Enciclopedia Italiana
- IV Appendice (1979)
di Mario Arcelli
PETRODOLLARI. - Col termine "petrodollari" si
sogliono designare genericamente quelle enormi quantità di valute di riserva
(in gran parte dollari) che i paesi esportatori di petrolio hanno incassato e
continuano a percepire in seguito al repentino e massiccio aumento del prezzo
del greggio deciso dall'OPEC (il cartello degli stati esportatori di petrolio)
nell'ultimo trimestre del 1973, immediatamente dopo la guerra del Kippur. Il
drastico aumento del prezzo del petrolio, che si è quadruplicato in brevissimo
tempo, è la causa fondamentale della crisi petrolifera i cui effetti si sono
tradotti in primo luogo nel peggioramento dei saldi delle bilance dei pagamenti
dei paesi industrializzati e dei paesi in via di sviluppo importatori di
petrolio, in misura più o meno grande in relazione al diverso peso che le
importazioni di questa fonte di energia hanno sulle diverse economie, e in un
corrispondente accumulo di fondi da parte dei paesi OPEC (tab. 1).
Il cosiddetto
riciclaggio dei p. riguarda pertanto la messa in atto di una serie di
meccanismi operativi nel sistema monetario internazionale per far sì che i
deficit nelle partite correnti delle bilance dei pagamenti, prodotti dall'accresciuto
costo delle importazioni di petrolio, trovino il loro finanziamento nei surplus
dei paesi esportatori, opportunamente canalizzati verso i paesi deficitari.
In effetti
l'impossibilità di eliminare, almeno nel breve periodo, il deficit petrolifero
globale dei paesi industrializzati attraverso maggiori importazioni di
manufatti e impianti da parte dei paesi esportatori di petrolio, e la
dimensione di tale squilibrio, hanno imposto il ricorso al riciclaggio dei p.
come misura indispensabile, fino a quando i trasferimenti reali non adegueranno
i redditi mondiali al mutamento delle ragioni di scambio. Tenuto conto che una
sterilizzazione dei surplus dei paesi esportatori di petrolio volta a sottrarre
tale liquidità al sistema creditizio internazionale era contraria sia
agl'interessi particolari dei paesi eccedentari sia a quelli dell'intera
collettività internazionale, appariva fuori discussione l'esistenza sostanziale
di fondi disponibili per il finanziamento dei deficit petroliferi.
I problemi sorgevano
nella fase di canalizzazione di tali disponibilità verso le economie che
maggiormente ne abbisognavano. Le difficoltà nascevano dal fatto che non era
possibile, entro i limiti di una prudente politica bancaria, effettuare
l'intera operazione attraverso i normali canali privati, dato che il rischio
sarebbe presto divenuto insostenibile: sia perché più fondi avrebbero dovuto
essere indirizzati proprio verso le economie meno solide, sia per la preferenza
dei paesi produttori di petrolio per impieghi a breve termine, mentre le
esigenze dei paesi deficitari erano soprattutto per prestiti a lungo termine.
Il riciclaggio dei p. richiedeva pertanto, oltre all'utilizzo dei canali
bancari e privati, l'intervento di organismi internazionali, nonché accordi diretti
di finanziamento tra stati. Tenendo presenti i canali esistenti (tab. 2), e
quelli in fase di attivazione, il riciclaggio dei p. sembra in effetti
realizzarsi attraverso i seguenti circuiti:
1) Una parte dei fondi
viene collocata sul mercato dell'eurodollaro, lasciando il compito di
canalizzare i fondi alle banche operanti su tale mercato. La dimensione netta
del mercato dell'eurodollaro, dell'ordine dei 200 miliardi di dollari,
testimonia la rilevante capacità di assorbimento e di distribuzione di cifre
enormi. Ciò non elimina tuttavia l'insoddisfazione per una struttura creditizia
sottoposta a scarsissimi controlli, mentre i rischi diventano sempre più
rilevanti; e soprattutto non risolve il dubbio se sia adeguata in termini di
equilibrio dei pagamenti internazionali una redistribuzione dei fondi basata su
meccanismi quali i tassi d'interesse e aperture di credito concesse in base a
criteri di valutazione bancaria. Inoltre nei limiti in cui risultano prevalenti
i depositi a breve, la situazione internazionale è sottoposta a notevole
instabilità. Infatti tali fondi sono altamente volatili e possono quindi
contribuire ad alimentare repentini flussi di capitale atti a sconvolgere il
sistema dei cambi.
