lunedì 30 novembre 2015

Rete NoWar alla RAI per fine export armi italia all'Arabia saudita ed altri padrini dei terroristi jihadisti

Al ministro degli esteri e al suo staff per opportuna conoscenza

30 NOVEMBRE, ROMA. RETE NO WAR IN PRESIDIO DAVANTI ALLA RAI PER LA FINE DELL'EXPORT DI ARMI ITALIANE AI SAUD E AGLI ALTRI PADRINI DI GRUPPI JIHADISTI


Un gruppo di attivisti di Rete No War Roma ha tenuto oggi un presidio a viale Mazzini, Roma, per chiedere che la Rai, servizio pubblico, informi gli italiani a) sullo scandalo delle ingenti forniture di armi da parte dell'Italia all'Arabia saudita e b) sulla catastrofe che i bombardamenti della coalizione a guida saudita stanno provocando da mesi in Yemen.

Il regno dei Saud è, insieme alle altre petromonarchie, uno dei paesi padrini accertati di gruppi jihadisti in Siria, Iraq, Libia e Yemen e ormai in molti paesi... 
Il regno dei Saud bombarda lo Yemen dallo scorso marzo, con migliaia i civili uccisi, impone un blocco navale che ostacola gli aiuti, distrugge infrastrutture civili in un paese poverissimo e annienta patrimoni dell'umanità. Il mondo dovrebbe indignarsi!
Il regno dei Saud, serial killer, decapita, lapida, mozza le mani. La legge 185/90 vieta l'esport di armi ai paesi in guerra e che violano i diritti umani. 

Da mesi Rete No War protesta contro la guerra in Yemen, contro l'appoggio al terrorismo da parte del Golfo (e fino a poco fa da parte degli stessi paesi occidentali, e contro le decapitazioni nel regno dei Saud. 

L'Italia imperterrita continua a vedere armi e a intrattenere graziosi rapporti con Riad. 

Sui cartelli di Rete No War, esibiti davanti al cavallo simbolo della Rai, si leggeva: "L'Italia arma la jihad saudita? Rai: informaci!"; "Basta tacere i crimini sauditi: Isis,  guerra in Yemen, decapitazioni"; "Renzi piazzista di armi dai Saud", "L'Italia rispetti la legge 185". 

Gli attivisti hanno chiesto di incontrare qualche dirigente della Rai ma non sono stati ricevuti. 
Le manifestazioni di Rete No War proseguiranno.


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Visualizzazione di MANIF. RAI 2. (1).JPG

100.000 migranti arrivati in Grecia a Novembre

Migrants: Latest Developments

Posted:
11/27/15
 
Greece - Based on data gathered by the Hellenic Police and IOM field staff, IOM estimates that over 110,000 migrants and refugees have now arrived in Greece by sea since the beginning of November.
The sharp decrease in the number of arrivals witnessed last weekend – only 155 crossed on November 22 and 336 on November 23 – has now reversed and numbers have again picked up. On 24 November some 3,516 people crossed and on 25 November 5,140.
IOM Greece’s Early Warning Information Sharing System, which tracks migrant flows in collaboration with IOM in the Western Balkans, estimates during November some 105,000 people have left Greece for the Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM).
Syrians, Afghans and Iraqi nationals continue to cross Greece’s Idomeni border with the FYROM without significant delays, but other nationalities are being turned back. Iranian migrants are conducting a hunger strike as a protest at the border.
On Thursday afternoon (26/11), migrants mainly from Morocco and Algeria rioted in protest against the FYROM authorities. Several managed to cross the border, but were immediately caught and returned to Greece, according to IOM staffer Nikos Kyfonidis.
Below is a daily comparative chart on migrant arrivals on the Greek islands and daily crossings from Greece to the FYROM.

Chart 1: Comparative Data of migrant arrivals in Greece through the blue borders and of migrant crossings from Greece to FYROM - First week of November

Chart 2: Comparative Data of migrant arrivals in Greece through the blue borders and of migrant crossings from Greece to FYROM – Second week of November


Chart 3: Comparative Data of migrant arrivals in Greece through the blue borders and of migrant crossings from Greece to FYROM – Third week of November

Chart 4: Comparative Data of migrant arrivals in Greece through the blue borders and of migrant crossings from Greece to FYROM – Fourth week of November


Arrivals by Sea and Deaths in the Mediterranean: 1 January – 26 November 2015
Country of Arrival
Arrivals
Deaths
Italy
143,114 (IOM est.)
2,878
(Central Med. route)
Malta
106
Greece
721,217
588
(Eastern Med. route)
Spain
3,845
85
(Western Med. and West African routes)
Estimated Total
868,282
3,551 *

*Data on deaths of migrants compiled by iom RESearch. All numbers are minimum estimates. Arrivals estimates based on data from respective governments and IOM field offices.


ARRIVALS BY SEA: ITALY
1 January – 26 November 2015
143,114 *
Ø October 2015: Total 8,916: Data provided by Italian Ministry of Interior (MoI)*
Ø November 2015: Total 2,127 (IOM est. as of 26 November)*
Ø Main Countries of Origin: Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan, Syria, Gambia, Mali, Senegal, Bangladesh, Ghana.
Ø Main departure country: Libya (some departures from Egypt, Greece and Turkey)
Ø 2014 Totals: 170,100 arrived in Italy
Arrivals by sea: Italy
January to October 2014/2015
(source: Italian MoI)
2014
2015
January
2,171
3,528
February
3,335
4,354
March
5,459
2,283
April
15,679
16,063
May
14,599
21,221
June
22,641
22,905
July
24,031
23,186
August
24,774
22,607
September
26,107
15,922
October
15,393
8,916
TOTAL
154,189
140,987
Arrivals by sea: Italy - Main Countries of Origin
January – October 2014/2015
(source: Italian MoI)
Main Countries of Origin
2014
2015
Eritrea
32,537
37,796
Nigeria
6,951
19,576
Somalia
4,113
11,020
Sudan
2,370
8,692
Syria
32,681
7,232
Gambia
6,179
6,759
Total All Countries of Origin
154,189
140,987

ARRIVALS BY SEA: GREECE
1 January – 25 November 2015
721,217
* Unofficial data regarding exclusively maritime borders, as derived by the data collected by IOM staff in Greece and the Greek authorities (1/1/2015-25/11/2015.)

