida del gruppo consultivo del Consiglio dei diritti umani dell’Onu!

Per adesioni e contatti: mari.liberazioni@yahoo.it oppure steffruta@gmail.com.




domenica 11 ottobre 2015

Peace Association of Turkey: Basta con una politica sanguinaria

1ankara

Gli amici della Peace Association of Turkey, da sempre attivi contro le politiche sanguinarie e guerrafondaie del governo Erdogan (perfettamente allineate con  la macchina da guerra Nato/Golfo), in risposta alle condoglianze per l'ultimo massacro, mi pregano di diffondere questo loro comunicato, da me malamente tradotto. Marinella

Basta con una politica sanguinaria

Un centinaio di persone hanno perso la vita e molte di più sono state ferite in un'esplosione verificatasi ad Ankara, in Turchia, alla manifestazione che aveva come slogan "Contro la guerra, pace ora". Questo attacco mira a terrorizzare non solo chi manifesta ma l'intera società. Gli assassini mirano a far sì che il nostro popolo si abitui al terrore e alla violenza. Il loro obiettivo è rendere le persone disperate e impaurite, così che non scendano più in strada. 
L'attacco, chiunque l'abbia perpetrato è da ricondurre alle politiche sanguinarie del partito di governo, l'Akp, che vanno avanti da anni e che di recente hanno conosciuto un escalation. Gang islamiste reazionarie, favorite in particolare dall'ostilità contro la Siria, stanno ora tornando in Turchia, sapendosi garantite dal governo Akp. E' noto che questi gruppi fanno parte delle politiche sanguinarie dell'Akp. Per anni, hanno agito come esecutori a beneficio dell'imperialismo e continuano questo ruolo in Turchia. 
Il governo Akp, che non può tollerare nemmeno di sentir parlare di pace, non esista a ricorrere a qualunque strumento per le sue politiche violente. 
Opporvisi è dovere di tutti quelli che amano la pace e delle forze progressiste. La migliore risposta che il nostro popolo possa dare a questo crudele attacco ad Ankara è compiere questo dovere. E' l'unico modo di rispondere ai fini dell'imperialismo e del suo collaboratore Akp, e di arrivare a una vera pace.
Il nostro popolo non si chinerà davanti all'imperialismo e ai suoi collaboratori. 

Peace Association of Turkey
Istanbul, 10.10.2015

mercoledì 7 ottobre 2015

Loris De Filippis,MsF Italia: governo italiano spieghi raid di Kunduz


Risultati immagini per strage kunduz foto





Loris De Filippis, responsabile italiano di MsF al Fatto Quotidiano del 7 ottobre 2015

Intanto vorrei che il governo (italiano n.d.r.) spiegasse il raid di Kunduz


Preferisco non esprimermi nel merito specifico dell’ operazione militare. Faccio un altro lavoro: da responsabile italiano di Medici senza Frontiere non spetta a me giudicare se l’ Italia debba o meno intervenire in Iraq. Mi limito a far notare che negli ultimi 14 anni le operazioni della Nato nei teatri del Medio Oriente sono stati una costante. 

Non mi pare che i risultati siano stati quelli auspicati: la violenza in questi territori non è diminuita. Piuttosto, al governo e alle istituzioni del nostro paese, chiedo un’ altra cosa: vorremmo che l’ Italia, da membro della coalizione, contribuisca a far chiarezza sul raid che ha colpito il nostro ospedale a Kunduz, in Afghanistan, uccidendo 22 persone. 

Si è parlato prima di “danni collaterali”, poi di “tragici errori”. Nessuno ha fornito una spiegazione chiara. L’abbiamo già chiesto e lo chiediamo ancora: vogliamo sapere cosa ne pensa il governo italiano, che ancora non ha rilasciato nemmeno una dichiarazione al riguardo.

martedì 6 ottobre 2015

Kunduz,2009-130 civili uccisi da bombardamento NATO

KUNDUZ, STRAGE SENZA COLPEVOLI 14/12/13

Il tribunale ha respinto l'istanza degli afgani che chiedevano un risarcimento sostenendo che non c'è alcuna prova che il colonnello tedesco che chiese il sostegno aereo abbia violato le sue regole d'ingaggio. Più di cento morti ma nessuno è responsabile

