ll Consiglio Nazionale dell' Austria, una delle due camere del paese, ha
ratificato il Trattato che proibisce le armi nucleari approvato dall' Assemblea delle Nazioni Unite il 7
luglio 2017.
Per
entrare in vigore il Trattatato dovrà essere ratificato da almeno 50
paesi. Da quel momento i paesi che possiederanno armi nucleari per il diritto internazionali saranno fuorilegge.
Attualmente hanno sottoscritto l' accordo 57 paesi ma al 27 marzo 2018 solo 6, tra cui Città
del Vaticano e Cuba, lo hanno ratificato. Anche l' Austria ancora non
è stata ancora inserita sul sito dell' Icanw tra i paesi che hanno ratificato il documento, forse perchè è
necessario qualche altro passaggio istituzionale. Però il Consiglio
Nazionale dell' Austria, una delle due assemblee elettive austriache,
ha approvato la ratifica del trattato il 21 marzo, come si può
vedere dalle righe che seguono in lingua tedesca tratte dal sito del
Parlamento austriaco.
In
Italia la notizia ancora non è stata diffusa. Ho saputo della
ratifica perchè è stata citata dal professor Giuliano Pontara, uno
dei più prestigiosi esperti mondiali di nonviolenza, in occasione di
due incontri tenuti a Roma: venerdì alla facoltà di Filosofia,
organizzato dal Movimento Nonviolento, sabato nella Comunità di Base
di San Paolo, una preziosa eredità lasciata da Don Giovanni Franzoni
recentemente scomparso.
L'
Austria è stata tra i paesi promotori del trattato, uno dei quattro
paesi dell' Unione Europea a votare a favore, insieme a Cipro, Irlanda, Svezia.
L'
Unione Europea infatti non ha preso una decisione unanime sul
trattato, ma ogni paese ha scelto autonomamente.
E'
l' Alleanza Atlantica, la NATO, che ha invece imposto a tutti i paesi
membri di boicottare il Trattato costringendoli addirittura a non partecipare ai
lavori dell' Assemblea delle Nazioni Unite che ha discusso l'
accordo.
Così
paradossalmente abbiamo la Grecia di Tsipras, ma paese menbro della
NATO, che ha boicottato il Trattato e l' Austria, guidata ora da un
governo di centrodestra, che lo sta ratificando.
Marco
Palombo.
Wien
(PK) - Im Juli 2017 haben sich 122 Mitgliedsstaaten der Vereinten
Nationen für ein völkerrechtliches Nuklearwaffenverbot
ausgesprochen. Mit der einstimmigen Ratifizierung heute
im Nationalrat ist
Österreich eines der ersten Länder, das den
entsprechenden Atomwaffen-Verbotsvertrag ratifiziert.
Einhellige Zustimmung gab es außerdem für das
eigene Amtssitzabkommen
für die Organisation für Sicherheit und Zusammenarbeit in Europa
(OSZE) sowie
den Einspruch
Österreichs gegen den Beitritt Tunesiens zu internationalem
Urkundenübereinkommen.
Parlamentsfraktionen
über globales Wettrüsten besorgt
Der
Atomwaffen-Verbotsvertrag ist ein völkerrechtlich verbindliches
Abkommen zur weltweiten nuklearen Abrüstung und untersagt den
Vertragsstaaten, Atomwaffen zu entwickeln, herzustellen oder an
andere Staaten weiterzugeben. Die Vertragsstaaten verpflichten sich
außerdem dazu, keinen anderen Staat bei der Entwicklung oder
Einsetzung von Atomwaffen zu unterstützen oder ihn dazu zu
verleiten. Nicht toleriert werden dürfen zudem Kernwaffen anderer
Staaten auf dem eigenen Hoheitsgebiet.
Das
Abkommen beinhaltet auch die Möglichkeit für einen Beitritt bzw.
ein Abrüstungsverfahren für jene Staaten, von denen bekannt ist
oder angenommen wird, dass sie derzeit Kernwaffen besitzen - darunter
Frankreich, das Vereinigte Königreich, China, Nordkorea, Russland,
Israel oder die USA. Der Vertrag tritt in Kraft, sobald 50 Staaten
unterzeichnet haben.
"Hinter
diesem Anliegen stehen wir felsenfest", unterstrich Markus
Tschank die Position der Freiheitlichen und erinnerte an die
verheerenden Auswirkungen der Atombombenabwürfe auf Hiroshima und
Nagasaki in der Mitte des 20. Jahrhunderts. Das Schreckensszenario
eines atomaren Dritten Weltkrieges dürfe niemals Realität werden,
sagte Tschank, das damalige atomare Wettrüsten bzw. die politische
Stimmung zwischen Ost und West sei heute vergleichbar angespannt.
Großmächte wie die USA hätten sich sicherheitspolitisch nicht
weiterentwickelt, das Anti-Atomwaffen-Abkommen sei in erster Linie
eine Reaktion der UNO auf die Nichteinhaltung des
Atomwaffensperrvertrags von 1968.
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