domenica 23 luglio 2017

Un buco del Manifesto: disarmo nucleare al Senato il 18 luglio


Un buco del Manifesto: disarmo nucleare al Senato il 18 luglio
MDP intende continuare ad essere leale verso la NATO



di Alfonso Navarra
Il “Manifesto” ha bucato due importanti notizie che sono scaturite dal dibattito svoltosi in Senato il 18 luglio scorso con all’ordine del giorno le mozioni sul disarmo nucleare.

Sono state bocciate due mozioni con primo firmatario Roberto Cotti (M5S) ed una con prima firmataria Loredana De Petris (SI-SEL), che avrebbero rappresentato un’occasione storica per l’Italia.

(Per tutta questa vicenda parlamentare è utilissimo il link ai resoconti ufficiali del Senato: senato.it)
L'articolo è lungo ma spero ben documentato: lettore avvisato mezzo salvato! Chi vuole e può si doti di pazienza e continui! In prossimi articoli si spiegherà meglio perché la segretezza delle ispezioni è una pagliuzza rispetto alla trave del segreto che circonda la materia nucleare. Questa trave però è una non notizia...)

La prima mozione, primo firmatario Cotti ma sostenuta da un ampio arco trasversale da ben 8 gruppi parlamentari, appunto bocciata (“respinta” in linguaggio tecnico), giaceva nei cassetti del Senato da almeno due anni. Essa chiedeva semplicemente al governo italiano che non si dotassero gli aerei F‑35, di cui sta andando avanti il progetto di costruzione di armi nucleari (e di acquisto pare per 15 miliardi di euro, miliardo più miliardo meno).

La seconda mozione bocciata, che chiameremo ancora Cotti per il primo firmatario, chiedeva, da parte del M5S, di aderire al Trattato adottato il 7 luglio 2016 dalla Conferenza di New York. Viene stabilita in questa sede nientepopodimeno che la proibizione delle armi nucleari! Cotti stesso ha sottolineato nel suo intervento che "questo passo comporterà - va detto chiaramente - che anche le bombe nucleari statunitensi che deteniamo a Ghedi e ad Aviano dovrebbero essere dismesse, perché la dismissione di queste bombe è praticamente obbligatoria ed andrebbe completata entro un mese dall'adesione dell'Italia al Trattato. Queste bombe sono infatti incompatibili con questo Trattato, mentre non necessariamente lo erano rispetto al Trattato di non proliferazione nucleare del 1968".

E’stata bocciata infine anche la mozione con prima firma della senatrice Loredana De Petris, per la quale come Disarmisti esigenti abbiamo offerto un decisivo contributo (ma anche nelle mozioni Cotti c’è stata la nostra mano). Ecco come la presentava la De Petris stessa: “Con la mozione all'ordine del giorno noi chiediamo al Governo, ancorché l'Italia non si sia pronunciata il 7 luglio, di ratificare, dopo la data del 20 settembre 2017, quando inizierà il processo di ratifica, il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, anche al fine di garantire la sua effettiva entrata in vigore che, come è noto, avverrà solo dopo la ratifica da parte di 50 Paesi. Contemporaneamente chiediamo di avviare un percorso che porti alla liberazione del nostro territorio dalle armi nucleari presenti nelle basi e nei porti italiani e quindi a liberare le nostre popolazioni da queste servitù, che non sono semplicemente militari, ma che comportano anche la presenza di armi nucleari sul nostro territorio nonostante si sia impegnati dal TNP a non ospitarne".
Mi sia consentito citare la bellissima premessa di questa mozione: “la sussistenza delle armi nucleari su questo pianeta rappresenta una minaccia per la sopravvivenza della stessa umanità: liberarsi di tale minaccia rappresenta dunque, per i popoli della terra, un diritto istitutivo e costitutivo della stessa vita sociale”.

Bene, anzi male, come si diceva all’inizio, questa delle tre mozioni respinte è la prima notizia bucata dal “Manifesto”.

Poi c’è stato un secondo buco, che ha una certa gravità per chi si interessa al dibattito ed al comportamento della sinistra e cerca in essi motivi per sperare in trasformazioni sociali positive.

A un certo punto la seduta in aula viene sospesa per mancanza di numero legale e riprende alle 16-30, però con un cambiamento di tema: non si discute più di disarmo nucleare bensì di vaccini.
C’è però stato, in mattinata, il tempo del parere del governo sulle varie mozioni presentate, quelle che – ripetiamolo - non si riuscirà a votare, visto che la discussione verrà interrotta.
Possiamo così registrare il parere favorevole del governo sulla mozione presentata dal PD, primo firmatario Manassero: in base alla testuale “centralità del TNP” non aderisce al Trattato del 7 luglio (ma si fa un accenno alla creazione di una Zona denuclearizzata nel Medio Oriente).
Fin qui siamo, con il PD, sullo scontato. Ma abbiamo il colpo di scena: la “riformulazione” della mozione del MDP, con prima firma di Fornaro, riformulazione accettata dai proponenti, che valuta la possibilità di adesione al nuovo Trattato del 7 luglio, purché siano d’accordo gli USA e la NATO!

