sabato 3 giugno 2017

Trump contro l' accordo di Parigi senza alcuna logica economica ? Petrodollari, dall' Enciclopedia Italiana Treccani

da www.treccani.it
PETRODOLLARI
Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)
di Mario Arcelli
PETRODOLLARI. - Col termine "petrodollari" si sogliono designare genericamente quelle enormi quantità di valute di riserva (in gran parte dollari) che i paesi esportatori di petrolio hanno incassato e continuano a percepire in seguito al repentino e massiccio aumento del prezzo del greggio deciso dall'OPEC (il cartello degli stati esportatori di petrolio) nell'ultimo trimestre del 1973, immediatamente dopo la guerra del Kippur. Il drastico aumento del prezzo del petrolio, che si è quadruplicato in brevissimo tempo, è la causa fondamentale della crisi petrolifera i cui effetti si sono tradotti in primo luogo nel peggioramento dei saldi delle bilance dei pagamenti dei paesi industrializzati e dei paesi in via di sviluppo importatori di petrolio, in misura più o meno grande in relazione al diverso peso che le importazioni di questa fonte di energia hanno sulle diverse economie, e in un corrispondente accumulo di fondi da parte dei paesi OPEC (tab. 1).
Il cosiddetto riciclaggio dei p. riguarda pertanto la messa in atto di una serie di meccanismi operativi nel sistema monetario internazionale per far sì che i deficit nelle partite correnti delle bilance dei pagamenti, prodotti dall'accresciuto costo delle importazioni di petrolio, trovino il loro finanziamento nei surplus dei paesi esportatori, opportunamente canalizzati verso i paesi deficitari.
In effetti l'impossibilità di eliminare, almeno nel breve periodo, il deficit petrolifero globale dei paesi industrializzati attraverso maggiori importazioni di manufatti e impianti da parte dei paesi esportatori di petrolio, e la dimensione di tale squilibrio, hanno imposto il ricorso al riciclaggio dei p. come misura indispensabile, fino a quando i trasferimenti reali non adegueranno i redditi mondiali al mutamento delle ragioni di scambio. Tenuto conto che una sterilizzazione dei surplus dei paesi esportatori di petrolio volta a sottrarre tale liquidità al sistema creditizio internazionale era contraria sia agl'interessi particolari dei paesi eccedentari sia a quelli dell'intera collettività internazionale, appariva fuori discussione l'esistenza sostanziale di fondi disponibili per il finanziamento dei deficit petroliferi.
I problemi sorgevano nella fase di canalizzazione di tali disponibilità verso le economie che maggiormente ne abbisognavano. Le difficoltà nascevano dal fatto che non era possibile, entro i limiti di una prudente politica bancaria, effettuare l'intera operazione attraverso i normali canali privati, dato che il rischio sarebbe presto divenuto insostenibile: sia perché più fondi avrebbero dovuto essere indirizzati proprio verso le economie meno solide, sia per la preferenza dei paesi produttori di petrolio per impieghi a breve termine, mentre le esigenze dei paesi deficitari erano soprattutto per prestiti a lungo termine. Il riciclaggio dei p. richiedeva pertanto, oltre all'utilizzo dei canali bancari e privati, l'intervento di organismi internazionali, nonché accordi diretti di finanziamento tra stati. Tenendo presenti i canali esistenti (tab. 2), e quelli in fase di attivazione, il riciclaggio dei p. sembra in effetti realizzarsi attraverso i seguenti circuiti:
1) Una parte dei fondi viene collocata sul mercato dell'eurodollaro, lasciando il compito di canalizzare i fondi alle banche operanti su tale mercato. La dimensione netta del mercato dell'eurodollaro, dell'ordine dei 200 miliardi di dollari, testimonia la rilevante capacità di assorbimento e di distribuzione di cifre enormi. Ciò non elimina tuttavia l'insoddisfazione per una struttura creditizia sottoposta a scarsissimi controlli, mentre i rischi diventano sempre più rilevanti; e soprattutto non risolve il dubbio se sia adeguata in termini di equilibrio dei pagamenti internazionali una redistribuzione dei fondi basata su meccanismi quali i tassi d'interesse e aperture di credito concesse in base a criteri di valutazione bancaria. Inoltre nei limiti in cui risultano prevalenti i depositi a breve, la situazione internazionale è sottoposta a notevole instabilità. Infatti tali fondi sono altamente volatili e possono quindi contribuire ad alimentare repentini flussi di capitale atti a sconvolgere il sistema dei cambi.
