venerdì 30 marzo 2018

Alberto Negri (Sole24ore)su Il manifesto "Destabilizzazione, un' arte americana"


Ilmanifesto, 30 marzo 2018
Alberto Negri

Guerre e fake news. Per mascherare 40 anni di fallimenti, gli Stati uniti ripropongono metodi da guerra fredda per minare la Russia, esigenza condivisa dal mondo occidentale, e per contrastare l’espansionismo sovietico in Asia e in Africa

Siamo entrati in una nuova fase dell’età delle destabilizzazione. Non bastava la bufala delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein nel 2003, non erano sufficienti i disastri delle primavere arabe con la guerra per procura contro l’Iran in Siria e il bombardamento di Gheddafi in Libia: bisognava fare un salto di qualità mettendo alle strette la Russia che ha vinto la guerra in Ucraina con l’annessione e della Crimea nel 2014 ed è diventata dal settembre 2015 il player decisivo a Damasco.

Ci voleva una nuova guerra fredda perché gli Stati Uniti e la Nato sono usciti strategicamente a pezzi dal confronto con Mosca, in particolare proprio in quel conflitto al terrorismo iniziato nel 2001 dopo le Torri Gemelle. Gli europei, pur di abbattere Assad insieme agli Usa e alle monarchie arabe, sotto lo sguardo attivo dell’aviazione di Israele nel Golan siriano occupato dal 1967, hanno esportato dalle loro periferie e poi importato il jihadismo del Medio Oriente mentre gli Stati Uniti sono stati costretti a tornare sul terreno in Iraq e poi anche in Siria con risultati quanto meno contradditori, fino al tradimento degli alleati curdi siriani abbandonati alla furia turca.

Inoltre gli europei hanno visto arrivare ondate di profughi: pur di bloccare la rotta balcanica la Germania e l’Europa si sono gettate in braccia al ricatto del presidente turco Tayyip Erdogan. Che oggi si è fatto la sua «fascia di sicurezza» in territorio siriano con l’approvazione di Russia e Iran.
Spicca in questo quadro la posizione dell’Italia che persevera nella sua dabbenaggine atlantica. Non paga di avere visto distruggere il suo più importante alleato nel Mediterraneo, di avere accolto maree di rifugiati dall’Africa – con la conseguenza che l’immigrazione è diventato il tema che ha ribaltato il quadro politico interno – si è accodata alle espulsioni dei diplomatici russi con un governo Gentiloni che neppure all’ultimo è stato capace di emettere un sussulto. Ci vogliono così, docili.

E Di Maio e Salvini, i «nuovi», sono subito corsi dall’ambasciatore americano a Roma mentre si stava facendo ancora il nuovo esecutivo: come se non bastasse per andare al governo la legittimazione del voto del popolo italiano, dimostrando che l’anelito di sudditanza dei nostri politici non conosce salti e vuoti generazionali: meglio, di sicuro, della Nazionale di calcio.
Ma per stare al passo nella nuova era della destabilizzazione non basta seguire i vecchi copioni. Quando a Istanbul il 4 aprile si incontreranno Erdogan, Putin e il presidente iraniano Hassan Rohani, si materializzerà probabilmente un serio tentativo di spartizione in zone di influenza della Siria: un Paese della Nato, la Turchia, prova dunque a mettersi d’accordo con il «nemico», ma nessuno osa dire una parola, né l’Alleanza Atlantica né gli americani.

La Turchia ha cambiato campo ma non si può certificare perché ospita dozzine di basi Nato e i missili Usa puntati contro Mosca e Teheran.

Per mascherare questi fallimenti la Gran Bretagna, in concorso con gli Usa e la Nato, non ha esitato a strumentalizzare l’oscura vicenda dell’agente russo Skipral e del gas nervino. In mano però non abbiamo nessuna prova come pure sottolineava non un foglio particolarmente radicale ma il cattolico Avvenire, quotidiano moderato, puntuale nel rivelare le pesanti discrepanze che agitano l’Occidente.

Passa così in sordina anche la rielezione del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi: è così imbarazzante che non ne parla nessuno; dagli Stati Uniti alla Russia, alla Cina, all’Europa, si fa finta di niente. È uno dei pochi argomenti che uniscono nel silenzio la comunità internazionale: siccome tutti vendono armi al Cairo o ci fanno affari, nessuno ha intenzione di sollevare la questione della democrazia in Egitto.

mercoledì 28 marzo 2018

Santa Sede: In preparazione enciclica contro la deterrenza nucleare ?

Una foto scattata nel 1945, dopo oltre 70 anni, interpella e scuote ancora le coscienze. Ritrae un bambino di 10 anni che trasporta sulle spalle il cadavere del fratellino rimasto ucciso dopo lo scoppio della bomba atomica a Nagasaki. L’immagine - rende noto l’Osservatore Romano - ha fortemente scosso Papa Francesco che ha voluto farla riprodurre su un cartoncino. La fotografia è accompagnata dal commento “…il frutto della guerra”, seguito dalla sua firma autografa.


Il 19 marzo 2018 nel suo blog, ospitato dal sito del quotidiano francese l' Opinion, il giornalista Jean-Dominique Merchet, esperto di temi militari, ipotizza una prossima enciclica della Sante Sede sulle armi nucleari.
Al link di seguito il post originale in francese

M.P.

https://www.lopinion.fr/blog/secret-defense/saint-siege-prepare-encyclique-nucleaire-145273


La Santa Sede sta preparando una nuova enciclica sul nucleare militare, che dovrebbe condannare fermamente il principio stesso della deterrenza nucleare. Questa è già la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica da Pacem in Terris (1963), anche se a volte è stata espressa con sfumature. Nel luglio 2017, presso l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Santa Sede ha votato a favore di un trattato che vieta totalmente le armi nucleari.

