La Rete No War Roma
prima delle ultime elezioni politiche del 2013 invitò le liste presenti sulla
scheda elettorale ad una sua iniziativa “Ditelo prima”, nella quale chiedeva ai
candidati di precisare prima del voto
le posizioni sulla guerra che avrebbero poi eventualmente sostenuto in Parlamento.
Non ricordo se il titolo dell’ incontro nacque da un mio
input, ma ero rimasto molto colpito quando nel 2006 il governo Prodi si trovò a
dover votare la guerra in Afghanistan e nessuno di noi che avevamo votato o
sostenuto direttamente il Prc aveva previsto e chiesto un pronunciamento
preventivo su un passaggio che sarebbe arrivato inevitabilmente.
All’ appuntamento
pubblico della Rete No War Roma intervennero Loredana De Petris, poi capogruppo al Senato di Sel in quelle elezioni
nella coalizione del Pd, un esponente romano del Movimento 5 Stelle, un
candidato del Partito Comunista dei Lavoratori,
e per Rivoluzione Civile, che
candidava Ingroia a premier, Fabio Marcelli e Gabriella Guidetti, nostra attivista
e candidata alle regionali del Lazio.
Questa campagna elettorale si presenta molto più complicata
e le liste presenti non sono ancora ben definite. Però molte tra le possibile
presenze potrebbero aprire subito una discussione su guerra e disarmo e i due
temi dovrebbero essere un tema decisivo per le alleanze tra le forze politiche,
che sono numerose e piccole.
Una forza politica che
ha già deciso la presentazione di una sua lista è l’ aggregazione tra Sinistra
Italiana, Possibile e Mdp-Articolo Uno ed ha al suo interno esponenti che in
passato hanno avuto sulla guerra posizione contrapposte. Tra tutti citiamo Massimo D’
Alema, presidente del governo che partecipò alla guerra in Kosovo, e Giulio Marcon, che con Don Luigi
Ciotti, Pietro Ingrao e ambienti dell’ Arci, si oppose nelle piazze alla guerra
portata avanti dal governo D’Alema.
In fondo a questo
scritto uno stralcio del volume di Marcon “Fare la pace” relativo alla guerra
del Kosovo.
Nel 2018 le situazioni saranno diverse ed abbiamo anche una
nuova legge quadro per le missioni militari internazionali all’ estero. Ma arriveranno in Parlamento inevitabilmente scelte
importantissime sul tema guerra e disarmo, ed è bene che le forze politiche non
riescano nel loro intento di nascondere la loro ignavia o il loro diretto
sostegno nei confronti delle guerre.
I due temi che
saranno affrontati sicuramente nella prossima legislatura sono:
la partecipazione
alla guerra in Afghanistan
e l’ aumento delle
spese militari, voluto dagli USA ,dalla NATO
e chiesto in modo plateale da Trump
Su entrambi i temi in passato ci sono state posizione
opposte tra gli esponenti della coalizione Sinistra Italiana, Possibile e Mdp-Articolo uno.
Ora l’ alleanza si candida insieme alla guida del paese e indica un suo capo
politico, perché obbligata dalla legge elettorale ma non solo.
Quale posizione terrà in Parlamento sulle due questioni ?
Dobbiamo chiederlo subito. L’ ambiguità è uno degli
strumenti abitualmente usati dai politici per sostenere scelte potenzialmente
impopolari o divisive. Per contrastare le guerre e il riarmo è utilissimo quindi
chiedere prima del voto alle forze politiche le loro posizioni precise.
Di seguito da uno
stralcio dal “Fare la pace” di Giulio Marcon dove l’ attuale capogruppo di
Sinistra Italiana a Montecitorio racconta
la nascita della mobilitazione contro la partecipazione italiana decisa da Dal
governo D’Alema alla guerra del Kosovo.
26 marzo Si riunisce il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite. Un documento di condanna dell’intervento della Nato viene votato da
Cina, Russia e Namibia e respinto dagli altri 12 membri del Consiglio. Intorno
alle 17 si fa un sit-in davanti al Parlamento. La manifestazione è improvvisata
(200-300 persone). È di fatto una manifestazione autoconvocata: chi ha voluto,
ha aderito.