Emanuele Giordana

Sabato 14 Dicembre 2013

Come nella leggenda omerica di Polifemo anche questa volta il nome del colpevole è “nessuno”. Ma la sentenza che tre giorni fa a Bonn ha respinto la domanda di risarcimento di decine di famiglie afgane non è una leggenda. E' una storia vera relativa a fatti del 2009, quando aerei della Nato, chiamati in soccorso da un colonnello tedesco, bombardarono nella provincia afgana di Kunduz centinaia di persone che stavano tentando di spillare gasolio da due autobotti, poco prima sequestrate dalla guerriglia. La strage di Kunduz è uno dei tanti episodi orribili di una guerra non ancora finita e che, in quel caso come in pochi altri, rende più evidente che mai la beffa tragica degli “effetti collaterali”.

Il tribunale ha respinto l'istanza degli afgani sostenendo che non c'è alcuna prova che il colonnello tedesco che chiese il sostegno aereo per colpire i dirottatori talebani delle due autobotti di gasolio (poi promosso generale), abbia violato le sue regole d'ingaggio. Secondo l'accusa, incarnata daI LEGALI Peter Derleder e Karim Popal, quest'ultimo avvocato afgano-tedesco che rappresentava le famiglie di 79 vittime (di 137 - secondo l'avvocato - che patirono una strage premeditata), invece la colpa è manifesta e i parenti chiedono legittimamente i danni alla Germania che, al momento, ha compensato le famiglie – e nemmeno tutte – solo con 5mila euro ciascuna. Famiglie che chiedono invece un riconoscimento dignitoso e dunque oltre tre milioni e che inoltre contestano quel versamento di buona volontà: «I soldi furono dati a un'assemblea di uomini in cui si intrufolò gente che non c'entrava nulla. Nessun indennizzo a vedove e orfani – ha detto Popal in un'intervista a Euronews – e nemmeno tutti coloro che rappresento hanno ricevuto quell'indennizzo». Di “buona volontà” appunto.

I giudici però hanno dato ragione al ministero della Difesa tedesco per il quale il colonnello Georg Klein, che chiese il sostegno aereo, rispondeva a ordini impartiti nell'ambito della missione Nato in Afghanistan e non agiva dunque esclusivamente per conto di Berlino. Insomma la Germania si gira dall'altra parte e sottoscrive la parola “nessuno” per i tedeschi. Infine, per tutto il resto e cioè la Nato, è possibile trincerarsi dietro un conflitto di competenze: il tribunale di Bonn non potrebbe affrontare un tema che tira in ballo leggi internazionali. Non lo riguarda e passa la palla. Gli afgani non si fermeranno e faranno ricorso a un tribunale più elevato, poi alla Corte europea.

La strage avviene nella notte tra mercoledi 3 e giovedi 4 settembre 2009 alla una e 49. La zona è quella di Kunduz, nel Nord dell'Afghanistan, presidio dei militari tedeschi. La ricostruzione dei fatti dice che un gruppo guerrigliero (la zona è controllata dall'Hezb-e-islami di Gulbuddin Hekmatyar) sequestra due autobotti dirette a rifornire magazzini Nato. Uno degli autisti sopravvissuto racconta che i guerriglieri (o banditi?) si impantanano con un mezzo sulla riva di un fiume. I guerriglieri allora fanno sapere alla gente del vicino villaggio di Omar Khail, dove forse erano diretti, che possono venire a prendersi il gasolio. E' una vecchia storia che si ripete e l'attacco alle autocisterne ha almeno un precedente noto, l'anno prima a Gazni: con vittime e decine di ustionati.