Ø 5,140 arrivals were registered on 25 November. Numbers are not the actual daily arrivals, but the number of migrants who have officially been recorded by the Greek authorities after their arrival. This procedure may take a few days.
Ø Main countries of origin: Syria and Afghanistan. Ø Main departure country: Turkey
Ø Main landing points: the islands of Lesvos, Kos, Samos, Rhodes, Kalymnos, Megisti, Leros and Chios.
Ø IOM staff is present in the islands of Crete, Samos, Kos and Lesvos, working closely with authorities to identify vulnerable migrants, including unaccompanied minors, elderly migrants, migrants with medical needs and families with children.
Ø 2014 Totals: 34,442 arrived by sea to Greece between 1 January and 31 December 2014.
Ø September 2015: Total 147,671
Ø October 2015: Total 217,936
ARRIVALS BY SEA TO GREECE, JANUARY – OCTOBER 2015
Main Countries of Origin
Tot.
Syria
388,130
Afghanistan
142,301
Iraq
44,349
Pakistan
17,881
Iran
10,286
Total: All Countries of Origin
608,325
For the latest Mediterranean Update data on arrivals and fatalities please visit: http://migration.iom.int/europe
For further information please contact IOM Greece. Daniel Esdras Tel: +30 210 9912174 Email: iomathens@iom.int or Kelly Namia, Tel: +302109919040, +302109912174, Email: knamia@iom.int
Migrants and refugees at the Greece-Macedonian border in Idomeni, Greece. © Francesco Malavolta 2015
Migrants and refugees at the Greece-Macedonian border in Idomeni, Greece. © Francesco Malavolta 2015
:
17, Route des Morillons, CH-1211 Geneva
19, Switzerland
+41.22.717.9111

venerdì 27 novembre 2015

Siria,una "Fabbrica di Cioccolato"per dare energia a chi lotta contro la guerra


Siria: una “Fabbrica di Cioccolato” per dare energia a chi lotta contro la guerra

E’ stato lanciato un progetto per attivare a Kafroun, in Siria, un laboratorio di pasticceria che in tempi brevi darà lavoro a 7-8 persone nel confezionamento di cioccolatini. Nel paese di Damasco questi dolciumi sono molto usati in occasione di matrimoni, battesimi e festeggiamenti vari, nonostante le enormi difficoltà del momento lo smercio dei cioccolatini sarà sicuramente buono.

Il promotore del laboratorio è Joni Ghazzi, un ingegnere che ad Aleppo aveva progettato e costruito una piccola macchina per la produzione dei cioccolatini ma è riuscito a portare a Kafroun dove è sfollato con la famiglia solo un esemplare dei suoi macchinari, salvato dalla distruzione del laboratorio. Ora Joni vuole ricominciare qui la sua attività, in una zona al momento relativamente più sicura. La cifra necessaria all’ avvio del progetto è 7.700 dollari.

L’ ingegnere ha raccontato la sua storia a Fiorenza, animatrice del sito Oraprosiria in visita al paese, che ha lanciato la raccolta di fondi. Oraprosiria dal 2012 è impegnato a diffondere in Italia notizie dalla Siria in guerra, facendo da portavoce soprattutto alle comunità cristiane nel paese e impegnate nel sostegno, senza distinzione di credenza religiosa, ai siriani rimasti, una scelta obbligata per la fasce più povere della popolazione e per molti anziani. In Siria prima della guerra la convivenza tra le diverse confessioni religiose era un modo normale di vivere e chi è rimasto, alawita, cristiano, druso e anche sunnita, vorrebbe che questo fosse normale anche nella Siria futura.

L’ attività di Joni Ghazzi è in grado di partire nonostante le avversità, tra queste hanno un grande peso negativo le sanzioni economiche che l’ Unione Europea infligge ai siriani. Esse impediscono anche che gli aiuti a iniziative di solidarietà come questa arrivino direttamente nel paese e che l’ acquisto del materiale necessario sia  fatto in Europa, cosa che talvolta renderebbe molto più bassi i prezzi.

Nella crisi migranti che negli ultimi mesi ha messo in forte difficoltà l’ Unione Europea i siriani hanno rappresentato quasi la metà dei profughi in arrivo in Europa. Fino ad oggi nel 2015 sono stati circa 400.000 i siriani arrivati su un totale di 850.000 migranti, altri 4.000.000 siriani sono ospitati nei paesi limitrofi, 10 milioni sono sfollati all’ interno della Siria, e il desiderio di costruirsi una nuova vita altrove è presente in moltissimi dei 18 milioni di siriani rimasti nel paese.

Occorre dunque dare subito segnali concreti di speranza e solidarietà a queste persone e impegnarsi per la fine della guerra e la costruzione di una vita diversa da quella attuale piena di sofferenze.