In Francia, il vescovo con gli eserciti, Antoine de Romanet, è in prima fila. Tra i suoi fedeli, ci sono in effetti molti militari, tra cui ufficiali generali, praticanti cattolici ma responsabili dell'attuazione della deterrenza nucleare. Al di là della disciplina intellettuale inerente alla loro funzione, molti generali - in primo piano - mettono in discussione la rilevanza politica e morale della deterrenza. Ma è ovviamente vietato parlarne pubblicamente ...

martedì 27 marzo 2018

Nuclear Weapons- Palestine, Costa Rica, Austria - Ican: Ban treaty attracts new adherent


http://www.icanw.org/campaign-news/ban-treaty-attracts-new-adherents/

The Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons (TPNW), signed in September 2017, is attracting new adherents. The Treaty was adopted by 122 states to a standing ovation at the UN General Assembly.
With Palestine joining the Treaty on 22 March, six UN member states and permanent observers have now ratified the TPNW. And with the parliaments of Costa Rica and Austria voting unanimously in support of the ban on 15 and 21 March respectively, the TPNW looks set to attract another two members before long.
ICAN welcomes the steady growth of the ban-treaty community and notes that the rate of ratification is of a similar speed to that of comparable legal instruments, such as the 2013 Arms Trade Treaty and the 2008 Oslo Convention on Cluster Munitions.
“It is inspiring to see responsible states standing up to the nuclear-armed states’ inflammatory rhetoric and indefinite retention of weapons of mass destruction by ratifying the TPNW”, says ICAN’s Executive Director, Beatrice Fihn. “The voices of fire and fury should not be met with silence. All states should move rapidly to join the ban treaty.”

The TPNW will enter into legal force once it has been ratified by 50 states.

domenica 25 marzo 2018

L'Austria ratifica il Trattato ONU che proibisce le armi nucleari. E' la NATO e non l' U.E. che impedisce all' Italia di approvare l' importante accordo.


ll Consiglio Nazionale dell' Austria, una delle due camere del paese, ha ratificato il Trattato che proibisce le armi nucleari approvato dall' Assemblea delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017.

Per entrare in vigore il Trattatato dovrà essere ratificato da almeno 50 paesi. Da quel momento i paesi che possiederanno armi nucleari per il diritto internazionali saranno fuorilegge.
Attualmente hanno sottoscritto l' accordo 57 paesi ma al 27 marzo 2018 solo 6, tra cui Città del Vaticano e Cuba, lo hanno ratificato. Anche l' Austria ancora non è stata ancora inserita sul sito dell' Icanw tra i paesi che hanno ratificato il documento, forse perchè è necessario qualche altro passaggio istituzionale. Però il Consiglio Nazionale dell' Austria, una delle due assemblee elettive austriache, ha approvato la ratifica del trattato il 21 marzo, come si può vedere dalle righe che seguono in lingua tedesca tratte dal sito del Parlamento austriaco.

In Italia la notizia ancora non è stata diffusa. Ho saputo della ratifica perchè è stata citata dal professor Giuliano Pontara, uno dei più prestigiosi esperti mondiali di nonviolenza, in occasione di due incontri tenuti a Roma: venerdì alla facoltà di Filosofia, organizzato dal Movimento Nonviolento, sabato nella Comunità di Base di San Paolo, una preziosa eredità lasciata da Don Giovanni Franzoni recentemente scomparso.

L' Austria è stata tra i paesi promotori del trattato, uno dei quattro paesi dell' Unione Europea a votare a favore, insieme a Cipro, Irlanda, Svezia.
L' Unione Europea infatti non ha preso una decisione unanime sul trattato, ma ogni paese ha scelto autonomamente.

E' l' Alleanza Atlantica, la NATO, che ha invece imposto a tutti i paesi membri di boicottare il Trattato costringendoli addirittura a non partecipare ai lavori dell' Assemblea delle Nazioni Unite che ha discusso l' accordo.

Così paradossalmente abbiamo la Grecia di Tsipras, ma paese menbro della NATO, che ha boicottato il Trattato e l' Austria, guidata ora da un governo di centrodestra, che lo sta ratificando.

Marco Palombo.

Wien (PK) - Im Juli 2017 haben sich 122 Mitgliedsstaaten der Vereinten Nationen für ein völkerrechtliches Nuklearwaffenverbot ausgesprochen. Mit der einstimmigen Ratifizierung heute im Nationalrat ist Österreich eines der ersten Länder, das den entsprechenden Atomwaffen-Verbotsvertrag ratifiziert. Einhellige Zustimmung gab es außerdem für das eigene Amtssitzabkommen für die Organisation für Sicherheit und Zusammenarbeit in Europa (OSZE) sowie den Einspruch Österreichs gegen den Beitritt Tunesiens zu internationalem Urkundenübereinkommen.