2) Accanto al mercato
dell'eurodollaro va però considerato il mercato delle eurobbligazioni.
L'espansione di tale mercato si pone come alternativa alla concessione di
ulteriori eurocrediti. Il mercato delle euroemissioni costituisce infatti un
circuito supplementare rispetto all'intermediazione bancaria, per il
riciclaggio dei petrodollari. Il suo recente attivo funzionamento ha in parte
consolidato la struttura di entrambi i mercati.
3) Altre disponibilità
vengono investite direttamente sui grandi mercati monetari e finanziari dei
paesi più progrediti. I paesi esportatori di petrolio investono una parte delle
loro riserve in depositi di banche americane e inglesi e in titoli negoziati a
Londra e a New York. Le capacità di assorbimento di tali mercati sono enormi
anche perché inizialmente le operazioni d'investimento assumono la forma di un
semplice trasferimento di proprietà di attività finanziarie possedute dalle
banche centrali dei paesi importatori di petrolio a quelle dei paesi
esportatori. Tale canale non esclude un ulteriore riciclaggio verso paesi terzi,
con la concessione di crediti e l'esportazione di capitali da parte di banche e
di residenti americani verso i paesi in deficit. Poiché sostanziali ammontari
di p. restano investiti a New York senza un successivo riciclaggio verso paesi
terzi, potrebbero nascere problemi di scarsità della liquidità internazionale.
4) Altri fondi vengono
destinati dai paesi esportatori di petrolio a investimenti diretti o di
portafoglio, in operazioni immobiliari e nella formazione di joint ventures con imprese dei paesi industrializzati. I
timori di condizionamenti politici hanno però indotto i paesi industrializzati
a porre limiti e remore a tali forme d'investimento dei petrodollari.
5) Altre disponibilità
sono state riciclate in qualche caso con la concessione di prestiti e di
dilazioni nei pagamenti ai paesi importatori di petrolio o di deposito di somme
in conto futuri pagamenti per acquisti di impianti. I paesi petroliferi stanno
infatti elaborando ampi programmi di sviluppo che richiedono l'importazione di
tecnologie e di impianti e l'esecuzione di massicci progetti d'investimento in
opere pubbliche, con il concorso di imprese di paesi più progrediti. Tale
collaborazione ha luogo nel quadro di accordi bilaterali tra stati importatori
ed esportatori di petrolio. I canali finora menzionati tendono tuttavia a
indirizzare le disponibilità valutarie verso le economie più progredite e
finanziariamente più solide. Essenziale appariva dunque l'attivazione di
meccanismi addizionali, posti in essere da accordi internazionali per
correggere la circolazione delle disponibilità che, se affidata esclusivamente
alle scelte e alle indicazioni del mercato, avrebbe aggravato gli squilibri
iniziali.
6) Grande rilievo
acquista in questo quadro la decisione del Fondo monetario internazionale del
13 giugno 1974 di creare un nuovo meccanismo di credito che completasse
l'assistenza fornita in base ai General Arrangements to Borrow, per aiutare i paesi
membri le cui bilance dei pagamenti fossero state sostanzialmente squilibrate
dall'aumento del costo del petrolio a superare il difficile periodo di
transizione. La dotazione di questo nuovo strumento creditizio, equivalente a 3
miliardi in diritti speciali di prelievo, era sottoscritta dai paesi OPEC e dal
Canada.