Per concorrere alla realizzazione del progetto è possibile inviare un contributo a:
Aiutiamo la Siria ! – ONLUS
Banca Popolare Etica – Filiale 4, Roma

IBAM IT85 H050 1803 2000 0000 0177 173
BIC CCRTIT2T84A

Attenzione!
Specificare

“PROGETTO FABBRICA CIOCCOLATO”

Tutti i donativi saranno inviati senza trattenute da parte da “AIULAS Aiutiamo la Siria” e con possibile detrazione fiscale. Il conto è usato anche per altri progetti,

giovedì 26 novembre 2015

Progetto per aiutare i siriani in Siria: la Fabbrica di Cioccolato

PROGETTO:  la "Fabbrica di cioccolato" da www.oraprosiria.blogspot.it

Joni Ghazzi è sfollato con la famiglia da Aleppo a Kafroun. Joni è ingegnere, ad Aleppo aveva progettato e costruito una piccola macchina per la produzione di cioccolatini, che in Siria vengono utilizzati al posto dei confetti per matrimoni, battesimi, festività varie. Ci racconta con entusiasmo ciò che aveva realizzato ad Aleppo e ci mostra l'esemplare che è riuscito a salvare dalla distruzione del suo laboratorio. 
Con lui riusciamo a formulare un progetto che non sia di sola sussistenza ma abbia prospettive di micro-impresa che nel tempo possa svilupparsi autonomamente ed auto-finanziarsi.
Stiliamo un preventivo di spesa, che alla fine prevede un investimento di $ 7700 e darebbe lavoro a una famiglia e altre 5-7 donne.
Il prodotto ha uno smercio sicuro e nella misura delle risorse può impiegare anche più persone.

 Ecco le fotografie del macchinario già disponibile anche se non operativo attualmente:


Per concorrere alla realizzazione del progetto è possibile inviare un contributo a:
Aiutiamo la Siria! – ONLUS
Banca Popolare Etica – Filiale 4, Roma

IBAN IT85 H050 1803 2000 0000 0177 173

BIC CCRTIT2T84A

ATTENZIONE : 
SPECIFICARE 
“PROGETTO FABBRICA CIOCCOLATO”

mercoledì 25 novembre 2015

La Battaglia di Algeri - per ricordare il colonialismo europeo



http://www.giornidistoria.net/la-battaglia-di-algeri/
La Battaglia di Algeri, il film di Gillo Pontecorvo

Un film storico da rivedere per comprendere alcune problematiche ancora attuali. “La Battaglia di Algeri” parla della guerra d’indipendenza algerina, condotta dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) e dal suo esercito (ALN). Pose fine al tentativo della Francia di mantenere in forme nuove il proprio impero coloniale, determinò il crollo della IV repubblica e aperse – per entrambi i paesi – una nemesi storica non ancora conclusa. Il film, diretto da Gillo Pontecorvo, sarà trasmesso venerdì 8 maggio alle 21:10 su Tv2000 e vinse il Leone d’Oro alla 27ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. E’ stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare.

Di questa straordinaria pellicola parleremo con Laura Delli Colli, Presidente del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani, intervistata dall’esperto di cinema Fabio Falzone. Ma c’è di più Tv2000, in occasione della messa in onda de “La Battaglia di Algeri” ha raccolto la testimonianza inedita e postuma del direttore della fotografia Marcello Gatti, recentemente scomparso nel 2013, che racconta com’è nata la fotografia di questa pellicola, ma anche dei giorni in cui con il regista Gillo Pontecorvo si effettuarono le riprese in Algeria e poi del delicato lavoro e dell’impegno delle maestranze sia in terra algerina che a Roma. La testimonianza sarà disponibile nel sito di Tv2000 (www.tv2000.it)

La scheda del Prof. Virgilio Ilari, Presidente della Società Italiana di Storia Militare
 La guerra d’Algeria (1954-1962)

La guerra d’indipendenza algerina, condotta dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) e dal suo esercito (ALN), pose fine al tentativo della Francia di mantenere in forme nuove il proprio impero coloniale, determinò il crollo della IV repubblica e aperse – per entrambi i paesi – una nemesi storica non ancora conclusa. Combattuta esclusivamente col terrorismo e la guerriglia e senza battaglie campali, provocò forse mezzo milione di morti algerini (300/460.000 combattenti  e civili e 30/90.000 collaborazionisti) e oltre trentamila francesi (di cui 28.500 militari e 4/6.000 civili). Ripetutamente sconfitti sul campo e infine respinti in Marocco e Tunisia da un potente esercito di oltre mezzo milione di uomini, gli 8.000 superstiti dell’FLN resistettero abbastanza a lungo da vincere la battaglia per conquistare i cuori e le menti, non solo degli algerini, ma della stessa opinione pubblica francese, logorando le risorse finanziarie e la determinazione del governo nemico. Salito al potere nel maggio 1958 a seguito di un putsch militare capeggiato dal generale Salan e col programma, inizialmente condiviso dallo stesso Partito Comunista, di salvare l’Algeria francese, fu lo stesso generale de Gaulle a volere il referendum che l’8 gennaio 1961 approvò l’autodeterminazione dell’Algeria, a reprimere il secondo putsch dei generali, ad aprire i negoziati segreti col Governo provvisorio della Repubblica Algerina che condussero all’indipendenza e infine a stroncare la resistenza dell’OAS (Organizzazione Armata Segreta), appoggiata da una parte del milione di europei immigrati in Algeria (i “pieds noirs”). Amnistiati nel 1968, i generali golpisti furono riabilitati nel 1982, ma il ricordo della “sale guerre” non cessa d’inquietare il presente.