Parlamentsfraktionen über globales Wettrüsten besorgt

Der Atomwaffen-Verbotsvertrag ist ein völkerrechtlich verbindliches Abkommen zur weltweiten nuklearen Abrüstung und untersagt den Vertragsstaaten, Atomwaffen zu entwickeln, herzustellen oder an andere Staaten weiterzugeben. Die Vertragsstaaten verpflichten sich außerdem dazu, keinen anderen Staat bei der Entwicklung oder Einsetzung von Atomwaffen zu unterstützen oder ihn dazu zu verleiten. Nicht toleriert werden dürfen zudem Kernwaffen anderer Staaten auf dem eigenen Hoheitsgebiet.
Das Abkommen beinhaltet auch die Möglichkeit für einen Beitritt bzw. ein Abrüstungsverfahren für jene Staaten, von denen bekannt ist oder angenommen wird, dass sie derzeit Kernwaffen besitzen - darunter Frankreich, das Vereinigte Königreich, China, Nordkorea, Russland, Israel oder die USA. Der Vertrag tritt in Kraft, sobald 50 Staaten unterzeichnet haben.
"Hinter diesem Anliegen stehen wir felsenfest", unterstrich Markus Tschank die Position der Freiheitlichen und erinnerte an die verheerenden Auswirkungen der Atombombenabwürfe auf Hiroshima und Nagasaki in der Mitte des 20. Jahrhunderts. Das Schreckensszenario eines atomaren Dritten Weltkrieges dürfe niemals Realität werden, sagte Tschank, das damalige atomare Wettrüsten bzw. die politische Stimmung zwischen Ost und West sei heute vergleichbar angespannt. Großmächte wie die USA hätten sich sicherheitspolitisch nicht weiterentwickelt, das Anti-Atomwaffen-Abkommen sei in erster Linie eine Reaktion der UNO auf die Nichteinhaltung des Atomwaffensperrvertrags von 1968.





martedì 13 marzo 2018

Il Cpn del Prc ha discusso anche del futuro di Potere al Popolo ma non è chiaro se la minoranza, 30%, condivide il percorso proposto dalla segreteria.

Il segretario del Prc Maurizio Acerbo in una iniziativa di Potere al Popolo in Irpinia.

Il Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista ha approvato tre ordini del giorno. Il documento principale ha avuto su 86 votanti: 58 voti a favore, 15 contrari e 13 astenuti.E' stato invece approvato con 6 astensioni il breve comunicato che viene riportato per primo. Il terzo Odg preannuncia una prossima discussione del Prc sul nodo dell' Unione Europea. 
Il documento principale che ha visto 15 contrari e 13 astenuti è lungo e non ho ancora trovato notizie sulle motivazioni di chi ha votato contro o si è astenuto. Sarebbe opportuno che le diverse posizioni venissero spiegate a chi non fa parte di Rifondazione e partecipa invece al percorso di Potere al Popolo. Non è infatti chiaro, da quanto riporta il sito di Rifondazione, se i dissensi sono relativi al percorso di Potere al Popolo o ad altri temi. Da parte mia ho delle perplessità sui giudizi che il documento esprime sul risultato elettorale di PalP e soprattutto sul percorso delineato per le prossime elezioni amministrative che si svolgeranno tra poche settimane in tre regioni e in alcuni comuni anche capoluogo di provincia. Il periodo che segue è uno stralcio del documento, relativo alle elezioni amministrative che si svolgeranno prima dell' estate:

"...Questo progetto politico che ha un carattere processuale, dovrà concretizzarsi anche nelle prossime elezioni amministrative. Qui dovremo operare per presentare liste che non potranno essere contrassegnate da un unico simbolo definito su base nazionale ma – situazione per situazione sulla base delle diverse esperienze – dovranno porsi l’obiettivo di aggregare il complesso delle forze antiliberiste presenti sul territorio. In tale contesto vanno valorizzate le esperienze delle “Città in comune” e dei diversi percorsi che hanno caratterizzato la costruzione di alternativa di sinistra aperte a forze politiche, sociali e di movimento...."
Ma intanto leggete il documento e fatelo conoscere. La discussione sul laboratorio sociale e politico di PalP deve avere la massima trasparenza.
Marco P.

OdG unitario
Il CPN del Partito della Rifondazione Comunista invita tutti i compagnie le compagne di rifondazione comunista ad organizzare la partecipazione all’assemblea nazionale del 18 pv, ad organizzare le assemblee territoriali e a dare continuità all’esperienza di Potere al popolo con la sua piena democratizzazione e costruzione a partire dai territori.
Questo testo è stato approvato con 6 astenute/i

