Sissi Bellomo, che segue le vicende petrolifere per il Sole24ore, ci spiega che, in caso di un elemento favorevole, le quotazioni del petrolio potrebbero crescere di nuovo con una notevole intensità. Motiva questa previsione con il fatto che i fondi oggi hanno concentrato il loro possesso di posizioni sul petrolio nella fascia "corta", con una proporzione uguale ai momenti di massimo ribasso del prezzo.
Vedremo nei prossimi giorni se la previsione si avvererà, ma i segnali sono al momento nella direzione contraria. Anche in alcuni paesi Opec la produzione cresce, in Nigeria, in Libia, dove la produzione è tornata vicino al 1 mb/g, e in Iran, produzione attorno a 3,8 mb/g. Nello stesso momento in Italia il gas ha superato il petrolio ed è la principale fonte di energia, mentre nell' aprile 2018 si terrà a Roma il Gran Premio elettrico e finalmente anche nel nostro paese si parlerà della mobilità elettrica a livello di massa.
Insomma i segnali sono per un forte declino del petrolio, e il suo consumo sempre in crescita, + 1,4 mb/g l' incremento previsto per il 2018 come nel 2017, sembra dovuto soprattutto al basso prezzo. Gli investimenti in nuovi giacimenti sono in calo netto da tre anni e con questi chiari di luna, anche se non ci sono dati recenti, sicuramente non hanno ripreso.
M.P.
Sissi Bellomo, Sole24ore
29 giugno 2017
Dall’entusiasmo alla delusione, fino
allo stallo. Scottati dall’eccessiva fiducia che avevano riposto nell’Opec, gli
hedge funds a questo punto hanno bisogno di un segnale forte per tornare a
scommettere sul petrolio. Questo segnale non è ancora arrivato, ma nel momento
in cui dovesse manifestarsi le quotazioni del barile – in ribasso di oltre il
20% nel primo semestre, la peggiore performance da vent’anni – potrebbero
ricominciare a correre.
Sono sempre più numerosi gli
analisti che segnalano la possibilità di un rally improvviso ed intenso nei
prossimi giorni (anche se forse di breve durata), che potrebbe scaturire da un
ciclo di ricoperture da parte dei fondi, oggi schierati su posizioni molto
ribassiste. In parole povere, la prima notizia “incoraggiante” potrebbe scatenare
una corsa al riacquisto di posizioni in vendita. L’impatto potrebbe essere
abbastanza forte da risvegliare i prezzi del greggio, viste le condizioni del
mercato.
Sul petrolio Brent in particolare i
fondi hanno accumulato un numero record di posizioni “corte”: la settimana
scorsa – mentre le quotazioni del barile entravano in bear market –
hanno raggiunto l’equivalente di 169 milioni di barili, il massimo da quando
nel 2011 è iniziata la pubblicazione dei dati.
Considerando tutto il comparto del
petrolio – future e opzioni su Brent, Wti, benzina e gasolio da riscaldamento –
i “corti” ammontano a 480 milioni di barili, fa notare John Kemp, analista di
Reuters: un livello paragonabile soltanto a quello di gennaio 2016, quando il
prezzo del barile era crollato ai minimi da dodici anni, sotto 30 dollari.
Anche la proporzione tra rialzisi e
ribassisti è risicata come all’epoca, con 2 posizioni lunghe per ogni posizione
corta (a febbraio, quando c’erano scommesse rialziste per oltre un miliardo di
barili al giorno, si era spinta fino a 12:1).
«Il posizionamento ci dice
chiaramente c’è spazio per un’inversione di tendenza piuttosto brusca – osserva
Mike Wittner di Société Générale – In questo momento il sentiment è molto ribassista,
ma la situazione potrebbe capovolgersi in fretta».
«Anche se il mercato fisico del
greggio nella migliore delle ipotesi è stabile – si legge in un rapporto di Jbc
Energy – è opportuno notare che adesso c’è una significativa possibilità che si
sviluppi un supporto speculativo ai prezzi, nel caso in cui emergesse un
elemento catalizzatore.