La Battaglia di Algeri nella storia e nel film (1965-66)

Il film racconta l’inizio della rivoluzione algerina, in particolare l’operazione militare condotta dalla 10a Divisione paracadutisti comandata dal generale Massu, per circoscrivere la ribellione e riprendere il controllo della Casbah: un netto successo militare, ma conseguito anche mediante la tortura e le esecuzioni, come ha ammesso e rivelato il generale Aussaresses in un libro del 2001. Pur apertamente schierato dalla parte algerina, il film rappresenta con equilibrio e obiettività la strategia dei repressori e lo sdegno degli europei vittime degli attentati terroristici, né tace il passato di delinquente e prosseneta dell’eroe algerino (Alì Lapointe). Nel film non ci sono “buoni” e “cattivi”; eppure, proprio per questo, c’è un’alta tensione morale. Tortura, esecuzioni, terrorismo sono raccontati come cruda cronaca, sia dal punto di vista degli autori sia da quello delle vittime, segnalando allo spettatore che la verità e la comprensione storica rappresentano un ampliamento di coscienza, e sono perciò eticamente superiori al pregiudizio ideologico o moralistico. Lo spettatore vede che il comandante dei parà (chiamato nel film “colonnello Mathieu”) e il capo dell’FLN (“Djafar”) si confrontano senza odio, con reciproca stima; mentre i giornalisti (inclusi quelli comunisti) che contestano ad entrambi i rispettivi metodi sporchi sono presentati come ambigui o ipocriti. “Il punto non è se dobbiamo o no usare la tortura: il punto è se l’Algeria deve o no restare francese”, ribatte il colonnello. “I vostri bombardieri uccidono la nostra gente. Dateci i vostri bombardieri e noi vi daremo i nostri cestini-bomba”, risponde il capo dell’FLN. Con suspense drammatica lo spettatore vede le donne dell’FLN che si preparano per la loro missione di morte, stirandosi i capelli e truccandosi per confondersi con le europee; passano i posti di blocco con la bomba nascosta nel passeggino del figlio; scelgono le vittime al bar o all’aeroporto. Epica la scena del primo matrimonio celebrato da un rappresentante del FLN: un gesto rivoluzionario che afferma la nuova legittimità nata dalla lotta e la speranza di una nuova vita personale e comunitaria.

Scheda cinematografica del film

 Il film nacque nel 1965 su proposta di Yacef Saadi, uno dei capi militari dell’FLN ad Algeri, che ne fu anche produttore e attore e che scelse il titolo (quello inizialmente pensato da Pontecorvo era, in alternativa, “Tu partorirai con dolore” oppure “Nascita di una nazione”). Fu però il regista a imprimere al film l’effetto drammatico e documentaristico di un cinegiornale, non solo girandolo in bianco e nero e con una cinepresa da 16mm, ma sgranando l’immagine, specialmente in alcune scene. Tranne Jean Martin (nel ruolo del Col. Mathieu), tutti gli altri sono attori non professionisti (tra cui Brahim Hadjadj nel ruolo di Alì Lapointe; Yacef Saadi interpreta sé stesso col nome di “Djafar”). Il regista ha collaborato direttamente anche alla sceneggiatura, con Franco Solinas, e alle musiche, con Ennio Moricone. La scenografia è di Sergio Canevari, la fotografia di Marcello Gatti. Il film è stato premiato col Nastro d’argento al miglior regista e col Leone d’Oro al Festival di Venezia e ha ottenuto 3 Nomination al premio Oscar (per Film stranieri, regista e sceneggiatura originale).

 Il contesto politico e ideologico del film italo-algerino

 Il film, prodotto nel 1966 da Saadi e distribuito dalla Rizzoli, era in piena sintonia col clima ideologico allora prevalente in tutta Europa, incluse la Francia e la Gran Bretagna, caratterizzato dal benessere economico, dall’egemonia culturale comunista, dal rifiuto del passato coloniale e del militarismo, dal progressismo, dal pacifismo e dalla simpatia per i movimenti di liberazione del Terzo Mondo. Questa espressione fu addirittura coniata in Francia nei primi anni Cinquanta, ma la guerra d’Algeria provocò una profonda crisi nazionale e ciò spiega perché il film di Pontecorvo fu censurato fino al 1970 dal governo francese. Nel caso dell’Italia, il “terzomondismo” era però anche una precisa linea di politica estera, tesa a recuperare la piena “parità” diplomatica con i minori vincitori della seconda guerra mondiale (Francia e Gran Bretagna) e a ritagliarci un nostro spazio autonomo nei rapporti coi paesi produttori di petrolio. Il punto di forza del terzomondismo diplomatico italiano era di poter contare su di una convergenza di interessi con gli Stati Uniti, impegnati anch’essi a subentrare in forme nuove nei due ultimi imperi coloniali europei. Benché la questione non sia stata finora approfondita, sembra ormai certo che l’Italia – su pressione dell’ENI guidata da Enrico Mattei – abbia dato un forte sostegno militare al FLN algerino, e che il Centro Addestramento Guastatori (CAG) – la base segreta italo-americana creata nel 1954 a Nord di Oristano – sia stato utilizzato addirittura per addestrare i combattenti algerini (“terroristi” per i francesi, ma “freedom fighter” per l’Italia e gli Stati Uniti, pur alleati della Francia, il cui territorio metropolitano, garantito dalla NATO, includeva allora anche l’Algeria). In ogni caso questa politica fu ufficializzata nel 1956 dal rifiuto dell’Italia di partecipare all’ultima e fallimentare impresa neocoloniale europea (l’intervento anglo-francese nel Canale di Suez), e non fu fermata dalla misteriosa morte di Enrico Mattei (avvenuta nel 1962 per un incidente aereo di cui furono sospettati l’OAS o gli stessi servizi segreti francesi) e fu rafforzata dal ritiro delle forze armate britanniche da Malta (1967) e dal colpo di stato in Libia (pianificato nel settembre 1969 nell’ambasciata libica a Roma), con conseguente espulsione delle basi militari e delle compagnie petrolifere inglesi dalla Cirenaica (Nonostante l’espulsione della comunità ebraica e italiana dalla Libia, nel 1971 l’Italia sventò un tentativo dei servizi segreti inglesi di assassinare Gheddafi, che fu riarmato dall’Italia, accolse 30.000 tecnici dell’ENI e nel 1974 salvò la FIAT). (v. V. Ilari, Storia Militare della Prima Repubblica, 1994: consultabile nella nostra biblioteca).