2) Accanto al mercato dell'eurodollaro va però considerato il mercato delle eurobbligazioni. L'espansione di tale mercato si pone come alternativa alla concessione di ulteriori eurocrediti. Il mercato delle euroemissioni costituisce infatti un circuito supplementare rispetto all'intermediazione bancaria, per il riciclaggio dei petrodollari. Il suo recente attivo funzionamento ha in parte consolidato la struttura di entrambi i mercati.
3) Altre disponibilità vengono investite direttamente sui grandi mercati monetari e finanziari dei paesi più progrediti. I paesi esportatori di petrolio investono una parte delle loro riserve in depositi di banche americane e inglesi e in titoli negoziati a Londra e a New York. Le capacità di assorbimento di tali mercati sono enormi anche perché inizialmente le operazioni d'investimento assumono la forma di un semplice trasferimento di proprietà di attività finanziarie possedute dalle banche centrali dei paesi importatori di petrolio a quelle dei paesi esportatori. Tale canale non esclude un ulteriore riciclaggio verso paesi terzi, con la concessione di crediti e l'esportazione di capitali da parte di banche e di residenti americani verso i paesi in deficit. Poiché sostanziali ammontari di p. restano investiti a New York senza un successivo riciclaggio verso paesi terzi, potrebbero nascere problemi di scarsità della liquidità internazionale.
4) Altri fondi vengono destinati dai paesi esportatori di petrolio a investimenti diretti o di portafoglio, in operazioni immobiliari e nella formazione di joint ventures con imprese dei paesi industrializzati. I timori di condizionamenti politici hanno però indotto i paesi industrializzati a porre limiti e remore a tali forme d'investimento dei petrodollari.
5) Altre disponibilità sono state riciclate in qualche caso con la concessione di prestiti e di dilazioni nei pagamenti ai paesi importatori di petrolio o di deposito di somme in conto futuri pagamenti per acquisti di impianti. I paesi petroliferi stanno infatti elaborando ampi programmi di sviluppo che richiedono l'importazione di tecnologie e di impianti e l'esecuzione di massicci progetti d'investimento in opere pubbliche, con il concorso di imprese di paesi più progrediti. Tale collaborazione ha luogo nel quadro di accordi bilaterali tra stati importatori ed esportatori di petrolio. I canali finora menzionati tendono tuttavia a indirizzare le disponibilità valutarie verso le economie più progredite e finanziariamente più solide. Essenziale appariva dunque l'attivazione di meccanismi addizionali, posti in essere da accordi internazionali per correggere la circolazione delle disponibilità che, se affidata esclusivamente alle scelte e alle indicazioni del mercato, avrebbe aggravato gli squilibri iniziali.
6) Grande rilievo acquista in questo quadro la decisione del Fondo monetario internazionale del 13 giugno 1974 di creare un nuovo meccanismo di credito che completasse l'assistenza fornita in base ai General Arrangements to Borrow, per aiutare i paesi membri le cui bilance dei pagamenti fossero state sostanzialmente squilibrate dall'aumento del costo del petrolio a superare il difficile periodo di transizione. La dotazione di questo nuovo strumento creditizio, equivalente a 3 miliardi in diritti speciali di prelievo, era sottoscritta dai paesi OPEC e dal Canada.
