La Conferenza di pace sulla Libia, che
si è svolta a Palermo il 12 e 13 novembre, è stata ormai commentata
da tutti i pochi osservatori interessati. Mancano però dalle analisi
due elementi fondamentali sul ruolo russo e dell' Eni nella complessa
vicenda libica.
Il summit palermitano voluto dal
governo italiano ha avuto come filo conduttore il piano di pace che
l' incaricato delle Nazioni Unite Ghassan Salamè ha presentato al
Consiglio di Sicurezza ONU qualche giorno prima della Conferenza di
Palermo
Il piano prevede un percorso politico
istituzionale in tempi molto stretti, non più di 12 mesi, e mette a
fuoco i due principali ostacoli che questo percorso dovrà superare.
Il ruolo delle milizie armate, soprattutto a Tripoli e nella sua
regione, e la divisione e l' utilizzo dei proventi petroliferi che
sono tornati enormi. Il piano stima 13 miliardi di dollari di entrate
nei primi sei mesi del 2018, in un paese di sei milioni di abitanti.
A Palermo lunedì 12 si sono tenuti due
tavoli di lavoro: uno sulla sicurezza nella area della capitale, l'
altro sulle riforme economiche, che vedono al centro la gestione
dell' industria energetica libica.
I passi fondamentali per avviare il
percorso di pace sono stati individuati nella istituzione di forze
militari regolai dello stato libico e nella unificazione e certificazione
internazionale della produzione libica di idrocarburi e dei suoi
proventi economici. Riunificando la Compagnia energetica libica e la
Banca Centrale ora gestite in modo autonomo dai governi di Tripoli e
di Tobrouk nei territori da loro amministrati.
In generale i media e i commenti degli
osservatori hanno illustrato queste tematiche, nessuno ha citato però
due questioni: il ruolo fondamentale dell' Eni per aiutare l' ONU ad
attuare i suoi propositi nell' industria libica degli idrocarburi e
l' interesse attuale russo per petrolio del Medio oriente.
Il ruolo fondamentale
dell' Eni nella riforma della produzione degli idrocarburi e della
Banca centrale libica.
L' Eni è stata, paradossalmente,
avvantaggiata dalla guerra libica in corso dal 2011. Lo spiega
questo articolo su Lindro, citando il Wall Street Journal:
“Negli
anni successivi alla caduta di Gheddafi e alla guerra civile che
ancora imperversa nel Paese, la più importante azienda energetica
italiana – in parte controllata dallo Stato – ,l’ENI ha
acquisito di fatto il monopolio della produzione e distribuzione di
petrolio e gas in Libia, grazie
alle alleanze strette con le milizie islamiche e potentati locali nel
vuoto di governo,
come rivelato da un servizio del Wall
Street Journal. L’ENI
può contare una presenza di lungo corso in Libia, dove
si è installata dal 1959,
radicandosi territorialmente attraverso accordi e compromessi con le
tribù in grado di fornirle protezione. Nel 2015 l’ENI gestiva un
terzo di tutta la produzione di gas e petrolio della Libia, mentre
prima della guerra del 2011 e dell’uccisione di Gheddafi il giro di
affari si aggirava a un quinto della produzione totale. Secondo i
dati forniti dal Sole
24 Ore, ENI
adesso fornisce 384 mila barili di petrolio al giorno,
corrispondenti a quasi il 70% della produzione del Paese. Nello
scorso luglio l’azienda energetica italiana ha avviato la seconda
fase della produzione dal giacimento di gas off-shore di Bahr
Essalam,
il più grande dello Stato africano, con riserve pari a 260 miliardi
di metri cubi di gas. Bahr Essalam, così come il gasdotto
Greenstream, collegato direttamente a Gela, è situato a 120
chilometri da Tripoli, nel territorio controllato dal governo di
al-Sarraj – il cui governo è sostenuto dall’Italia. Lo scorso
ottobre la libica National
Oil Corporation (Noc),
l’ingese British
Petroleum (BP),
ed ENI, hanno firmato un accordo per l’assegnazione a Eni di
una quota del 42,5% nel
patto di esplorazione fra BP e Noc in Libia, con l’obiettivo di
rilanciare le attività di esplorazione e sviluppo e di promuovere
investimenti nel Paese. “
E' evidente quindi che, dato il ruolo
dell' Eni nel sistema produttivo libico, l' impresa italiana sarà
decisiva per la riuscita dell' riunificazione dell' industria
petrolifera e per il ritorno ad una unica Banca Centrale.
L' interesse attuale
russo per il petrolio del Medio oriente.
La Russia è vicina alla sua possibile
massima produzione di petrolio, nei prossimi anni il greggio prodotto
da Mosca inizierà inevitabilmente a diminuire. Nello stesso tempo
aumenterà notevolmente l' importanza del petrolio del Medio Oriente.
Il petrolio dei paesi Non Opec è sostanzialmente ai suoi massimi, ha
margini di aumento di produzione solo lo shale gas USA. Ed anche in
caso di sovraproduzione petrolifera rispetto alla domanda mondiale,
il greggio mediorientale sarà più importante in futuro, avendo
costi di estrazione molto più bassi rispetto al resto del mondo.
Quindi, qualsiasi scenario si
verificherà in futuro nel complesso scacchiere petrolifero mondiale,
il petrolio del Medio Oriente acquisterà molta più importanza
rispetto ad oggi.
Per questo la Russia sarà nei prossimi
anni più interessata al Medio Oriente rispetto al passato. E prima
in Siria, ora in Libia lo sta dimostrando.
Marco P.
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