 Cosa possiamo imparare oggi dal film di Pontecorvo

 Rivedere questo film oggi, consente di cogliere il mutamento del clima ideologico determinato in Europa e negli Stati Uniti dalla lotta contro il terrorismo islamico e dalla difficile convivenza con le minoranze musulmane. Ma consente anche di confrontare la diversa ispirazione politica della lotta d’indipendenza algerina (che si richiamava comunque ai modelli laici ed europei del nazionalismo e del socialismo) e dell’attuale fondamentalismo islamico a base religiosa. Non dimentichiamo che la Francia fece appello proprio alla tradizione religiosa musulmana per contrastare il proselitismo del FLN nella popolazione algerina, e che fu poi il trasferimento del consenso popolare al Fronte Islamico di Salvezza a far crollare il regime del FLN, accusato di corruzione ma sostenuto, per via del vitale gasdotto, dalle democrazie occidentali (le quali giustificarono, nel 1991, l’annullamento del primo turno elettorale vinto dal FIS, il colpo di stato militare e la repressione della sanguinaria rivolta terroristica con gli stessi metodi usati quarant’anni prima dai francesi: v. le confessioni del colonnello algerino Habib Souaidia (La sale guerre, La Découverte, 2001* ). La battaglia di Algeri è inoltre uno dei rarissimi film che fa comprendere la “struttura” oggettiva della guerra (posta in gioco, calcolo e decisione strategica, incertezza). E’ dunque prezioso per la storia militare e non a caso è stato proiettato e dibattuto nelle accademie militari americane alla vigilia dell’invasione dell’Iraq (2003).

 Gli altri film sulla guerra d’Algeria

 La filmografia sulla guerra d’Algeria conta almeno 23 film e 3 documentari (v. “Films sur la guerre d’Algérie” – Wikipédia, tratto da Guy Hennebelle, Mouny Berrah e Benjamin Stora, La Guerre d’Algérie à l’écran, Cinémaction, 1997. Cfr. pure A. Evans, Brassey’s Guide to War Films, 2000 e la tesi di laurea di Yasmin Abo-Loha, La guerra di Algeria nel cinema francese, Milano, UCSC, 2002; entrambi consultabili nella nostra biblioteca). I primi film, di intonazione fortemente anticolonialista e perciò censurati dal governo francese, furono quelli di René Vautier (Une nation 1954; Algérie en flammes, 1958; Un peuple en marche, 1963): un quarto film di questo regista controcorrente, del 1971 (Avoir 20 ans dans les Aurès), non fu distribuito, benché premiato a Cannes. Il tema della guerra algerina fu portato nelle sale cinematografiche solo nel 1961, con due film e un documentario francesi. Le petit soldat di Jean Luc Godard, censurato nel 1960 perché trattava di diserzione e tortura (anche da parte del FLN), fu sdoganato nel 1963 e il tema della tortura ricorre anche in Muriel di Alain Resnais (1964), mentre la guerra compare sullo sfondo di Les parapluies de Cherbourg (1964, di Jacques Demy, con Catherine Deneuve).
 Nel 1966, oltre al film di Pontecorvo, ne uscirono altri due, uno algerino (Le Vent des Aurès di Mohammed Lakhdar-Hamina), incentrato su una madre alla ricerca del figlio arrestato dai francesi, e uno americano (Né onore né gloria, 1966, di Mark Robson, tratto dal romanzo Les Centurions di Jean Lartéguy), un tipico film d’azione anni ‘60, condito di banalità moralistiche. La storia (di pura fantasia benché alcuni personaggi siano ispirati a Yacef Saadi, Bigeard e Aussaresses), è quella di un improbabile colonnello francese (Anthony Quinn) incaricato di arrestare un suo ex-commilitone dell’Indocina (George Segal) che si è ribellato contro l’abbandono dell’Algeria. La morale è rappresentata da un capitano (Alain Delon) che affianca il colonnello disapprovandone i metodi ma che alla fine comprende il diritto dei popoli all’indipendenza.
 In seguito il cinema francese ha affrontato la guerra d’Algeria solo come questione morale ed esclusivamente dal punto di vista soggettivo dei combattenti francesi. Se Le crabe-tambour (1977) e L’honneur d’un capitaine (1982), entrambi di Pierre Schoendoeffer, La Trahison (2005, di Philippe Faucon) e L’ennemi intime (2007, di Florent Emilio Siri) rivalutano la memoria e le ragioni dei veterani, vi sono pur state nuove denunce della tortura e delle stragi. Ancora nel 1973 fu censurato R.A.S. (una coproduzione italo-franco-tunisina di Yves Boisset, che nel 1982 girò pure l’analogo Allons z’enfants). Ma La Question di Laurent Heyenmann, basato su un’inchiesta del giornalista Henri Alley, segnò una svolta nel 1977. Le testimonianze dei veterani sulla sale guerre abbondano in un documentario televisivo del 2002 (L’ennemi intime, di Patrick Rotman); Escadrons de la mort, école française (inchiesta giornalistica e poi film di Marie-Monique Robin) denuncia l’addestramento francese dei militari argentini; La nuit noire di Alain Tasma (2005) ricorda la strage di manifestanti nordafricani uccisi a Parigi dalla polizia il 17 ottobre 1961. La nemesi della tortura è il tema di Mon colonel (Laurent Herbiet, 2006).