Qui di seguito il testo preciso della mozione Fornaro riformulata (con il suo consenso):
impegna il Governo a continuare a perseguire l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, attraverso un approccio progressivo e inclusivo al disarmo, che riconosca la centralità del Trattato di non proliferazione nucleare e attraverso modalità che promuovano la stabilità internazionale, valutando in questo contesto, compatibilmente con l'obiettivo delineato, con gli obblighi assunti in sede di Alleanza Atlantica e con l'orientamento degli altri alleati, la possibilità di aderire al trattato giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione, approvato a New York il 7 luglio 2017 dalla conferenza ONU appositamente convocata”.
Facciamo poi parlare lo stesso senatore Fornaro: “La nostra posizione è molto realistica: non possiamo dimenticare l'esistenza di accordi internazionali di difesa NATO e con gli Stati Uniti, che è un elemento che deve essere tenuto in considerazione e, conseguentemente, reso coerente con l'obiettivo, su cui siamo assolutamente d'accordo, di arrivare, in una prospettiva la più breve possibile, al divieto dell'utilizzo delle armi nucleari tout court”.

Diciamo che questi ossimori strampalati sono la linea cui si è attenuto il coordinatore della Rete Italiana Disarmo nel suo articolo apparso sul Manifesto del 14 luglio 2017.

Il TNP, pilastro di fatto del (dis)ordine nucleare, è centrale, il Trattato del 7 luglio di proibizione è di complemento, uno stimolo: cioè l’opposto di quanto ha ispirato il movimento internazionale delle 600 reti disarmiste coalizzate in ICAN per portare allo storico risultato di New York!
Facciamo conto ora, come fa il “Manifesto” che tutto quanto sopra riportato sul 18 luglio in Senato non sia avvenuto e tiriamo fuori proprio oggi (21 luglio 2017) la sparata mediatica, dall’imbeccata del mediatico Hans Kristensen, del FAS (Federation of Atomic Scientist), che le ispezioni USA sulle atomiche sono state rese ancora più segrete.

Ecco quindi una clamorosa prima pagina con editoriale di Tommaso Di Francesco a sbracciarsi che abbiamo un salto di qualità nella segretezza che circonda le armi atomiche, tirando fuori frasi che non hanno né capo né coda per chiunque si sia occupato un minimo del problema con serietà (cioè senza inseguire i bla bla dei giochini politici che vanno ad oscurare il merito delle questioni).
Frasi del tipo: “Cancellare il controllo sulle atomiche vuol dire cancellare per l’Italia la sovranità più decisiva, quella del controllo di sicurezza sul proprio territorio”.
Caro Di Francesco, quando mai abbiamo avuto il controllo sulle atomiche in Italia?
E notiamo la conclusione, della confusionarietà più assoluta: “Non vogliamo le armi nucleari, c’è un trattato ONU che le vieta e un altro che le bandisce”.
Caro Di Francesco, intendi forse dire che il TNP vieta le armi atomiche quando di fatto è la fonte di legittimazione della “deterrenza” per le potenze nucleari?
E dopo l’editoriale che inizia in prima pagina, intitolato “Armi nucleari, la servitù del silenzio”, abbiamo due intere pagine dedicate, la 8 e la 9, con articoli di Dinucci, Gonelli, Vignarca.

A proposito di quanto il TNP, alla fin della fiera, non vieti proprio alcunché c’è proprio l’intervista di Vignarca a Kristensen a chiarire meglio le cose (con il noto scienziato ad evocare tatticamente lo “spirito” violato, così come facciamo noi).
Domanda di Vignarca: La presenza di questi ordigni in Italia (e non solo) è stata criticata come una violazione del Trattato di Non Proliferazione (Tnp). Che ne pensa?
Risposta di Kristensen: “Gli accordi di «nuclear sharing» erano già in vigore prima della firma del Tnp per cui sono in qualche modo stati accettati e ricompresi nelle sue disposizioni (…). I difensori del nuclear sharing affermano che siccome le testate sono sotto il controllo statunitense in tempo di pace, con trattato sospeso in tempo di guerra, non c’è alcuna violazione”.
Mentre con il TNP dobbiamo interpretare lo “spirito” insomma, quando la lettera è fatta di accordi ricompresi e clausole come quella dell’”atomica europea” (l’Italia ha aderito con varie riserve, tra qui quella di poter partecipare ad un progetto europeo di bomba atomica); sul Trattato del 7 luglio invece il dispositivo è chiaro ed inequivocabile nel testo: gli ordigni nucleari sono proibiti anche solo nella minaccia dell’uso (quindi si mette fuori legge la deterrenza in sé). L’unico punto controverso, incerto (e decisivo) sta in come esso – divieto ONU del 7 luglio - possa valere anche per le potenze nucleari – ed i loro vassalli come l’Italia – che non hanno firmato (e non intendono farlo guarda caso proprio accampando la centralità del TNP)!
Ma quale è il trucco con il quale il TNP va a legittimare gli arsenali delle potenze nucleari?
Una inezia, a ben pensarci: basta che non indichi una scadenza al disarmo cui il ristretto club atomico sarebbe impegnato da “negoziati in buona fede”. Dall’art. VI del suddetto TNP (quello che anche noi citiamo come “obiettivo conclamato da attuare”). Per cui io Stato armato nuclearmente fino ai denti sono legittimato in ciò perché ho promesso di disarmare (ed ho promesso agli altri Stati di aiutarli nel nucleare civile), ma nessuno mi ha imposto regole sul come e sul quando rispettare la promessa!
Dopodiche arriva Manlio Dinucci che, sempre sul Manifesto di oggi, ci propina la ricetta del cannolo salato: la completa denuclearizzazione che sarebbe sia “prescritta dal TNP” (ma quando mai: è solo lo “spirito” del TNP a farlo, e quello lo invitiamo sempre a tavola facendo buon viso a cattivo gioco!) sia perché “condizione indispensabile per l’adesione italiana al trattato sulla proibizione delle armi nucleari”.
Poi, sempre sul Manifesto di oggi, si svegliano i “parlamentari per la pace” che hanno appena (molti di loro) bocciato le mozioni Cotti e De Petris a promettere fuoco e fiamme contro le nuove B-61 nucleari adattate per essere trasportate sugli F35 in via di acquisizione!
(No, in realtà sto esagerando: si limitano a richiedere alla Pinotti che venga a riferire sulla "segretezza delle ispezioni").