Sul posto intanto arrivano due F-15 chiamati dai tedeschi. Aspettano l'ultimo segnale che arriva inesorabile, nonostante le perplessità di uno dei piloti americani. I caccia sganciano due bombe da 230 chili l'una, nome in codice Gbu-38. I due camion cisterna vanno a fuoco e con loro decine di poveracci accorsi a spillare il combustibile. Quanti morti? Quanti erano guerriglieri, quanti civili? All'inizio le vittime sono novanta. Poi il bilancio oscilla, assieme ai vari distinguo, tra 60 e 150. Abdul Wahid Omarkhel, allora governatore del distretto settentrionale di Chardarah, sostiene che sarebbero 130 le vittime del raid mentre testimoni oculari raccontano all'agenzia Pajhwok che, sul luogo dell'attacco, non si trovavano guerriglieri ma solo la folla chiamata a dividersi il bottino. Secondo altre fonti invece, gli uomini armati vicino alle autobotti erano una quarantina. Difficile desumerlo dai resti carbonizzati.

Per Javier Solana, allora capo delle diplomazia Ue, è un «episodio terribile». Il segretario generale della Nato dell'epoca, Andres Rasmussen, promette «piena luce». La Gran Bretagna sollecita un'inchiesta e, dopo qualche mese, in Germania scoppia un piccolo terremoto: in novembre arrivano le dimissioni del capo dello stato maggiore dell’esercito, generale Wolfgang Schneiderhan, e del sottosegretario alla difesa, Peter Wichert. Poi è la volta del ministro del Lavoro tedesco, Franz Josef Jung, titolare della Difesa all'epoca dei fatti. Li accusa un video pubblicato da Bild dove chiaramente si vede la folla attorno ai camion. Tutti sapevano dunque. Ma “nessuno” è responsabile.


Questo articolo è uscito oggi su il manifesto. Commentalo su Great Game il blog di Emanuele Giordana

http://www.lettera22.it/showart.php?id=12803&rubrica=64

Kunduz: a inizio luglio 2015 forze speciali afgane entrarono nell'ospedale di MsF

.07.2015 - AFGHANISTAN

AFGHANISTAN: VIOLENTE INTRUSION D’HOMMES ARMÉS DANS L’HÔPITAL DE KUNDUZ

MSF condamne l’intrusion des membres armés des forces spéciales afghanes dans le centre de traumatologie de l'organisation à Kunduz, en Afghanistan.
Afghanistan, 13.05.2015
A l'intérieur de l'hôpital de MSF à Kunduz, en Afghanistan, en mai 2015.
CE LIEN EST?...
Cet incident constitue une violation inacceptable du droit international humanitaire qui protège les services médicaux de ce type d’attaques.
Le mercredi 1er juillet, à 14h07, des hommes lourdement armés appartenant aux forces spéciales afghanes ont pénétré dans l'enceinte de l'hôpital MSF, bouclé la structure et tiré en l'air. Les hommes armés ont agressé physiquement trois membres du personnel MSF et ont ensuite procédé à l'arrestation de trois patients. Alors que le personnel hospitalier essayait de continuer à assurer les soins médicaux à ces patients, un membre de notre personnel a été menacé avec une arme. Après environ une heure, les hommes armés ont libéré les trois patients et quitté l’enceinte de l'hôpital.

L’incident met en danger la vie de milliers de personnes

«Nous sommes choqués par cet incident», commente le Dr Bart Janssens, directeur des opérations de MSF. «Depuis son ouverture en 2011, le centre de traumatologie de Kunduz est un endroit où tous les patients peuvent bénéficier de soins médicaux et chirurgicaux gratuitement et en toute sécurité. Ce grave événement met en danger la vie des milliers de personnes qui comptent sur notre centre de soins d'urgence».
Dans tout le nord-est de l'Afghanistan, le centre MSF de Kunduz est la seule structure à fournir des soins vitaux et de traumatologie orthopédique de haut niveau. En 2014, plus de 22 000 patients y ont reçu des soins et plus de 5 900 interventions chirurgicales y ont été effectuées. Dans un contexte volatile, MSF a pu fournir ces soins en s’assurant que ses activités médicales soient reconnues et respectées par la communauté et toutes les parties au conflit.
MSF interdit strictement l’introduction de toute arme au sein de ses structures. Les menaces qui pèsent sur le personnel et les patients de MSF et notre incapacité à fournir des soins médicaux dans un environnement sécurisé, nous obligent à suspendre temporairement nos activités au centre de traumatologie de Kunduz. Nous avons demandé, en urgence, à rencontrer les ministres de la Défense et de l'Intérieur afghans, afin de demander des garanties officielles de respect de notre travail médical et de s’assurer qu'un tel incident ne se reproduira pas.