 Gli altri film di Gillo Pontecorvo (1919-2006) sulla guerra rivoluzionaria

 Fratello del celebre fisico Bruno Pontecorvo, cresciuto in una famiglia benestante di Pisa, esule in Francia a seguito delle leggi razziali e formatosi nella cultura della Sinistra francese, comunista militante, Gillo Pontecorvo tratta di guerra rivoluzionaria anche in altri due film, Queimada (1968, con Marlon Brando) e Ogro (con Gian Maria Volonté). Il primo, pur essendo una storia di fantasia, traccia un quadro preciso e penetrante della storia dell’America Latina, con le vecchie potenze coloniali (Spagna e Portogallo) abilmente scalzate dall’Inghilterra in nome dell’“indipendenza” e della “libertà” (in realtà manovrando come burattini la locale borghesia creola e usando gli schiavi ribelli come carne da cannone). Ogro (“Orco”) racconta l’attentato all’ammiraglio spagnolo Carrero Blanco, designato da Franco come suo successore e ucciso dai terroristi baschi dell’ETA nel 1973. La sceneggiatura, basata su un libro che rivendicava ed esaltava l’uccisione dell’“Orco” fascista, iniziò nel 1976, ma fu più volte rimaneggiata per le vicende politiche italiane e le contraddizioni interne della Sinistra di fronte alle Brigate Rosse. Pontecorvo ebbe anche un contrasto con Ugo Pirro circa l’opportunità di discostarsi dalle testimonianze dei terroristi per insinuare il sospetto che fossero stati in realtà manovrati dai franchisti (lo stesso argomento usato dal PCI per screditare le BR agli occhi delle proprie frange estremiste). Il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle BR (1978) fece slittare al 1980 l’uscita del film. L’autrice del libro lo accusò di “moderatismo” per il pio sermone messo in bocca al capo terrorista (la violenza è giustificata contro la dittatura, mentre diventa fanatismo quando ci sono gli strumenti democratici per realizzare i propri ideali).


http://www.giornidistoria.net/la-battaglia-di-algeri/

lunedì 23 novembre 2015

Sono incompatibili "L'allontanamento di Assad" e la Carta delle Nazioni Unite.




Domenica 22 settembre alcuni media italiani hanno riferito quasi in tempo reale la seguente frase di Obama a Manila:
"Inevitabile allontanare Assad"

Non sono andato a vedere l' esatta espressione inglese usata dal Presidente  degli Stati Uniti e qualche resoconto diffuso più tardi ha avuto parole differenti, più caute nella forma, e che sembravano indicare una prospettiva reale diversa da quella che si poteva immaginare ascoltando le parole "Inevitabile allontanare Assad".

La Carta delle Nazioni Unite è vincolante per tutti i paesi membri dell' ONU, quindi anche per USA, Francia e Siria, e scrive esplicitamente all'art.2 comma 4 che

 " I paesi membri devono astenersi dalla minaccia o dall' uso della forza..... contro l' indipendenza politica di qualsiasi Stato....".

La frase "Inevitabile allontanare Assad" mi sembra incompatibile con questo comma.

Voi cosa ne pensate ?

Di seguito i commi 3 e 4 dell' Art.2 della Carta ONU

Carta delle Nazioni Unite
...
......
Art.2
....
....
3. I Membri devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in maniera che la pace e la sicurezza internazionale, e la giustizia, non siano messe in pericolo.
4. I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite.

Marco Palombo

domenica 22 novembre 2015

Obama:inevitabile allontanare Assad-Necessario dire:solo i siriani devono decidere il loro futuro

ribelli tre carte
Foto tratta da www.sibialiria.org

Obama: inevitabile allontanare Assad

Le parole sono importanti e queste parole di Obama preparano azioni.
Io non le condivido

SONO I SIRIANI CHE DEVONO DECIDERE IL LORO FUTURO
NESSUNO DEVE DECIDERE PER LORO

Penso che contro questa intenzione di Obama andrebbe costruita subito una mobilitazione,
Io, da solo, posso solamente spiegare la mia opposizione a persone che frequento,

ma in queste settimane tutti sono possibili interlocutori, essendo tutti bombardati con notizie sulla guerra in Siria.

Marco Palombo

giovedì 19 novembre 2015

Vignetta di E.Apicella-Bombardamenti boomerang-4 milioni di musulmani uccisi dal 1990

La dormita di pacifisti,NoWar,NoNato.Spero in una veloce smentita già da Milano....

Oggi a Milano No Guerra No Nato,

http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/26252-milano-19-novembre-2015-no-guerra-no-nato

Questo appuntamento era già stato fissato prima dell' attentato a Parigi, speriamo dia un segnale di sveglia, a cui per ora non credo.

I pacifisti dormono,

c'erano i segnali che in Medio Oriente ci sarebbe stata una svolta, pur impossibile da capire in che direzione,

ma la situazione presente fino al 13 novembre non poteva durare,

 con la guerra russa (vera a differenza di quella della coalizione) contro l' Isis e gli altri gruppi jihadisti e i milioni di profughi vaganti tra Europa e paesi vicini alla Siria (1.800.000 in Turchia, 1.200.000 in Libano etc),


Ma tutti sono stati sorpresi ed oggi, a quasi una settimana dagli attentati di Parig, pochi i segni di vita di voci critiche fuori dal web.,

Questo succede anche perchè  oggettivamente la situazione non è chiara ma è sconosciuto a molti attivisti doc pure quello che con più attenzione si poteva vedere,

Tuttavia anche nell'incertezza  si possono affermare con forza cose utili:

-No alla guerra,

Smettiamo di fomentare quelle che Europa e Italia stanno fomentando o tollerando amichevolmente anche ora:

Ribelli siriani "moderati" contro Assad,

Arabia saudita e Al Qaeda contro Sciiti Yemeniti e altri gruppi locali, con bombardamenti sauditi su città yemenite, gli sciiti yemeniti  questi "attacchi indiscriminati" non li fanno.

