Il
“Manifesto” ha bucato due importanti notizie che sono scaturite dal dibattito
svoltosi in Senato il 18 luglio scorso con all’ordine del giorno le mozioni
sul disarmo nucleare.
Sono state
bocciate due mozioni con primo firmatario Roberto Cotti (M5S) ed una con
prima firmataria Loredana De Petris (SI-SEL), che avrebbero rappresentato
un’occasione storica per l’Italia.
(Per tutta
questa vicenda parlamentare è utilissimo il link ai resoconti ufficiali del
Senato: senato.it)
L'articolo
è lungo ma spero ben documentato: lettore avvisato mezzo salvato! Chi vuole e
può si doti di pazienza e continui! In prossimi articoli si spiegherà meglio
perché la segretezza delle ispezioni è una pagliuzza rispetto alla trave del
segreto che circonda la materia nucleare. Questa trave però è una non
notizia...)
La prima mozione, primo firmatario Cotti ma sostenuta da un ampio arco trasversale da ben 8
gruppi parlamentari, appunto bocciata (“respinta” in linguaggio tecnico),
giaceva nei cassetti del Senato da almeno due anni. Essa chiedeva
semplicemente al governo italiano che non si dotassero gli aerei F‑35, di
cui sta andando avanti il progetto di costruzione di armi nucleari (e di
acquisto pare per 15 miliardi di euro, miliardo più miliardo meno).
La seconda mozione bocciata, che chiameremo ancora
Cotti per il primo firmatario,
chiedeva, da parte del M5S, di aderire al Trattato adottato il 7 luglio 2016
dalla Conferenza di New York. Viene stabilita in questa sede
nientepopodimeno che la proibizione delle armi nucleari! Cotti
stesso ha sottolineato nel suo intervento che "questo passo
comporterà - va detto chiaramente - che anche le bombe nucleari statunitensi
che deteniamo a Ghedi e ad Aviano dovrebbero essere dismesse, perché la
dismissione di queste bombe è praticamente obbligatoria ed andrebbe
completata entro un mese dall'adesione dell'Italia al Trattato. Queste bombe
sono infatti incompatibili con questo Trattato, mentre non necessariamente lo
erano rispetto al Trattato di non proliferazione nucleare del 1968".
E’stata bocciata infine anche la mozione con prima
firma della senatrice Loredana De Petris, per la quale come Disarmisti esigenti abbiamo offerto un decisivo
contributo (ma anche nelle mozioni Cotti c’è stata la nostra mano). Ecco come
la presentava la De Petris stessa: “Con la mozione all'ordine del giorno
noi chiediamo al Governo, ancorché l'Italia non si sia pronunciata il 7
luglio, di ratificare, dopo la data del 20 settembre 2017, quando inizierà il
processo di ratifica, il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari,
anche al fine di garantire la sua effettiva entrata in vigore che, come è
noto, avverrà solo dopo la ratifica da parte di 50 Paesi. Contemporaneamente
chiediamo di avviare un percorso che porti alla liberazione del nostro
territorio dalle armi nucleari presenti nelle basi e nei porti italiani e
quindi a liberare le nostre popolazioni da queste servitù, che non sono
semplicemente militari, ma che comportano anche la presenza di armi nucleari
sul nostro territorio nonostante si sia impegnati dal TNP a non ospitarne".
Mi sia
consentito citare la bellissima premessa di questa mozione: “la
sussistenza delle armi nucleari su questo pianeta rappresenta una minaccia
per la sopravvivenza della stessa umanità: liberarsi di tale minaccia
rappresenta dunque, per i popoli della terra, un diritto istitutivo e
costitutivo della stessa vita sociale”.
Bene, anzi male, come si diceva all’inizio, questa
delle tre mozioni respinte è la prima notizia bucata dal “Manifesto”.