Documento approvato con 58 voti favorevoli, 15 contrari e 13 astenuti
Costruire l’opposizione alle politiche neoliberiste, trasformare la lista Potere al Popolo in un movimento politico e sociale, rafforzare Rifondazione Comunista
Innanzitutto salutiamo con gioia il successo dello sciopero globale delle donne in occasione dell’8 marzo. Il più grande movimento mondiale che giustamente avevamo posto al centro della riflessione nell’ultimo congresso di Spoleto riprende la parola e – a partire dalla lotta contro la violenza di genere – pone il tema del superamento della barbarie patriarcale e liberista in cui oggi è immersa l’umanità.
Salutiamo parimenti positivamente la mobilitazione antirazzista e antifascista che ieri si è svolta a Firenze a seguito dell’assassinio razzista di Idy Diene e che prosegue idealmente la mobilitazione di Macerata.
Le elezioni
Vogliamo innanzitutto ringraziare i compagni e le compagne di Rifondazione Comunista che insieme ad altre migliaia di compagni e compagne hanno reso possibile la presentazione delle liste di Potere al Popolo a livello nazionale, nella regione Lazio come della lista Sinistra per la Lombardia.  Non era un risultato scontato, dati i tempi ristretti e il numero esorbitante di firme richieste per la presentazione.
Come sottolineato dalla relazione introduttiva del segretario, i risultati elettorali vedono in primo luogo la sconfitta dei partiti che in modo arrogante avevano impersonato le politiche liberiste e il tentativo di manomissione della Costituzione. I partiti del patto del Nazareno e del governo Monti escono strategicamente sconfitti dalle urne. La sconfitta del Partito Democratico di Renzi e più in generale della classe dirigente del centrosinistra e dello stesso Berlusconi è certamente un fatto positivo. Che i responsabili di politiche antipopolari che si preparavano al governo di “larghe intese” escano fortemente ridimensionati non può che farci piacere.
Noi però non possiamo gioire. L’orrenda propaganda xenofoba della Lega, che ha assunto un profilo con più di una superficie di contatto con quanto proposto da Trump negli USA, ha sfondato anche perché si è potuta presentare come sociale e popolare grazie a un PD forsennatamente neoliberista. Cosi come dobbiamo prendere atto che non è stata una nuova sinistra radicale a incarnare il desiderio di rottura ma un partito come il Movimento 5 Stelle, che è stato percepito come lo strumento più efficace per farla finita con i responsabili della crisi sociale che vive il nostro paese. Anche se ha raccolto tanti voti di sinistra, il M5S ha tenuto su temi fondamentali come l’immigrazione un profilo ambiguo e a volte simile a quello dei leghisti. In assenza di una proposta di sinistra forte e di rottura col passato, il malcontento non poteva che andare in altre direzioni. Il risultato di LeU conferma ciò che sosteniamo e cioè che solo una sinistra nuova e radicale poteva chiamare a raccolta i giustamente delusi e arrabbiati. Non potevano essere i leader del centrosinistra defenestrati da Renzi i campioni della rinascita della sinistra così come la prospettiva non poteva certo essere la ricostruzione del centro sinistra. Lo abbiamo ripetuto in tutte le lingue, inascoltati.
Con Potere al popolo abbiamo fatto una scelta etica e politica coraggiosa che sapevamo difficilissima. Il risultato di PaP deve a nostro avviso essere guardato da due diverse angolazioni.
Il risultato elettorale è negativo. Questo risultato deludente non è dovuto solamente alla ristrettezza di tempi e risorse finanziarie o all’oscuramento mediatico che ha subito la lista. Questi fattori presenti e rilevantissimi si sono accompagnati con limiti di iniziativa e di autoreferenzialità che non hanno permesso di esprimere appieno il progetto politico che pure stava alla base della costruzione della lista. Questo dato elettoralmente insufficiente parla però di una incapacità e di una immaturità nel dispiegare il progetto politico di Potere al Popolo, non di un fallimento dello stesso.
Il risultato di aggregazione e di entusiasmo che si è creato attorno alla lista è invece un fattore assai positivo. Il processo di costruzione della lista di Potere al Popolo e successivamente la campagna elettorale, pur nella sua brevità, ha visto un significativo allargamento del tessuto militante impegnato nella lotta politica. Si tratta di un allargamento non solo quantitativo ma qualitativo perché ha coinvolto in modo significativo giovani alla prima esperienza politica e perché ha permesso un primo lavoro comune tra militanti formatisi in diversi percorsi di conflitto e mutualismo ed appartenenti a diverse organizzazioni politiche. Così come l’appello al voto lanciato da Citto Maselli evidenzia un’attenzione alla lista da parte di significativi strati intellettuali come pure quello degli ambientalisti e urbanisti promosso da Edoardo Salzano. La stessa manifestazione di Macerata, sia per il percorso che ha permesso la sua convocazione che nel suo dispiegarsi concretamente, ne è testimonianza viva. La nostra positiva risposta alla proposta lanciata a novembre dalle compagne e dai compagni dell’Ex Opg Occupato–Je so pazzo ha consentito di aprire un processo che ha suscitato energia e entusiasmo.
In sintesi, mentre la sinistra moderata nelle sue diverse accezioni subisce una sconfitta strategica, il risultato di Potere al Popolo segnala una potenzialità da inverare attraverso un suo deciso miglioramento in termini di democratizzazione, allargamento, valorizzazione dell’elemento plurale che è alla base della sua costruzione.
Costruire l’opposizione alle politiche liberiste.
L’obiettivo immediato su cui strutturare il lavoro politico è quello della costruzione dell’opposizione alle politiche liberiste che continuano a fare danni, come dimostra anche il negativo accordo interconfederale firmato nei giorni scorsi CGIL-CISL e UIL e Confindustria. Le elezioni hanno determinato un quadro di aspettative che dobbiamo – dall’opposizione – interpretare e sviluppare. Dalla richiesta dell’abolizione del pareggio di bilancio in Costituzione all’abolizione della Fornero, dalla richiesta di realizzazione immediata di un reddito minimo garantito alla raccolta di firme lanciata da LIP – Scuola della Costituzione sulla proposta di una radicale riforma della scuola che ribalti il paradigma alla base delle controriforme messe in atto negli ultimi decenni.
Le mobilitazioni delle donne come quelle antifasciste e antirazziste rappresentano un positivo punto di partenza che dobbiamo però allargare, coinvolgendo il mondo del lavoro nel suo complesso, così come dobbiamo strutturare un lavoro di mobilitazione unitaria sulle proposte sopra richiamate.
