domenica 30 settembre 2018

Def, Serracchiani:"Giorgetti relatore del pareggio bilancio in Costituzione"



Def: Serracchiani, Giorgetti relatore pareggio bilancio in Costituzione


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Roma, 30 set. (AdnKronos) – “La Lega nel 2011 votò a favore del pareggio di bilancio in Costituzione; un tale Giancarlo Giorgetti, ne era il relatore. Qualora se ne fossero dimenticati, siamo pronti a rinfrescargli la memoria”. Lo scrive su Twetter Debora Serracchiani, deputata del Pd.

sabato 29 settembre 2018

Def, A.Gianni: "Manovra, il problema non è il deficit ma la divisione della spesa"


Rapporto deficit Pil invariato, evitato taglio enorme nei prossimi anni. 
Ma aiutati i ricchi, con flax tax e condono, 
e colpiti i dipendenti. Guadagnano, forse,  alcuni gruppi marginali al mondo del lavoro.

Il deficit è rimasto invariato rispetto agli anni precedenti, il più basso nel 2017 ed era stato 2,3%, ma, se fossero confermate le intenzioni del governo Conte, sarebbe evitato un taglio draconiano nei prossimi anni.


Nell' articolo di Alfonso Gianni riportato di seguito si spiega bene quello che non si capisce, o almeno io non avevo capito, seguendo i telegiornali italiani.

Guardate questa 

tabella sulla percentuale del rapporto debito/Pil

rapporto deficit/Pil---------------------------2018---------2019-----------20120

Ipotesi Tria--------------------------------------1,6%---------0,9%---"pareggio di bilancio"

Scelta governo Conte -------------------------2,4%----------2,4%----------2,4%


Quindi era prevista una stretta decisa nei prossimi due anni, che era sicuramente giusto rifiutare.

Il problema non è però la scelta del governo di lasciare invariato il rapporto Deficit/Pil e non accettare i tagli previsti dall' Unione Europea, e messi anche in Costituzione con l' art. 81 che prevede il pareggio di bilancio.

Il problema è la divisione delle spesa pubblica, peraltro non ancora definita nei dettagli ma alcuni macro paletti  sono stati fissati:

"....Certamente non tutte in deficit, ma molto – e su ciò sono puntati gli occhi di Bruxelles – verrà da tagli alla spesa strutturali. Il Piano nazionale delle riforme ci parla di uno “0,1% di crescita nominale della spesa pubblica primaria diretta” Il che comporta almeno 5 miliardi in meno per il welfare e gli investimenti......"

quindi:

"...Se il reddito di inclusione, non di cittadinanza, anziché venire pagato da una patrimoniale, viene alimentato da chi le tasse non le può evadere, siamo di fronte ad un travaso dal mondo del lavoro a quello della disoccupazione e della precarietà, senza toccare la rendita e gli alti redditi. In questo modo ognuno dei contraenti il patto avrebbe “soddisfatto” i suoi interessi elettorali, mentre il famoso 1% ci guarderebbe sorridente dalle sue alte cime...."



