La
ministra della Difesa Pinotti, dopo un colloquio con il suo collega
USA generale Mattis, ha svelato che militari italiani potrebbero
essere inviati a Raqqa in Siria, nonostante il parere contrario del
legittimo governo siriano da 6 anni sotto attacco dell'Isis e di
nemici vari.
Ha
spiegato inoltre che la nostra presenza militare in Afghanistan e
Iraq sarà ristrutturata con un probabile aumento dei militari
impegnati, il tutto mentre gli USA ci hanno chiesto un impegno
maggiore in Libia dove gia' 300 militari italiani, quello italiano è
l' unico esercito straniero presente nel paese, stanno gestendo un
ospedale militare a Misurata e presidiando la zona.
L'impiego
dei militari italiani in paesi in guerra e' “ per la pace ".
“ Per sostenere la nostra economia” invece vendiamo armi
all'Arabia Saudita, usate poi per bombardare in Yemen, agli altri
paesi del Golfo e a molti altri.
L'export italiano di armi e' passato da poco meno di 3 miliardi del 2014 ai 14 miliardi del 2016 e ben il 59% di questo gigantesco fatturato e' dovuto alla vendita nei paesi del Medio Oriente.
L'export italiano di armi e' passato da poco meno di 3 miliardi del 2014 ai 14 miliardi del 2016 e ben il 59% di questo gigantesco fatturato e' dovuto alla vendita nei paesi del Medio Oriente.
Il
tutto alimenta le guerre che impazzano nella regione, causa del
terrorismo che ha cambiato la vita delle città dell' Europa e di
parte delle migrazioni che stanno destabilizzando l' Unione Europea e
il nostro paese. Stanno destabilizzandoci indirettamente,
perché alcuni paesi nel mondo sostengono, in proporzione alle loro
dimensioni, una presenza di stranieri enormemente maggiore.
A
questa strategia catastrofica e guerrafondaia del governo italiano
non viene contrapposta un' opposizione complessiva da parte di nessun
soggetto. In parlamento, M5S e Sinistra Italiana si esprimono contro
alcune scelte governative, ma non mettono il tema guerra al centro
della loro azione e lo delegano ai pochi deputati che seguono il
settore esteri.
La sinistra più radicale e antagonista, come per esempio la Coalizione Eurostop, dice No alla Nato e alla militarizzazione dei territori, ma anch' essa dedica il suo impegno ad altre questioni.
La sinistra più radicale e antagonista, come per esempio la Coalizione Eurostop, dice No alla Nato e alla militarizzazione dei territori, ma anch' essa dedica il suo impegno ad altre questioni.
I
pochi e piccoli gruppi attivi sulle guerre si concentrano su
alcuni temi particolari ma non si coordinano tra loro e non si
preoccupano di costruire una strategia complessiva e uno schieramento
alternativo alle politiche di guerra del governo Pd.
A
sinistra il fiume di parole che sta accompagnando la costruzione di
una sinistra diversa dal Partito Democratico ha dedicato alle guerre
e al riarmo solo una frase, a proposito della illegalità della
guerra italiana alla Serbia del 1.999.
Negli
anni passati in qualche occasione piccole aggregazioni di gruppi
politici o di altro tipo avevano preso posizioni collettive contro
scelte governative, della Nato o dell' UE.
Ora
invece non c'e' traccia neppure di questo.
Dal
17 luglio sono in calendario in Senato e alla Camera due mozioni.
Una sulle armi dalla Sardegna ai bombardamenti sauditi sullo Yemen e
l' altra sul recente trattato ONU per la proibizione delle armi
nucleari. Ma la scarsa decisione di chi le porta avanti consente
anche alla maggioranza governativa di presentarle, nei pochi
accenni rintracciabili sui siti istituzionali, in un modo che non si
capisce il loro vero oggetto.
La
mozione sulle armi fabbricate in Sardegna diventa genericamente
"sulla guerra in Yemen" e la mozione sul trattato Onu che
proibisce le armi nucleari e' presentata come una mozione "sulla
proliferazione nucleare".
Invece
l' opposizione alle guerre e alle politiche governative di guerra di
questi anni ha bisogno di continuità, di un coordinamento tra
soggetti politici e movimenti e di una visione complessiva. La guerra
non e' un tema di nicchia, e' una parte fondamentale del sistema
paese che condiziona tutto il sistema paese. Ma nessuno considera
centrali i conflitti armati di questi anni.
Io
continuo a credere che ci sia nell'opinione pubblica italiana una
grossa contrarietà alle guerre e al mercato delle armi e che debba
essere trovato un modo giusto ed adeguato per organizzarla e
esprimerla. Ma in attesa di trovarlo, chi già si interessa di temi
relativi alla guerra, deve opporsi complessivamente alla politica
guerrafondaia e avventurista dei nostri governi, ed oggi alle scelte
del governo di guerra Gentiloni-Pinotti.
E'
giusto e necessario farlo anche se non è semplice. Ma il modo
opportuno di opporsi alla guerra deve essere cercato muovendosi nei
modi possibili oggi, non disimpegnandosi.
Marco Palombo
Marco Palombo
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