-No ad aumento di spese militari fuori da patto stabilità, quelle attuali bastano ad avanzano.

Ed altro si può definire.

A Milano alle 18.00 di oggi giovedì 19 novembre c'è un sit-in, speriamo sia un segnale positivo,

ma sono profondamente deluso dal silenzio di pacifisti, No War e No Nato vari.

http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/26252-milano-19-novembre-2015-no-guerra-no-nato

e sarei contento di essere smentito subito dall' iniziativa di oggi a Milano

Marco Palombo

lunedì 16 novembre 2015

Dopo Parigi - Alcuni punti che i pacifisti dovrebbero tenere fermi, un inizio di dibattito

Alcuni punti fermi per una risposta immediata dei pacifisti.

1) Tenere sempre conto del diritto internazionale, materia insufficiente finora, soprattutto perché nel diritto non sono affrontate in modo adeguato terrorismo e guerre asimmetriche.
Però è assolutamente necessaria la guida ONU sulla coalizione internazionale e sul negoziato per la Siria.
Alla coalizione internazionale devono partecipare anche paesi Medio Orientali, Africani e Asiatici essendo il  terrorismo islamico presente anche in Asia e Africa.

2) L’ Arabia saudita non è islam moderato, no alla guerra in Yemen, no alla vendita di armi a paesi in guerra anche quando viene effettuata dai Brics.

3) I morti sono tutti uguali, il terrore in Occidente ci tocca di più perché siamo in Occidente, ma razionalmente dobbiamo dire che tutti i paesi sono uguali e molti paesi soffrono guerre e violenze per colpa dell’ Occidente.

4) I pacifisti non devono pensare e agire con compartimenti stagni: solo Palestina, solo curdi. Erdogan va bene contro Assad, male contro curdi, bene perché sostiene Hamas.

5) I pacifisti non devono impegnarsi solo in tempo di intervento  militare italiano o occidentale, è giusto e utile l’ impegno dei No War e con altri piccoli gruppi in questi ultimissimi anni.

6) C’è stato un fallimento totale delle guerre occidentali dall’ Afghanistan in poi e c’è necessità assoluta in queste del diritto internazionale che è mancato in Iraq e altrove.

7) Chiedere una inchiesta indipendente sulla strage nell’ ospedale di MsF a Kunduz, effettuata dalla Nato in una missione alla quale partecipa anche l’Italia.

8) Proseguire nella campagna No Nato


domenica 15 novembre 2015

Eccezionale su La7-P.Pagliaro:"Isis finanziata da Arabia s."

Sul web per ora ho trovato solo questo accenno di quanto ha mandato in onda "Il punto di Paolo Pagliaro" all' interno della trasmissione 8 1/2 di Lilli Gruber.

Probabilmente la trasmissione sarà on line integralmente nei prossimi giorni e andrà diffusa moltissimo:

"Se ne accorge persino il mainstream: Paolo Pagliaro, nella trasmissione “Otto e mezzo” condotta da Lilli Gruber su “La7”, ricorda che l’Isis è stato finanziato da Turchia e Arabia Saudita, ed equipaggiato dagli Usa. Il vicepresidente Joe Biden riconobbe, tempo fa, che le armi inviate ai “ribelli” anti-Assad erano “finite” tutte alle milizie jihadiste del “califfo” Abu Bakr Al-Baghdadi, l’uomo fotografato in Siria in compagnia del senatore John McCain"

mercoledì 11 novembre 2015

800.000 migranti arrivati in Europa nel 2015, 640.000 dal 24 agosto



www.iom.int

As Migrants Continue to Arrive in Europe, Asylum Seekers Relocated

10/11/15 Greece - Arrivals of migrants and refugees to Europe by sea in 2015 approached 800,000 through the first week of November, a figure that amounts to nearly four times the total for all of 2014.
IOM reports the total number of fatalities on these routes now total 3,455 – although we caution that we may be seeing some discrepancies in Greece and Spain where migrants previously counted as “missing” now are confirmed fatalities, a factor which should not change the overall count, but may have been double-counted by our research team.
We can report confidently that, according to Hellenic Police, an estimated 17,600 migrants and refugees crossed into Greece from Friday (6/11) to Sunday (8/11). Some 6,803 arrived on Friday, 6,340 on Saturday and 4,528 on Sunday. Weather conditions were fine and migrants and refugees continued to board boats.
However the death toll continued to rise, with the Greek coast guard recovering eight bodies off Lesbos and Agathonisi during the weekend. They included a two- to three-year-old boy. IOM is reporting the recovery of the remains of a dozen or so migrants off Greece since last Thursday night, however staffers on the islands caution that many of these so-called “new” fatalities are simply confirmations of the dozens who were declared “missing” in a series of shipwrecks over the past week.
The number of migrants and refugees crossing from Greece to the Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM) also reached 26,840 between 6.00 am Monday November 2 and 6.00 am Monday November 9.
Strikes on Greek ferry routes from Monday to Friday resulted in fewer arrivals at Greece’s borders with the FYROM compared to previous weeks. On Tuesday, November 3rd only 1,286 migrants traveled from the islands to the mainland and then through Friday morning, no migrants departed from the islands.
Finally, on Saturday November 7, some 12,500 migrants were transferred from the islands to Athens and Kavala by ferry. This is the highest number in a single day since the beginning of the crisis. 
During the strike, although no migrants arrived from the islands, an average of around 1,350 migrants a day continued to arrive at the FYROM border between November 4-6. This suggests that there are still large numbers of migrants stranded in Athens, trying to find money to continue their trip to Northern Europe.
Two relocation operations of asylum seekers were carried out by the Italian government last week. On Thursday 5 November, 19 Eritreans (18 men and one woman) were transferred to the French city of Nantes, while on Sunday 8 November Spain received 11 Eritreans and one Syrian. 
IOM staff accompanied the migrants from Sicily to Nantes.  On arrival, they were met by local authorities, government officials and representatives of the French Office for Immigration and Integration (OFFI). The next day, they were divided into three groups and transferred to nearby villages.
“According to IOM staff who accompanied them, the migrants were tired but very happy,” said IOM Rome spokesperson Flavio Di Giacomo. “The average age of the group was about 24. Everyone looked very calm and happy with the outcome.”
The second relocation to Spain involved 11 Eritreans and one Syrian. They flew from Sicily, transiting in Rome and arriving in Madrid on Sunday evening on a scheduled flight. They were also met by local authorities and transferred to different Spanish cities, where their asylum claims will be processed.
“Since October, 118 asylum seekers have been relocated to Finland, Sweden, Spain and France. The program is still in its initial phase, but the positive outcome should soon lead to many more asylum seekers being relocated,” said Federico Soda, Director of the IOM Coordinating Office for the Mediterranean in Rome.
“This program shows that European Union (EU) member states can work together to share the burden and reduce pressure on the countries with external borders, that are EU entry points. However, people entitled to international protection still have to pay smugglers and take great risks to reach the safety of Europe. Relocations will have to continue while we look for safe and durable alternatives closer to the source of these migration flows,” he added.
From the beginning of this year, over 141,700 migrants and refugees have arrived in Italy. The largest nationality group at the end of October was from Eritrea (37,796). This was followed by Nigeria (19,576), Somalia (11,020), Sudan (8,692) and Syria (7,232).
In 2015 the number of Nigerian, Somali and Sudanese arrivals in Italy has more than doubled from 2014. The number of Syrians has fallen dramatically to about a fifth of those arriving in the first 10 months of last year.
Most Syrians now try to reach Europe via Turkey, Greece and the Western Balkans. Some 630,000 migrants and refugees, mostly from Syria, Afghanistan and Iraq, have reached the Greek islands so far in 2015.