da Il manifesto 29 settembre 2018

Una brutta manovra da non sottovalutare
di Alfonso Gianni

La cosa peggiore è giudicare questa manovra economica con la lente deformata e deformante dei vincoli esterni. Quelli posti da Bruxelles, seppure un poco flessibilizzati e quelli rappresentati dai mercati finanziari e dalle agenzie di rating sempre in auge, malgrado i disastri combinati nel corso della crisi.
Non per infischiarsene dell’aumento degli interessi da pagare, ma perché questa ottica ci distoglierebbe da quella che dovrebbe essere la preoccupazione principale, ovvero l’andamento dell’economia reale, dell’occupazione, dei livelli di vita. Non sembri banale questo richiamo ai “fondamentali”. Anzi proprio ora (ri)utilizzare gli strumenti della critica dell’economia politica è indispensabile per evitare tanto l’entusiasmo acritico verso la cosiddetta manovra del “popolo” che “cancellerebbe la povertà”, quanto le previsioni di imminenti sciagure sparse dai sostenitori dei parametri violati.
Che lo scontro nel governo potesse avere questo esito non dovrebbe stupire alcuno. Infatti i fatidici mercati hanno reagito senza eccessi, almeno per ora. La linea Maginot di Tria era evidentemente troppo debole. Quel 1,6% (anche se spinto al 2,1%) poteva servire al massimo per evitare l’aumento dell’Iva, forse compensare l’aumento dei tassi e la minore crescita dell’economia reale, evidenziata dal calo della produzione industriale nell’ultimo trimestre, che rende sempre meno credibile una ipotesi virtuosa del contenimento del debito tramite il sostegno del “denominatore”, cioè del Pil.
Nello stesso tempo Tria sapeva di non potere usare l’arma delle dimissioni, così quanto gli altri non potevano pretenderle, al di là di qualche voce dal sen sfuggita. Le conseguenze sui mercati sarebbero state peggiori dello sforamento. D’altro canto è su Tria che si fondava il via libera del Quirinale al governo Conte e infatti pare che Mattarella sia intervenuto per scongiurare il cambio della guardia a via XX Settembre.
Il carattere scontato della partita contribuisce a sminuire l’impatto del risultato, ma non certo a nasconderlo. Rispetto a un percorso che prevedeva per il 2018 un rapporto deficit/pil dell’1,6%, per l’anno successivo dello 0,9% e il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2020, il passaggio ad uno schema che postula il 2,4% per tre anni non è lieve. È uno strappo alle regole imposte dalla Ue.
La quale avrà anche il potere di vendicarsi, bocciando in anticipo la manovra. Ma invocare un simile esito sarebbe il suicidio terminale per un’opposizione e un pranzo di gala per i sovranismi di ogni tipo. Tanto più che l’eventuale procedura d’infrazione scatterebbe a metà del prossimo anno, dopo elezioni europee che potrebbero rimettere in discussione assetti politici, normative e pratiche. La sfida politica lanciata dal duo Salvini-Di Maio non va quindi sottovalutata né esaltata.
Infatti se guardiamo ai famosi decimali, la differenza con i precedenti governi non è così grande. Per molti anni il rapporto deficit/pil è stato superiore al 2,4%, da cui si è scesi solo in pochissime occasioni, l’ultima proprio nel 2017 con il 2,3%. Negli anni renziani è stato sempre al di sopra. È vero che con la fine del Quantitative Easing le cose si faranno più dure – anche se i tassi rimarranno bassi, la Bce continuerà a reinvestire nel capitale dei bond a scadenza – e che nel frattempo il debito ha toccato la sua vetta oltre il 130%. Ma in fin dei conti siamo allo 0.1% sopra l’anno scorso. Non è pignoleria contabile, ma pone la domanda di quali risorse e da dove per dare attuazione alle promesse elettorali. Certamente non tutte in deficit, ma molto – e su ciò sono puntati gli occhi di Bruxelles – verrà da tagli alla spesa strutturali. Il Piano nazionale delle riforme ci parla di uno “0,1% di crescita nominale della spesa pubblica primaria diretta” Il che comporta almeno 5 miliardi in meno per il welfare e gli investimenti.
Anche se la Flat Tax ora prevede tre aliquote – quella che entrerebbe subito in funzione non è che un ritocco alla precedente imposta sul reddito d’impresa – se l’aliquota finale viene fissata al 33%, con in più l’ennesimo condono, la perdita della possibilità di spesa è garantita. Se lo stesso desiderato aumento delle pensioni minime comportasse il ricalcolo integrale contributivo per le pensioni già in essere, sarebbe un riassestamento in basso.
Se il reddito di inclusione, non di cittadinanza, anziché venire pagato da una patrimoniale, viene alimentato da chi le tasse non le può evadere, siamo di fronte ad un travaso dal mondo del lavoro a quello della disoccupazione e della precarietà, senza toccare la rendita e gli alti redditi. In questo modo ognuno dei contraenti il patto avrebbe “soddisfatto” i suoi interessi elettorali, mentre il famoso 1% ci guarderebbe sorridente dalle sue alte cime. Magari senza migranti di mezzo. Su questo dovrebbe misurarsi una opposizione. Non basta uno strappo sui decimali, ma serve la riscrittura dei Trattati europei.

martedì 25 settembre 2018

Al mondo c'è una sola Arabia Saudita, che fa stragi in Yemen e affari in Italia




Al mondo c' è una sola Arabia Saudita: è un paese ricchissimo per il suo petrolio e impegnato in molte sanguinose guerre in Medio Oriente nelle quali è sostenuto dall' Alleanza di ferro con i paesi occidentali. In primo luogo Stati Uniti e Gran Bretagna, ma l' Italia è saldamente arrocata tra i più devoti della seconda linea.