Nell'ambito di tale filosofia di cooperazione si collocano anche i successivi piani Kissinger-Simon, che riprendevano una proposta OCSE, e Healy-Witteveen. Mentre il piano Healy-Witteveen, sulla linea del Fondo monetario internazionale, proponeva una riedizione dello "sportello petrolifero" finanziato con conferimenti da parte dei paesi produttori di petrolio e aperto sia ai paesi industrializzati sia ai paesi in via di sviluppo; il piano Kissinger-Simon delineava invece la creazione di un fondo, definito "rete di salvataggio", di 25 miliardi di dollari a uso esclusivo e con contributi dei paesi industrializzati.
Entrambe le tesi hanno avuto parziale accoglimento nelle decisioni prese a Washington a metà gennaio 1975 nell'ambito del Gruppo dei Dieci e del Gruppo ad interim del Fondo monetario internazionale. Il piano Kissinger-Simon è però rimasto sostanzialmente allo stadio di progetto.
7) Nel caso dei paesi europei è poi stata discussa anche l'attivazione di prestiti emessi dalla Comunità europea e sottoscritti dai paesi esportatori di petrolio, che ove vi sia necessità, saranno messi a disposizione dei paesi membri maggiormente colpiti dalla crisi.
8) Infine sono allo studio nuove forme di assistenza alle economie in via di sviluppo. Sotto questo profilo i paesi esportatori di petrolio hanno manifestato l'intenzione di creare nuovi organismi per facilitare il compito di convogliare gli aiuti verso le economie più bisognose, e inoltre gl'Istituti già esistenti, come la Banca mondiale e le diverse Banche di sviluppo, potranno ricercare fondi per i loro programmi di sviluppo, mutuando dai paesi esportatori di petrolio.
Secondo il consuntivo del giugno 1979, pur non essendo attivati tutti i canali previsti, il riciclaggio dei p. ha smorzato gli effetti della crisi petrolifera. Ciò vale soprattutto per i paesi industrializzati, la cui posizione è prodigiosamente migliorata nel 1975-78 sotto il profilo della bilancia dei pagamenti sia per le misure adottate, sia per le migliorate ragioni di scambio, sia per la crescita delle importazioni di prodotti manifatturati da parte dei paesi OPEC in misura imprevista. Quando il riciclaggio dei p. sembrava aver quasi esaurito lo scopo, almeno per i paesi industrializzati, grazie ai ritrovati equilibri dei conti con l'estero, la nuova crisi del 1979 ne ha riproposto l'attualità. L'aumento dei prezzi del petrolio nel 1979, alimentato dagli avvenimenti iraniani, sebbene meno dirompente che nel 1973-74, sembra destinato a ripetersi rendendo di nuovo rilevanti i meccanismi di riciclaggio dei surplus dei paesi OPEC. La fragilità del sistema monetario internazionale rende più complessi i dati della situazione. La nuova crisi ha inoltre aggravato la già precaria posizione dei paesi in via di sviluppo. Per essi l'attenuazione degli squilibri e le possibilità di crescita dipenderanno nel lungo periodo da come l'operazione di riciclaggio dei p. potrà interessare tali economie. L'accumulo di attività finanziarie sull'estero conseguente all'impiego di p. ha mutato profondamente i rapporti tra economie industrializzate e paesi OPEC, conferendo a questi ultimi anche un maggior peso politico.
Bibl.: Morgan Guaranty Trust Co., World Financial Markets, Rassegne mensili dal nov. 1973; M. Arcelli, Il riciclaggio dei petrodollari: problemi e linee di soluzione, in Le Compere di San Giorgio, n. 4, 1974; id., Riciclaggio dei petrodollari e aggiustamenti delle bilance dei pagamenti, in Rivista di politica economica, n. 1, 1975; G. Carli, Egypt and the Middle East in world finance, relazione presentata a un congresso svoltosi al Cairo il 24 marzo 1975; G. Zandano, Rapporti commerciali e finanziari tra paesi avanzati e Terzo Mondo dopo la crisi del petrolio, comunicazione presentata alla 15ª riunione scientifica della Società italiana degli economisti.


Nessun commento:

Posta un commento