Nell'ambito di tale
filosofia di cooperazione si collocano anche i successivi piani
Kissinger-Simon, che riprendevano una proposta OCSE, e Healy-Witteveen. Mentre
il piano Healy-Witteveen, sulla linea del Fondo monetario internazionale,
proponeva una riedizione dello "sportello petrolifero" finanziato con
conferimenti da parte dei paesi produttori di petrolio e aperto sia ai paesi
industrializzati sia ai paesi in via di sviluppo; il piano Kissinger-Simon
delineava invece la creazione di un fondo, definito "rete di salvataggio",
di 25 miliardi di dollari a uso esclusivo e con contributi dei paesi
industrializzati.
Entrambe le tesi hanno
avuto parziale accoglimento nelle decisioni prese a Washington a metà gennaio
1975 nell'ambito del Gruppo dei Dieci e del Gruppo ad interim del Fondo monetario internazionale. Il
piano Kissinger-Simon è però rimasto sostanzialmente allo stadio di progetto.
7) Nel caso dei paesi
europei è poi stata discussa anche l'attivazione di prestiti emessi dalla
Comunità europea e sottoscritti dai paesi esportatori di petrolio, che ove vi
sia necessità, saranno messi a disposizione dei paesi membri maggiormente
colpiti dalla crisi.
8) Infine sono allo
studio nuove forme di assistenza alle economie in via di sviluppo. Sotto questo
profilo i paesi esportatori di petrolio hanno manifestato l'intenzione di
creare nuovi organismi per facilitare il compito di convogliare gli aiuti verso
le economie più bisognose, e inoltre gl'Istituti già esistenti, come la Banca
mondiale e le diverse Banche di sviluppo, potranno ricercare fondi per i loro
programmi di sviluppo, mutuando dai paesi esportatori di petrolio.
Secondo il consuntivo
del giugno 1979, pur non essendo attivati tutti i canali previsti, il
riciclaggio dei p. ha smorzato gli effetti della crisi petrolifera. Ciò vale
soprattutto per i paesi industrializzati, la cui posizione è prodigiosamente
migliorata nel 1975-78 sotto il profilo della bilancia dei pagamenti sia per le
misure adottate, sia per le migliorate ragioni di scambio, sia per la crescita
delle importazioni di prodotti manifatturati da parte dei paesi OPEC in misura
imprevista. Quando il riciclaggio dei p. sembrava aver quasi esaurito lo scopo,
almeno per i paesi industrializzati, grazie ai ritrovati equilibri dei conti
con l'estero, la nuova crisi del 1979 ne ha riproposto l'attualità. L'aumento
dei prezzi del petrolio nel 1979, alimentato dagli avvenimenti iraniani,
sebbene meno dirompente che nel 1973-74, sembra destinato a ripetersi rendendo
di nuovo rilevanti i meccanismi di riciclaggio dei surplus dei paesi OPEC. La
fragilità del sistema monetario internazionale rende più complessi i dati della
situazione. La nuova crisi ha inoltre aggravato la già precaria posizione dei
paesi in via di sviluppo. Per essi l'attenuazione degli squilibri e le possibilità
di crescita dipenderanno nel lungo periodo da come l'operazione di riciclaggio
dei p. potrà interessare tali economie. L'accumulo di attività finanziarie
sull'estero conseguente all'impiego di p. ha mutato profondamente i rapporti
tra economie industrializzate e paesi OPEC, conferendo a questi ultimi anche un
maggior peso politico.
Bibl.: Morgan Guaranty Trust Co., World Financial
Markets, Rassegne mensili dal nov. 1973; M. Arcelli, Il riciclaggio
dei petrodollari: problemi e linee di soluzione, in Le Compere di San Giorgio, n. 4, 1974; id., Riciclaggio dei petrodollari e aggiustamenti delle bilance dei
pagamenti, in Rivista di politica economica, n. 1, 1975; G. Carli, Egypt and the Middle East in world finance, relazione presentata a
un congresso svoltosi al Cairo il 24 marzo 1975; G. Zandano, Rapporti commerciali e finanziari tra paesi avanzati e Terzo Mondo
dopo la crisi del petrolio, comunicazione presentata alla 15ª riunione
scientifica della Società italiana degli economisti.
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