Poi c’è
stato un secondo buco, che ha una certa gravità per chi si interessa al
dibattito ed al comportamento della sinistra e cerca in essi motivi per
sperare in trasformazioni sociali positive.
A un certo
punto la seduta in aula viene sospesa per mancanza di numero legale e
riprende alle 16-30, però con un cambiamento di tema: non si discute più di
disarmo nucleare bensì di vaccini.
C’è però
stato, in mattinata, il tempo del parere del governo sulle varie mozioni
presentate, quelle che – ripetiamolo - non si riuscirà a votare, visto che la
discussione verrà interrotta.
Possiamo
così registrare il parere favorevole del governo sulla mozione presentata dal
PD, primo firmatario Manassero: in base alla testuale “centralità del
TNP” non aderisce al Trattato del 7 luglio (ma si fa un
accenno alla creazione di una Zona denuclearizzata nel Medio Oriente).
Fin qui
siamo, con il PD, sullo scontato. Ma abbiamo il colpo di scena: la
“riformulazione” della mozione del MDP, con prima firma di Fornaro, riformulazione
accettata dai proponenti, che valuta la possibilità di adesione al nuovo
Trattato del 7 luglio, purché siano d’accordo gli USA e la NATO!
Qui di seguito il testo preciso della mozione
Fornaro riformulata (con il suo consenso):
“impegna
il Governo a continuare a perseguire l'obiettivo di un mondo privo di armi
nucleari, attraverso un approccio progressivo e inclusivo al disarmo, che
riconosca la centralità del Trattato di non proliferazione nucleare e
attraverso modalità che promuovano la stabilità internazionale, valutando in
questo contesto, compatibilmente con l'obiettivo delineato, con gli obblighi
assunti in sede di Alleanza Atlantica e con l'orientamento degli altri
alleati, la possibilità di aderire al trattato giuridicamente vincolante per
vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione, approvato
a New York il 7 luglio 2017 dalla conferenza ONU appositamente convocata”.
Facciamo
poi parlare lo stesso senatore Fornaro: “La nostra posizione è molto
realistica: non possiamo dimenticare l'esistenza di accordi internazionali di
difesa NATO e con gli Stati Uniti, che è un elemento che deve essere tenuto
in considerazione e, conseguentemente, reso coerente con l'obiettivo, su cui
siamo assolutamente d'accordo, di arrivare, in una prospettiva la più breve
possibile, al divieto dell'utilizzo delle armi nucleari tout court”.
Diciamo che questi ossimori strampalati sono la
linea cui si è attenuto il coordinatore della Rete Italiana Disarmo nel suo
articolo apparso sul Manifesto del 14 luglio 2017.
Il TNP,
pilastro di fatto del (dis)ordine nucleare, è centrale, il Trattato del 7
luglio di proibizione è di complemento, uno stimolo: cioè l’opposto di quanto
ha ispirato il movimento internazionale delle 600 reti disarmiste coalizzate
in ICAN per portare allo storico risultato di New York!
Facciamo
conto ora, come fa il “Manifesto” che tutto quanto sopra riportato sul 18
luglio in Senato non sia avvenuto e tiriamo fuori proprio oggi (21 luglio
2017) la sparata mediatica, dall’imbeccata del mediatico Hans Kristensen, del
FAS (Federation of Atomic Scientist), che le ispezioni USA sulle
atomiche sono state rese ancora più segrete.
Ecco quindi
una clamorosa prima pagina con editoriale di Tommaso Di Francesco a
sbracciarsi che abbiamo un salto di qualità nella segretezza che circonda le
armi atomiche, tirando fuori frasi che non hanno né capo né coda per chiunque
si sia occupato un minimo del problema con serietà (cioè senza inseguire i
bla bla dei giochini politici che vanno ad oscurare il merito delle
questioni).
Frasi del
tipo: “Cancellare il controllo sulle atomiche vuol dire cancellare per
l’Italia la sovranità più decisiva, quella del controllo di sicurezza sul
proprio territorio”.