Dopo ci spostiamo in
un bar, davanti al cinema Capranichetta, per riunirci ancora con le
associazioni. Con Raffaella abbiamo già deciso: organizzare una manifestazione
nazionale per il 3 aprile. Serafini di Legambiente invece sostiene un’altra
proposta: una marcia in Campidoglio a metà settimana (per poi fare una
manifestazione nazionale il 10 aprile). Rifondazione vuole fare una
manifestazione di studenti. Ci impuntiamo e ci battiamo per il 3 aprile per
fare un corteo promosso dalle associazioni che si sono impegnate con
l’intervento umanitario in questi anni in ex Jugoslavia. I partiti, se
vogliono, aderiranno. Ma il 3 aprile è il sabato prima di Pasqua: ci sono molte
obiezioni. Queste derivano dal fatto che a proporre tale manifestazione sono le
associazioni: i partiti non hanno ancora detto niente, mentre “il manifesto”
punta sul 10 aprile.
Noi insistiamo. Pensiamo che la gente ci venga: c’è il
clima adatto, riceviamo tante telefonate che ci invitano a muoverci. La nostra
argomentazione è: i bombardamenti sono iniziati il 24 marzo. Non possiamo
aspettare 17 giorni per fare una manifestazione nazionale. Ironizziamo su chi
invita a essere prudenti: è Pasqua e c’è il rischio che venga meno gente per le
gite fuori porta. Da Piazza Montecitorio, andiamo a via Tomacelli dove c’è la
redazione de “il manifesto”: la riunione si continua in una piccola stanza,
dove lavora Gigi Sullo. La discussione si protrae per qualche ora: c’è
Cremaschi (segretario Fiom del Piemonte) e altri della Fiom di Brescia
(Zipponi) che sono contrari. Loro vogliono farne una per il 10 aprile. Questa
manifestazione (la loro) sarebbe la convergenza di diverse forze: Rifondazione,
il manifesto, Cgil “di sinistra”, pacifismo “antagonista”. Ci sono una serie di
telefonate di Cremaschi e di alcuni del giro de “il manifesto” con Bertinotti
per consultazioni (così ci dicono). I redattori de “il manifesto” sono divisi:
una parte (Gigi Sullo, Tommaso Di Francesco, Roberta Carlini) è d’accordo con
noi, gli altri (tra questi Valentino Parlato) insiste per il 10 aprile.
Noi ripetiamo: vogliamo fare una manifestazione gestita
dalle associazioni, senza intrusioni dei partiti. Valentino Parlato cerca di
convincer ci. “Vedrete: non verrà nessuno. Come pensate di fare una
manifestazione senza il sostegno di noi sindacalisti? Chi li organizza i
pullman?”, chiede Cremaschi. Tutta questa discussione ha un effetto sgradevole.
Tatticismi, politicismi, acrobazie di una politica che avevo dimenticato da
anni. Alla fine comunque ci impuntiamo e rischiamo. Non ci sono pullman e non
ci sono soldi. L’Arci ci può mettere qualche milione di lire, ma poco di più.
Lo stesso per l’Ics. Sugli altri non si può contare. Siamo abbastanza soli. La
riunione a “il manifesto” si interrompe, bisogna scappare perché Lerner ci ha
invitato alla sua trasmissione, per parlare della situazione umanitaria in
Kosovo. C’è anche Anna Eva che è molto efficace nel descrivere l’opera dei
volontari in Kosovo. Accenno al fatto che c’è anche un’”altra” Serbia,
democratica e non nazionalista, e un serbo fascistoide – che viene regolarmente
invitato da Lerner perché ha una buona resa televisiva, una sorta di
ventriloquo italiano di Milosevic – mi aggredisce. Lucio Caracciolo mi difende.
In una pausa pubblicitaria chiedo al sottosegretario Minniti perché non
accogliamo in Italia i profughi albanesi cacciati dal Kosovo dalle bande serbe.
“Il problema non si pone...”. La trasmissione riprende
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