Trasformare la lista nel movimento politico e sociale Potere al Popolo.
Occorre valorizzare gli elementi positivi che abbiamo verificato nel corso della campagna elettorale, realizzando al meglio le premesse insite nella nascita della lista. Questi non devono andare dispersi dopo il voto e costituiscono il terreno su cui lavorare portando avanti l’impegno contenuto nel “manifesto” della lista di costruire “un movimento popolare che lavori per un’alternativa di società ben oltre le elezioni”“Noi vogliamo unire la sinistra reale, quella invisibile ai media, che vive nei conflitti sociali, nella resistenza sui luoghi di lavoro, nelle lotte, nei movimenti contro il razzismo, per la democrazia, i beni comuni, la giustizia sociale, la solidarietà e la pace (…) Un movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”.
Dobbiamo quindi rilanciare con forza il progetto politico e sociale di una sinistra radicale, popolare, antiliberista e anticapitalista alternativa rispetto a tutti i poli esistenti. Questo progetto politico che ha un carattere processuale, dovrà concretizzarsi anche nelle prossime elezioni amministrative. Qui dovremo operare per presentare liste che non potranno essere contrassegnate da un unico simbolo definito su base nazionale ma – situazione per situazione sulla base delle diverse esperienze – dovranno porsi l’obiettivo di aggregare il complesso delle forze antiliberiste presenti sul territorio. In tale contesto vanno valorizzate le esperienze delle “Città in comune” e dei diversi percorsi che hanno caratterizzato la costruzione di alternativa di sinistra aperte a forze politiche, sociali e di movimento.
Per questo l’esperienza di Potere al Popolo deve proseguire il proprio percorso dopo le elezioni – a partire dall’assemblee territoriali e dall’assemblea nazionale del 18 p.v. – trasformandosi in un movimento politico e sociale, superando i limiti che si sono rilevati in questa campagna elettorale. Occorre dar vita ad un quarto polo, ad un processo ampio, democratico e plurale che, a partire da coloro che sono stati protagonisti sui territori della campagna elettorale, dal mondo intellettuale che ha sostenuto la lista, aggreghi il complesso delle forze antiliberiste e anticapitaliste presenti nel paese. Non si tratta di fare un nuovo partito o di sciogliere i partiti esistenti ma di costruire una soggettività politica che, in forme democratiche e partecipate, sappia valorizzare pienamente tutte le esperienze di militanza e impegno che si pongono sul terreno dell’alternativa e ne sappia attrarre e sviluppare di nuove. Un processo basato sulla partecipazione diretta di chi aderisce, che si definisca a partire dai punti fondamentali su cui abbiamo svolto la campagna elettorale e che sia costitutivamente plurale e democratico e quindi rispettoso delle diverse appartenenze politiche, sociali e culturali.  In questo progetto e su queste basi, è possibile porsi l’obiettivo di coinvolgere tanti compagni e compagne così come altre soggettività della sinistra a partire dall’Altra Europa, dalle Città in Comune e dalle liste e esperienze locali che non hanno preso parte direttamente a Potere al Popolo, ma che sono interessate alla costruzione di un’alternativa ai poli esistenti e ad una prospettiva comune anche in chiave europea. Dentro il processo pur rapidissimo di Potere al Popolo abbiamo dimostrato che su una base politico-programmatica chiara e con metodo democratico è possibile unire le forze della sinistra, le stesse formazioni comuniste con esperienze di lotta, conflitto, mutualismo.
Occorre cioè aprire la fase del movimento politico e sociale che intrecci riflessione sui contenuti e sulle forme dell’agire politico con una campagna di massa che noi proponiamo di sviluppare sui temi sopra richiamati a partire dalle questioni del lavoro.
Rafforzare Rifondazione Comunista
A chi ci ha ripetuto mille volte che lo scioglimento di Rifondazione Comunista sarebbe la condizione per ricostruire la sinistra possiamo con orgoglio rispondere che senza la nostra organizzazione e la tenacia delle sue e dei suoi militanti non ci sarebbe stata la presentazione di una lista della sinistra alternativa a livello nazionale come nelle regionali di Lazio e Lombardia. Rifondazione Comunista è stata decisiva per la possibilità di presentare le liste di Potere al popolo e per la costruzione di una campagna elettorale dal basso sui temi fondamentali del lavoro, della giustizia sociale e della difesa dei beni comuni. La struttura organizzativa, il tessuto militante e la cultura politica di Rifondazione Comunista si sono confermati, pur con tutti i nostri limiti, come strumento fondamentale per la costruzione di una proposta politica antiliberista e anticapitalista nel paese.
Il ruolo di Rifondazione Comunista non è però solo un pur importante ruolo organizzativo. La nostra ragion d’essere consiste nell’affermazione della prospettiva della rifondazione comunista, del superamento del capitalismo, della trasformazione in senso socialista. Questa nostra prospettiva, la nuova situazione determinata dalla possibilità di costruire Potere al Popolo in movimento politico, la consapevolezza degli elementi di fragilità che caratterizzano la nostra organizzazione ci chiedono quindi un deciso salto di qualità nella cura politica e organizzativa del partito.
A nostro parere questa cura deve assumere tre linee di riflessione e azione.
In primo luogo la ridefinizione del ruolo storico di un partito comunista nel nostro paese. Decidiamo quindi di aprire una fase di riflessione politico – teorica sui “fondamentali”anche a partire da alcune intuizioni già avanzate in sede congressuale. Si tratta di aprire un percorso di riflessione che coinvolga il corpo del partito come l’intellettualità marxista anche utilizzando il fatto che nel 2018 cade il bicentenario della nascita di Karl Marx. Vogliamo usare questa scadenza per una riflessione non rituale.
In secondo luogo dobbiamo definire meglio gli obiettivi ed il ruolo politico del partito nel nuovo contesto politico e sociale che ci consegnano le elezioni, sia sul piano generale che nel nuovo contesto dato dalla nostra partecipazione a Potere al Popolo.
In terzo luogo dobbiamo porre mano ad una profonda rivisitazione della nostra organizzazione per razionalizzarne il funzionamento, migliorarla e renderla pienamente fungibile
Il CPN dà quindi mandato alla Direzione Nazionale di definire entro il mese di marzo un piano di lavoro su questi nodi teorici, politici ed organizzativi al fine di dar corso entro l’estate ad un primo appuntamento di realizzazione concreta.
Documento approvato con 58 voti favorevoli, 15 contrari e 13 astenuti