Mediterranean Developments
Arrivals by sea and deaths in the Mediterranean: 1 January – 9 November, 2015

Country of Arrival
Arrivals
Deaths
Italy
141,766 (IOM est.)
2,861
(Central Med route)
Malta
106
Greece
653,075
512
(Eastern Med route)
Spain
3,845
82
(Western Med and Western African routes)
Estimated Total
798,792
3,455
                       
Data on deaths of migrants compiled by IOM Research. All numbers are minimum estimates. Arrivals estimates based on data from respective governments and IOM field offices.
*Data on deaths in the Eastern Med. route are estimates based on confirmed number of victims.

Arrivals BY SEA TO Italy
1 January – 9 November 2015
141,766 *
*Data as of 30 October are based on the information circulated by the Italian Ministry of Interior (MoI). Arrivals from 1 November onwards are IOM estimates.
  • October 2015: Total 8,916 (Data provided by Italian MoI)
  • November 2015: Total 779 (IOM estimate as of 6 November)
  • Main Countries of Origin: Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan, Syria, Gambia, Mali, Senegal, Bangladesh, Ghana.
  • 2014 Totals: 170,100 arrived in Italy



Arrivals by sea to Italy 
January to October 2014/2015
(Source: Italian MoI)
 
2014
2015
January
2,171
3,528
February
3,335
4,354
March
5,459
2,283
April
15,679
16,063
May
14,599
21,221
June
22,641
22,905
July
24,031
23,186
August
24,774
22,607
September
26,107
15,922
October
15,393
8,916
TOTAL
154,189
140,987


Arrivals by sea to Italy - Main Countries of Origin 
January – October 2014/2015
(Source: Italian MoI)

Main Countries of Origin
2014
2015

Eritrea
32,537
37,796

Nigeria
6,951
19,576

Somalia
4,113
11,020

Sudan
2,370
8,692

Syria
32,681
7,232

Gambia
6,179
6,759

Total All Countries of Origin
154,189
140,987



Arrivals BY SEA TO GREECE
1 January – 8 November 2015
653,075*
* Unofficial data relating to “blue” borders, based on data collected by IOM staff in Greece and the Greek authorities (1/1/2015-08/11/2015.)
  • 4,580 arrivals have been registered on 8 November. Numbers are not the actual daily arrivals, but the number of migrants who have officially been recorded by the Greek authorities after their arrival. This procedure may take a few days.
  • Main countries of origin: Syria and Afghanistan
  • Main landing points: the islands of Lesvos, Kos, Samos, Rhodes, Kalymnos, Megisti, Leros and Chios.
  • IOM staff is present on the islands of Crete, Samos, Kos and Lesvos, working closely with authorities to identify vulnerable migrants, including unaccompanied minors, elderly migrants, migrants with medical needs and families with children. Vulnerable groups are referred to authorities in order to receive the necessary care.
  • 2014 Totals: 34,442 arrived by sea to Greece between 1 January and 31 December 2014.
  • September 2015: Total 147,671
  • October 2015: Total 214,781

Arrivals by sea to GREECE JanUARY – SEPTEMBER 2015
Main Countries of Origin
Total
Syria
277,899
Afghanistan
76,620
Iraq
21,552
Pakistan
14,323
Total All Countries of Origin
393,532

Arrivals by sea to GREECE January - SEPTEMBER 2014/2015
2014
2015
Differential
32,149
393, 532
+ 1,124%
For latest data on arrivals and fatalities in the Mediterranean please visit http://missingmigrants.iom.int
For further information please contact Daniel Esdras at IOM Greece, Tel: +30 210 9912174, Email: iomathens@iom.int  orFlavio Di Giacomo at IOM Italy, Tel: +39 347 089 8996, Email: fdigiacomo@iom.int