Caro Di
Francesco, quando mai abbiamo avuto il controllo sulle atomiche in Italia?
E notiamo
la conclusione, della confusionarietà più assoluta: “Non vogliamo le armi
nucleari, c’è un trattato ONU che le vieta e un altro che le bandisce”.
Caro Di
Francesco, intendi forse dire che il TNP vieta le armi atomiche quando di
fatto è la fonte di legittimazione della “deterrenza” per le potenze
nucleari?
E dopo
l’editoriale che inizia in prima pagina, intitolato “Armi nucleari, la
servitù del silenzio”, abbiamo due intere pagine dedicate, la 8 e la 9, con
articoli di Dinucci, Gonelli, Vignarca.
A
proposito di quanto il TNP, alla fin della fiera, non vieti proprio alcunché
c’è proprio l’intervista di Vignarca a Kristensen a chiarire meglio le cose
(con il noto scienziato ad evocare tatticamente lo “spirito” violato, così
come facciamo noi).
Domanda di
Vignarca: La presenza di questi ordigni in Italia (e non solo) è
stata criticata come una violazione del Trattato di Non Proliferazione (Tnp).
Che ne pensa?
Risposta
di Kristensen: “Gli accordi di «nuclear sharing» erano già in vigore prima
della firma del Tnp per cui sono in qualche modo stati accettati e ricompresi
nelle sue disposizioni (…). I difensori del nuclear sharing affermano che
siccome le testate sono sotto il controllo statunitense in tempo di pace, con
trattato sospeso in tempo di guerra, non c’è alcuna violazione”.
Mentre con
il TNP dobbiamo interpretare lo “spirito” insomma, quando la lettera è fatta
di accordi ricompresi e clausole come quella dell’”atomica europea” (l’Italia
ha aderito con varie riserve, tra qui quella di poter partecipare ad un
progetto europeo di bomba atomica); sul Trattato del 7 luglio invece il
dispositivo è chiaro ed inequivocabile nel testo: gli ordigni nucleari sono
proibiti anche solo nella minaccia dell’uso (quindi si mette fuori legge la
deterrenza in sé). L’unico punto controverso, incerto (e decisivo) sta in
come esso – divieto ONU del 7 luglio - possa valere anche per le potenze nucleari
– ed i loro vassalli come l’Italia – che non hanno firmato (e non intendono
farlo guarda caso proprio accampando la centralità del TNP)!
Ma quale
è il trucco con il quale il TNP va a legittimare gli arsenali delle potenze
nucleari?
Una
inezia, a ben pensarci: basta che non indichi una scadenza al disarmo cui il
ristretto club atomico sarebbe impegnato da “negoziati in buona fede”.
Dall’art. VI del suddetto TNP (quello che anche noi citiamo come “obiettivo
conclamato da attuare”). Per cui io Stato armato nuclearmente fino ai denti
sono legittimato in ciò perché ho promesso di disarmare (ed ho promesso agli
altri Stati di aiutarli nel nucleare civile), ma nessuno mi ha imposto regole
sul come e sul quando rispettare la promessa!
Dopodiche
arriva Manlio Dinucci che, sempre sul Manifesto di oggi, ci propina la
ricetta del cannolo salato: la completa denuclearizzazione che sarebbe sia
“prescritta dal TNP” (ma quando mai: è solo lo “spirito” del TNP a farlo, e
quello lo invitiamo sempre a tavola facendo buon viso a cattivo gioco!) sia
perché “condizione indispensabile per l’adesione italiana al trattato sulla
proibizione delle armi nucleari”.
Poi, sempre
sul Manifesto di oggi, si svegliano i “parlamentari per la pace” che hanno
appena (molti di loro) bocciato le mozioni Cotti e De Petris a promettere
fuoco e fiamme contro le nuove B-61 nucleari adattate per essere trasportate
sugli F35 in via di acquisizione!