Neutralité et impartialité

«Dans toutes les zones de conflit où MSF travaille, nous ne prenons jamais parti», explique le Dr Janssens. «Nos médecins soignent tous les patients en fonction de leurs besoins médicaux, sans distinction de race, d'origine ethnique, de croyance religieuse ou d'appartenance politique. Toute personne blessée ayant besoin de soins médicaux d'urgence en bénéficiera au centre de traumatologie MSF de Kunduz».
MSF a travaillé pour la première fois en Afghanistan en 1980. En Afghanistan, MSF soutient le également le ministère de la Santé à l'hôpital Ahmed Shah Baba, situé à l'est de Kaboul ; à la maternité de Dasht-e-Barchi, située à l'ouest de Kaboul ; et à l’hôpital de Boost, à Lashkar Gah, dans la province de Helmand. A Khost, dans l'est du pays, MSF gère une maternité au sein d’un hôpital. Nos activités en Afghanistan reposent uniquement sur des financements privés ; MSF n’accepte aucun financement gouvernemental.

giovedì 1 ottobre 2015

"Contro la guerra allo Yemen e tutti gli orrori sauditi"-manifestazione all'Ambasciata dell'Arabia saudita,Roma,2 ottobre.

Da Rete No War Roma

ROMA 2 OTT. h. 15 ad AMB. SAUDITA CONTRO GUERRA YEMEN E TUTTI GLI ORRORI SAUDITI


SIETE TUTTI ATTESI! E' la nostra quarta manifestazione a Roma contro l'Arabia saudita o meglio contro il regime dei Saud. Lanceremo la proposta di manifestazioni piccole e grandi ovunque nel mondo, da comunicare ai governi presso l'Onu.

 OVVIAMENTE IL NOSTRO OBIETTIVO è ANCHE PRETENDERE CHE L'ITALIA SMETTA DI CHIUDERE GLI OCCHI CONTINUANDO A ESSERE UNA GRANDE FORNITRICE DI ARMI AI SAUDITI: turpis pecunia!
NB. La manifestazione è regolarmente autorizzata

PRESIDIO DAVANTI ALL’AMBASCIATA DELL’ARABIA SAUDITA
RETE NO WAR CONVOCA VENERDÌ 02 OTTOBRE ALLE ORE 15.00 UN SECONDO PRESIDIO DAVANTI ALL’AMBASCIATA DELL’ARABIA SAUDITA, VIA PERGOLESI N. 9 (Villa Borghese)

per denunciare la lunga lista di violenze e sopraffazioni sia interne al Paese che fuori casa:

 l'aggressione aerea, da marzo a oggi contro lo Yemen, con le bombe e il blocco navale;

il potente sostegno all’Isis (il regime saudita è la più grande scuola di indottrinamento e ingaggio dei criminali che ne ingrossano le fila);

 la sua stretta e fedele alleanza con l’entità sionista; la sua diretta partecipazione al disfacimento della Siria;

il patto scellerato con gli Stati uniti (acquisto di armi in cambio di bassi prezzi del petrolio)  a spese di altri paesi e del clima;

la violazione impunita dei diritti più elementari, a danno degli oppositori, delle donne e dei lavoratori stranieri;

 il tentativo di creare una Nato del Golfo;

il ripetersi di stragi di pellegrini...ecc. ecc.... E poi l’ennesima condanna alla pubblica decapitazione e crocifissione, questa volta tocca ad Alì al-Nimr.

INSISTIAMO NEL DENUNCIARE APERTAMENTE LE INFAMIE DELL’ARABIA SAUDITA, PARTECIPIAMO INSIEME AL PRESIDIO.

TROVIAMOCI DAVANTI ALL'AMBASCIATA ALLE ORE 15.00. È IMPORTANTE CHE LA MANIFESTAZIONE SIA VISIBILE PRIMA CHE GLI UFFICI SAUDITI CHIUDANO