lunedì 12 marzo 2018

Ilmanifesto - Prof.Santomassimo: ”Il grande sconfitto è il mito europeista”. Sbaglia bersaglio, Potere al Popolo, ma il nodo è davvero il rapporto tra sinistra e neoliberismo dell’ U.E.



Segnalo questo articolo del professor Gianpasquale Santomassimo pubblicato su il manifesto di domenica 11 marzo. Il titolo è clamoroso sul quotidiano che alle ultime elezioni ha sostenuto in modo esplicito Liberi e Uguali e cita quello che è veramente il nodo dell’ Europa: l’ imposizione delle politiche dell’ Unione Europea a tutti gli abitanti dei paesi aderenti, considerate come un dogma indiscutibile e sostenute dal blocco socialdemocratico e dal partito Popolare.
Non trovo eccezionale l’ articolo che addirittura critica, con un allusione inequivocabile, Potere al Popolo che ha avuto un sostegno fondamentale dalla piattaforma Eurostop. Non credo neppure che questo scritto riesca ad aprire un dibattito serio sul rapporto distruttivo tra politiche neoliberiste dell’ Unione Europea e sinistre europee: socialdemocratiche, verdi e alcuni partiti del gruppo della  Sinistra alternativa e comunista.
Però un dibattito sarebbe doveroso. Spero che qualcuno con più autorevolezza e più tempo di me provi a farlo decollare.

Marco P.

Lo stralcio di seguito è la conclusione dell' articolo "Il grande sconfitto è il mito europeista"
" «Non ci interessa la sovranità nazionale, siamo internazionalisti» dichiara la dirigente di una lista elettorale che ha preso l’1,1%. Ci si chiede da quando questa posizione, che ignora perfino il significato delle parole, e che sarebbe impossibile spiegare ai cubani, ai vietnamiti, ma anche ai curdi e a qualunque altro popolo, sia diventata luogo comune nella sinistra italiana.
Anziché evocare il Popolo bisognerebbe cominciare almeno a parlarci. Quando ci si deciderà a farlo non sarà mai troppo tardi."

Il grande sconfitto è il mito europeista
di Gianpasquale Santomassimo
A tutti quelli che fanno analisi molto complicate e politicistiche, che ritengono che un certo partito abbia perso barcate di voti per una parolina sbagliata in tv, per un obiettivo errato nel programma, per quel candidato indigesto ecc., va ricordata una semplice verità: che il grosso dell’elettorato si orienta e ragiona in maniera molto più semplice. Se la «sinistra» è divenuta indigesta e invotabile agli occhi degli elettori questo si ripercuoterà a raggi concentrici, da Renzi a Grasso e ancora più a sinistra.
Le distinzioni che gli appassionati di politica fanno, spaccando il capello in quattro, non hanno alcun valore e non sono intellegibili per l’elettore comune. Si tratta di capire perché vi sia stato un rigetto così ampio e probabilmente definitivo di ciò che è stato considerato «sinistra» negli ultimi decenni. Un fenomeno non sorprendente, e che viene da abbastanza lontano, da un’inversione di ruoli e di rappresentanza di ceti e di stili di vita, raffigurato plasticamente da tutte le analisi del voto degli ultimi anni, che hanno contrapposto benestanti soddisfatti dei centri cittadini a popolo delle periferie che esprimeva un bisogno al tempo stesso di ribellione e di protezione.
Non è che mancassero offerte di sinistre possibili, anche molto variegate, se pure di scarsa qualità: a questo punto è mancata la domanda di sinistra, diciamo. Tutta la sinistra (moderata, radicale, antagonista) è stata percepita e giudicata dall’elettorato come parte integrante di un sistema da cambiare.
Assistiamo anche in Italia all’inabissamento della sinistra liberal che era stata a lungo egemone con la sua visione del mondo. La stessa cosiddetta «sinistra radicale» era stata null’altro che l’ala estrema di questa ideologia diffusa, sensibilissima alle tematiche dei diritti civili e delle battaglie «umanitarie», di fatto inerte sul terreno dei diritti sociali.
E anche complice della costruzione del mito europeista, che è sullo sfondo il grande sconfitto di questa consultazione. Parte integrante dell’establishment europeista il Pd, molto spesso ascari della «più Europa» i suoi critici di sinistra.
Non solo euro e regole ci troviamo di fronte, ma anche una ideologia complessiva potentissima e pervasiva, un fronte politico e culturale vastissimo, convinto che «più Europa» sia la soluzione ai problemi che l’Europa stessa ha posto con la sua folle attuazione. Si tratterebbe di affrontare un lavoro di lunga lena per demistificare – come si diceva un tempo – le risultanze di una egemonia costruita con molti decenni di impiego massiccio di risorse culturali, mediatiche, economiche, ma che riposa su basi storiche e teoriche fragilissime, testimoniate da quell’imbarazzante documento che è passato alla storia come «manifesto di Ventotene».
Il problema dell’europeismo di sinistra è che ormai non è più soltanto ideologia sostitutiva di quelle novecentesche crollate nell’89 e non è più solo «religione civile» imposta ai sudditi dall’establishment. Ma ormai è religione vera e propria, con i suoi dogmi, i suoi atti di fede cieca e assoluta, il credo quia absurdum (credo perché è assurdo) e anche una dose massiccia di sacrifici umani. Cominciare almeno a porre il problema, discuterne apertamente e laicamente a sinistra, sarà sicuramente un fatto positivo (oltre che doveroso).
Senza ripensare tutto sarà impossibile ripartire. Non mi faccio grandi illusioni, la Repubblica continuerà a delirare su populismo e «sovranismo», la sinistra continuerà a trattare da fascisti e razzisti le masse popolari che esprimono disagio per le loro condizioni di vita, continuerà a discettare di «ossessioni securitarie» e a immaginare che il “multiculturalismo” sia un pranzo di gala privo di lacerazioni e drammi. Si lascerà alla destra la difesa dell’interesse nazionale, e perfino l’esercizio della sovranità costituzionale per la quale avevamo votato il 4 dicembre del 2016.
«Non ci interessa la sovranità nazionale, siamo internazionalisti» dichiara la dirigente di una lista elettorale che ha preso l’1,1%. Ci si chiede da quando questa posizione, che ignora perfino il significato delle parole, e che sarebbe impossibile spiegare ai cubani, ai vietnamiti, ma anche ai curdi e a qualunque altro popolo, sia diventata luogo comune nella sinistra italiana.
Anziché evocare il Popolo bisognerebbe cominciare almeno a parlarci. Quando ci si deciderà a farlo non sarà mai troppo tardi.