Le foto mostrano i festeggiamenti all' Hotel Parco dei Principi di Roma in occasione dell' 88 anniversario della nascita del regno dell' Arabia Saudita e un bambino yemenita ferito nel bombardamento saudita che nell' agosto 2018 ha ucciso 29 bambini che viaggiavano su uno scuolabus.

Sotto gli sponsor della festa all' Hotel Parco dei Principi.

Gli sponsor si dividono in sponsor di Platino, Oro e Argento
tra gli sponsor d' oro le imprese anche statali che fanno affari con l' Arabia saudita: sistemi d' armamento e la prossima metropolitana di Ryad che sarà per l' Italia un affare da un milardo di euro.

Ma voglio mettere due immagini degli sponsor maggiori, di Platino, perchè rendono l' idea di che paese sia l' Arabia saudita.

La prima immagine è tratta dal sito di Elt elettronica



Questa seconda foto è una illustrazione di CITCO, marmi di lusso




venerdì 21 settembre 2018

Bombe assassine sullo Yemen e quotazione in Borsa della Saudi Aramco: i protagonisti sono gli stessi




Il 19 settembre, al presidio davanti all' Ambasciata saudita per chiedere l' embargo delle armi italiane per l'Arabia saudita, ho esposto un cartello poco comprensibile che voleva comunicare troppe cose. Aveva il pregio però di accennare ad un tema importante e ci tengo a provare a spiegare qualche particolare in più.

Questo il testo che ho mostrato

Londra: da
Alta Corte
e Borsa
manovre per
ospitare la
quotazione di
Saudi Aramco

Intanto avevo portato un altro cartello con lo slogan chiaro e collaudato:

I Saud comprano
 il silenzio del mondo

che introduceva alla questione citata dalla frase meno chiara.

Questi i fatti:

La Gran Bretagna è il secondo fornitore al mondo, dopo gli USA, di sistemi di armamento all' Arabia saudita. Tra il 2013 e il 2017 ha esportato per 3.390 milioni di dollari, mentre negli stessi anni, complessivamente, Germania, Francia, Spagna, Svizzera e Italia, hanno venduto armi ai sauditi per 1.640 milioni.

Nell' aprile 2017 si sono incontrati la premier del regno Unito May e il principe ereditario saudita Bin Salman, che è nello stesso tempo ministro della Difesa e responsabile delle riforme economiche del regno Saud.

Nel luglio 2017 l' Alte Corte britannica ha assolto il governo dall' accusa di aver venduto all'Arabia saudita armi usate per violare i diritti umani, rigettando la denuncia della ONG Catt, Campaign Against the Arms Trade. Nonostante la legge del Regno Unito ponga “ il divieto di stipula di commesse belliche quando queste rappresentino un “rischio” di violare la legislazione umanitaria internazionale vigente”. (Leonardo Clausi, il manifesto 11/07/2017)

Intanto era prevista nel 2018-2019 la quotazione in Borsa del 5% della Saudi Aramco, l' impresa petrolifera statale di Ryad, per un valore stimato tra 50 e 100 miliardi di dollari. La più grande operazione finanziaria mai avvenuta. Il titolo sarà quotato solo a Ryad e in un' altra piazza mondiale, la favorita è attualmente, Londra, con meno rischi di azioni legali rispetto a New York. Sempre in lizza anche la Borsa di Hon Kong.

In questo momento l' operazione finanziaria è stata rinviata a data imprecisata ma Londra spera in questa quotazione e cerca in ogni modo di favorirla tanto che Gabriele Moccia scriveva sul Foglio del 18 ottobre 2017:

"Il premier inglese Theresa May aveva messo all' opera tutto l' apparato economico-finanziario della City per convincere Riad a scegliere la piazza di Londra come fulcro dell' Ipo in modo da contrastare, con una sola operazione, l' emorragia di capitali in seguito alla Brexit.

Attirandosi le critiche dei traider, dei fondi sovrani e della stampa liberal, la May aveva addirittura autorizzato l' organismo di controllo finanziario, la Financial conduct autority (Fca) a costituire un segmento di listino separato solo per le società a controllo statale. Una prerogativa lusinghiera. 