(No, in
realtà sto esagerando: si limitano a richiedere alla Pinotti che venga a riferire
sulla "segretezza delle ispezioni").
Forse alla
“sinistra sinistrata” farebbe bene non essere servita da giochi di parole
funambolici e fumisterici (il TNP è centrale, ma anche il Trattato di
proibizione del 7 luglio lo è) ma con amare verità, cui prepararsi a far
fronte. Tipo quella che il MDP che ha D’Alema, il bombardatore di Belgrado,
tra i principali ispiratori, non intende, “realisticamente”, sottrarsi alla
lealtà verso la NATO.
Per concludere: noi Disarmisti esigenti non
intendiamo partecipare alla fiera del luogo comune con le parole che vanno ad
esaltare un concetto e contemporaneamente il suo inconciliabile opposto nella realtà dei conflitti effettivi. Un esempio è
l’articolo di Vignarca del 14 luglio che abbiamo già citato. La sua posizione
sul TNP è chiara: buono ma insufficiente. E centrale. Da conservare. Buono
perché ha impedito la proliferazione. Insufficiente perché non è andato molto
avanti sulla strada del disarmo. Per cui - citazione testuale - “il TNP non
può essere indebolito pena la proliferazione”. Da conservare quale pilastro
anche del disarmo da perseguire, cui il Trattato del 7 luglio si pone come
complemento. Ma su questo punto occorre essere chiarissimi. Questa non è una
strategia che – movimento internazionale, rete di reti pacifiste - intendiamo
perseguire a livello internazionale. Non è la strategia del Trattato per la
proibizione come generale e del TNP come particolare da inglobare.
Non è la
strategia che ci porterà a “battere i pugni” nel 2018 (Conferenza sul disarmo
ad alto livello dell’ONU, primo confronto tra Stati nucleari e Stati non
nucleari) e soprattutto alla conferenza di revisione del TNP 2020. Non
è la strategia che guarda al collegamento con il diritto ambientale e con
Bonn, dove a novembre si terrà la COP 23 per attuare l’accordo di Parigi sul
clima globale.
Né ci
permette una vera unità strategica (tattica è da vedere) - io credo - nella
stessa campagna per l’uscita dell’Italia dalla condivisione nucleare NATO.
Ovviamente Vignarca con la RID (e chi intende seguirlo) è liberissimo di
andare avanti su questa strada senza sbocchi della centralità del TNP da
conservare (e non invece da inglobare attuando, sostanzialmente, SOLO l’art.
VI).
I
Disarmisti esigenti sono nati in Italia con contenuti e valori nuovi (rispetto
al pacifismo specialistico di derivazione culturale anglosassone), nonché ben
consapevoli che il risultato del 7 luglio è frutto di una vera e propria
“rivolta” (anche se tatticamente ben giocata) degli Stati non nucleari. Di
una “discontinuità”, si direbbe nell’orrendo politichese italiano. Anche noi
però siamo liberi di proseguire per la nostra strada. E siamo eticamente
obbligati a farlo.
Noi non
intendiamo spacciare la rivoluzione disarmista in atto a livello
internazionale (e vitalmente necessaria), a partire dai 122 Stati “ribelli”,
come una tranquilla riforma(alla “Renzi”, potremmo dire guardando al
panorama italiano), che potrà andare avanti senza sconvolgimenti, senza
ribaltare l’ordine politico, culturale e giuridico esistente.
La
soluzione “radicale” (radicale nel senso di andare alla radice del problema)
del fondare l’eliminazione sulla proibizione è inevitabile ed è l'unica
realistica. L’alternativa del ritorno all’età della pietra, che ci ricorda
Vignarca alla fine del suo articolo del 14 luglio, potrebbe essere
addirittura ottimistica!
Alfonso
Navarra
Sabato 22 Luglio,2017 Ore: 22:48
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