domenica 11 marzo 2018

La festa privata di Sant'Egidio. Papa Francesco in Piazza Santa Maria in Trastevere, entrata ad invito.

La precedente visita di papa Francesco nel 2014. In questo momento invece sta piovendo.

Oggi pomeriggio, in piazza Santa Maria in Trastevere, Papa Francesco festeggerà con Sant' Egidio. Entrano solo gli invitati.Sta piovendo e per una volta ne sono contento.

Marco

Da Avvenire di sabato 10 marzo.
Il 50° anniversario. Francesco incontra Sant' Egidio: preghiera, poveri pace.

Domenica pomeriggio alle 16.30 in piazza di Santa Maria in Trastevere a Roma, papa Francesco incontra la Comunità di Sant’Egidio, in occasione del 50° anniversario della sua fondazione. Un incontro atteso «con gratitudine e affetto». Il Pontefice rivolgerà un discorso alla Comunità nel suo complesso e celebrerà una liturgia della Parola. Nel corso dell’evento, sottolinea il sito della realtà ecclesiale nata nel 1968, «Francesco avrà l’occasione di un nuovo incontro con il “popolo di Sant’Egidio”, a partire da Andrea Riccardi che 50 anni fa iniziò il cammino della Comunità a Roma, con rappresentanze venute da diverse città d’Italia e dal mondo, con giovani e poveri amici della Comunità, tra cui i profughi arrivati con i corridoi umanitari, anziani, bambini delle “Scuole della Pace”, persone con disabilità dei laboratori d’arte, senza dimora accolti in questi giorni di freddo».
L’evento sarà trasmesso in streaming dalle 16.30 in 9 lingue su www.santegidio.org (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, olandese, portoghese, russo, sulle rispettive homepage di lingua), nonché sulla pagina facebook della Comunità di Sant’Egidio in italiano. Sarà possibile seguirlo anche su Tv2000 dalle 17. «Preghiera, poveri e pace: così Papa Francesco ha riassunto efficacemente» la storia di Sant’Egidio. Lo ha ricordato il cardinale Pietro Parolin quando lo scorso 10 febbraio ha presieduto in San Giovanni in Laterano la Messa per il 50°. Una storia, aggiungeva il porporato, che «è aperta al futuro ed è un dono alle giovani generazioni». Infatti «cinquant’anni sono un talento per la Chiesa da spendere senza paura nel mondo di domani, così diverso da quello di ieri». E «il mondo globale – sottolineava Parolin rivolgendosi ai membri della Comunità – ha bisogno di una realtà come la vostra, radicata nel locale, ma anche capace di abitare la dimensione globale con spirito e fraternità. “

martedì 6 marzo 2018

Potere al Popolo: un voto come alla nuova sinistra anni '70 che, non da sola, cambiò l' Italia



Intervistata da Radio Radicale, Viola Carofalo portavoce di Potere al Popolo ha commentato così il voto del 4 marzo : “ Un risultato non esaltante ma per noi è un punto di partenza”.

Io mi aspettavo una percentuale attorno al 2% ma temevo, e temo, soprattutto il contraccolpo negativo del risultato sugli attivisti. Spero che molti proseguano nel loro impegno per il percorso politico di Potere al Popolo, e segnalo cinque punti che ritengo importanti per capire l' esperienza di PaP fino ad oggi e quale potrà essere nel futuro.

1) Il risultato del 4 marzo è più simile a quello dei gruppi della nuova sinistra degli anni '70 che a quello dei cartelli elettorali dal 2008 ad oggi: Lista Arcobaleno, Rivoluzione civile, Lista Tsipras. I gruppi della nuova sinistra contavano su molti militanti ma i loro risultati elettorali furono quasi sempre inferiori alle aspettative. Tuttavia l' impegno politico delle migliaia di attivisti per un decennio ha dato un contributo fondamentale a cambiare l' Italia, un cambiamento profondo a cui parteciparono anche la sinistra storica, i sindacati, e movimenti sociali. I gruppi della nuova sinistra furono un pilastro importante e in quel decennio potevano contare anche su tre quotidiani: il manifesto, il quotidiano dei lavoratori e Lotta Continua.