Forse alla “sinistra sinistrata” farebbe bene non essere servita da giochi di parole funambolici e fumisterici (il TNP è centrale, ma anche il Trattato di proibizione del 7 luglio lo è) ma con amare verità, cui prepararsi a far fronte. Tipo quella che il MDP che ha D’Alema, il bombardatore di Belgrado, tra i principali ispiratori, non intende, “realisticamente”, sottrarsi alla lealtà verso la NATO.

Per concludere: noi Disarmisti esigenti non intendiamo partecipare alla fiera del luogo comune con le parole che vanno ad esaltare un concetto e contemporaneamente il suo inconciliabile opposto nella realtà dei conflitti effettivi. Un esempio è l’articolo di Vignarca del 14 luglio che abbiamo già citato. La sua posizione sul TNP è chiara: buono ma insufficiente. E centrale. Da conservare. Buono perché ha impedito la proliferazione. Insufficiente perché non è andato molto avanti sulla strada del disarmo. Per cui - citazione testuale - “il TNP non può essere indebolito pena la proliferazione”. Da conservare quale pilastro anche del disarmo da perseguire, cui il Trattato del 7 luglio si pone come complemento. Ma su questo punto occorre essere chiarissimi. Questa non è una strategia che – movimento internazionale, rete di reti pacifiste - intendiamo perseguire a livello internazionale. Non è la strategia del Trattato per la proibizione come generale e del TNP come particolare da inglobare.
Non è la strategia che ci porterà a “battere i pugni” nel 2018 (Conferenza sul disarmo ad alto livello dell’ONU, primo confronto tra Stati nucleari e Stati non nucleari)  e soprattutto alla conferenza di revisione del TNP 2020. Non è la strategia che guarda al collegamento con il diritto ambientale e con Bonn, dove a novembre si terrà la COP 23 per attuare l’accordo di Parigi sul clima globale.
Né ci permette una vera unità strategica (tattica è da vedere) - io credo - nella stessa campagna per l’uscita dell’Italia dalla condivisione nucleare NATO. Ovviamente Vignarca con la RID (e chi intende seguirlo) è liberissimo di andare avanti su questa strada senza sbocchi della centralità del TNP da conservare (e non invece da inglobare attuando, sostanzialmente, SOLO l’art. VI).

I Disarmisti esigenti sono nati in Italia con contenuti e valori nuovi (rispetto al pacifismo specialistico di derivazione culturale anglosassone), nonché ben consapevoli che il risultato del 7 luglio è frutto di una vera e propria “rivolta” (anche se tatticamente ben giocata) degli Stati non nucleari. Di una “discontinuità”, si direbbe nell’orrendo politichese italiano. Anche noi però siamo liberi di proseguire per la nostra strada. E siamo eticamente obbligati a farlo.

Noi non intendiamo spacciare la rivoluzione disarmista in atto a livello internazionale (e vitalmente necessaria), a partire dai 122 Stati “ribelli”, come una tranquilla riforma(alla “Renzi”, potremmo dire guardando al panorama italiano), che potrà andare avanti senza sconvolgimenti, senza ribaltare l’ordine politico, culturale e giuridico esistente.
La soluzione “radicale” (radicale nel senso di andare alla radice del problema) del fondare l’eliminazione sulla proibizione è inevitabile ed è l'unica realistica. L’alternativa del ritorno all’età della pietra, che ci ricorda Vignarca alla fine del suo articolo del 14 luglio, potrebbe essere addirittura ottimistica!

Alfonso Navarra





Sabato 22 Luglio,2017 Ore: 22:48


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