- Ricordo la delusione del manifesto nel 1972 quando candidava anche Pietro Valpreda, allora detenuto in attesa di processo per la strage “di stato” del 12 dicembre 1969. “Piazze piene, urne vuote”, fu la sintesi di quell' esperienza elettorale. Le stesse elezioni provocarono la fine del Psiup, partito che contava su esponenti prestigiosi, radicamento diffuso e anni di presenza nella politica italiana.
- Nel biennio “rosso” 75-76, si presentarono con il cartello Democrazia proletaria: il Pdup-manifesto , Avanguardia Operaia e, nel 76, anche Lotta Continua. Il risultato fu sempre attorno all' 1,5%, nonostante questi gruppi contassero su migliaia di attivisti e sui loro quotidiani. Una percentuale l'1,5% che comunque permetteva allora una piccola presenza nelle istituzioni.
- Nel 1979 i voti persi dal PCI dopo l' esperienza dell' unità nazionale con la DC premiarono il Partito Radicale e il Pdup, mentre Nuova sinistra unita non raggiunse l' 1%, pur contando su ambienti provenienti dal Pdup, Avanguardia Operaia ed altre esperienze del decennio precedente. Per tutti gli anni '80 poi Democrazia proletaria, che proseguì l'esperienza di Nuova sinistra unita, fu presente in tutte le elezioni e in molte assemblee elettive, ma senza mai raggiungere a livello nazionale il 2%.

2) Il 4 marzo il risultato di Potere al Popolo in alcune zone importanti è stato superiore alla media. Segnalo l' 1,8% complessivo a Napoli, con punte del 3%, a Roma l' 1,8% con il 2,2% a Torre Angela-Torbellamonaca, zona periferica che ultimamente ignorava la sinistra, il 3,5% a Livorno, il 2,2% a Pisa. Se Potere al Popolo si consolidasse in queste aree avrebbe nei prossimi anni un ruolo nazionale assicurato.

3) La situazione politica italiana uscita dalle elezioni di domenica non è assolutamente compatibile con le politiche dell' Unione Europea, lo diventerà probabilmente perchè Lega e 5Stelle cambieranno idea su temi fondamentali come le pensioni e il lavoro dipendente. Ma Potere al Popolo potrebbe su entrambi i temi sviluppare nel paese campagne politiche di grosso impatto.

4) Se è stato deludente il risultato elettorale di PaP, al contrario sono state un grande successo la raccolta di 40.000 firme in pochi giorni per la presentazione delle liste e l' aver “imposto” la manifestazione antifascista e antirazzista di Macerata del 10 febbraio. Entrambi i risultati sono stati possibili solo per l' impegno di numerosi, probabilmente centinaia, attivisti di Potere al Popolo.

5) L' ultimo punto è una mia opinione. Il modello di riferimento dell' attività di PaP nei prossimi anni dovrebbe essere il percorso avvenuto in America latina negli ultimi decenni. Un percorso ora in crisi ma tuttora rilevante, che ha visto ambienti diversi per ispirazione e più o meno radicali, costruire per il Sud America una comune strada progressista di autonomia dagli Stati Uniti e di politiche più favorevoli ai ceti meno abbienti. Comunisti, socialisti, movimenti sociali vari, hanno costruito un percorso che in ogni paese ha avuto caratteristiche proprie, ma che è stato possibile solo perché portato avanti contemporaneamente e con alcuni punti fondamentali comuni.

E' impossibile prevedere il futuro politico ed economico italiano, è certo invece che sarà necessario lottare, a livello individuale e collettivo.

Marco P.

sabato 3 marzo 2018

Un dettaglio nel sistema di voto falserà il risultato ? Post da leggere solo dopo i primi risultati



Oggi, sabato, scommetterei che ci sarà un caos per il sistema di voto. Questo post, se fondato, sarà comprensibile solo da lunedì.

Sabato mattina alle 14 scommetterei su un caos gigantesco dovuto alle regole del sistema elettorale. Scommetterei che il voto nel proporzionale risulterà falsato in modo consistente favorendo molto i partiti che non sono in coalizione e penalizzando i partiti maggiori che sono nelle coalizioni.

Ritengo impossibile spiegare questa mia impressione ora in modo comprensibile, ma credo che il Movimento 5 stelle avrà un enorme vantaggio nel voto proporzionale che scatenerà polemiche e creerà anche enormi problemi quando saranno diffusi i primi risultati parziali.

Secondo me una confusione gigantesca nascerà da questo:
Una lista non coalizzata avrà nel proporzionale anche un eventuale voto ricevuto solo dal suo candidato uninominale.
Una lista non coalizzata no.
Avrà per il voto espresso solo al candidato della coalizione dell’ uninominale,  una percentuale di voto  dipendente dalle proporzioni che alla fine saranno accertate tra i voti delle liste della stessa votazione.

Al TG2 delle 13  hanno detto da pochi minuti che è possibile votare solo il candidato all’ uninominale e questo eviterebbe rischi di errore. Se questa indicazione fosse seguita da molti elettori penso, ad occhio, che il risultato nel proporzionale sarà falsato in modo ad oggi non previsto da nessuno.

Ne sono assolutamente convinto e per questo scrivo ora rischiando di sbagliare. Ma metto in rete questa mia impressione, senza diffonderla, in modo che se risulterà vera sarà dimostrato anche che questo dettaglio poteva essere previsto.

Marco