La proposta della Fca consentirebbe alle società statali l' esenzione di due criteri: il primo riguarda il modo in cui l' impresa e l' azionista di controllo si monitorono l' un con l' altro, mentre il secondo consente agli investitori il diritto di voto sulla nomina di amministratori indipendenti.

Un vero strappo alla regola alla disciplina della corporate governance inglese ...”

Se questo descritto sul Foglio era l' impegno della May per attirare la quotazione di Aramco, è chiaro che l' Alta Corte non poteva far saltare il tutto costringendo il governo a cessare la vendita di armi ai sauditi.
L' Alta Corte di Londra e la Borsa si sono quindi mosse per favorire la quotazione dell' Aramco nel Regno Unito e i giudici britannici non potevano certo bloccare le forniture di armi ai Saud senza far saltare la ricca operazione finanziaria.

L' opinione pubblica mondiale però, conoscendo meglio i dettagli dei rapporti economici tra Ryad ed occidente, dovrebbe aumentare il proprio impegno contro i bombardamenti sauditi sullo Yemen. E non accettare che, per qualche, in realtà moltissimi, dollaro in più, si chiudano gli occhi davanti a stragi di civili e bambini effettuate con armi prodotte da lavoratori europei e statunitensi.

M.P.

giovedì 20 settembre 2018

Arabia saudita e M5S: mentre l'europarlamentare MOI manifesta sotto l'Ambasciata, il sottosegr. agli Esteri Di Stefano è ricevuto dall' Ambasciatore

Al centro l' europarlamentare M%S MOI, con Cremone (Sardegna Pulita) e tre attivisti della rete No War Roma

E no, cari 5stelle,
Mi sono sempre riconosciuto in una frase pronunciata da Enrico Berlinguer, se la memoria non mi inganna " Siamo persone semplici, ma di politica ce ne intendiamo" .

E non accetto di essere preso in giro in questo modo.

Ieri con altri  attivisti ed attiviste delle rete No War ho manifestato davanti all' Ambasciata saudita contro la vendita di armi italiane impiegate nella guerra allo Yemen in un presidio lanciato da associazioni sarde: Sardegna Pulita, Cagliari social forum e sindacati di base dell' Isola, Cobas e USB.

Era presente l' europarlamentare Moi del M5S, che ha rilasciato decine di minuti di interviste dicendo, vedi anche la nota ANSA, di voler essere ricevuta dall' Ambasciata di Ryad.

ma in realtà l' Ambasciatore saudita lo stesso giorno ha incontrato un altro esponente del Movimento 5 Stelle:
il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano

come si può leggere...solo sul sito dell' Ambasciata saudita.......


mercoledì 19 settembre 2018

SAR l'Ambasciatore Saudita incontra il Sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale italiano, On. Manlio di Stefano

  SAR il Principe Faisal bin Sattam bin Abdulaziz Al Saud, Ambasciatore del Regno in Italia, Malta e San Marino, nella giornata di mercoledì 19 settembre 2018, ha incontrato il Sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale italiano, On. Manlio di Stefano, alla Farnesina. Durante tale visita, sono state passate in rassegna le eccellenti relazioni che legano i ldue Paesi amici e gli sforzi profusi da entrambi per rafforzare tali legami e la cooperazione in tutti i settori.

Allora divulgo questa notizia ovunque posso e chiedo a tutte le persone serie di aiutarmi

Marco Palombo

lunedì 17 settembre 2018

"Yemen: non posso, non possiamo, restare in silenzio" Il post originale della ministra Trenta


Oggi in Macedonia e domani in Kosovo, ma ci tenevo a comunicarvi una cosa importante.

Come sapete sono una persona che prima di parlare preferisce studiare e prendere contezza dei problemi nel loro complesso. È un mio modo di essere e ne vado fiera. 

Ma davanti alle immagini di quel che accade in Yemen ormai da diversi anni, non posso restare in silenzio. Se lo facessi, sarei un’ipocrita. 

Ecco perché ho chiesto un resoconto dell’export, o del transito - come rivelato in passato da alcuni organi di stampa e trasmissioni televisive, che ringrazio - di bombe o altri armamenti dall’Italia all’Arabia Saudita. 

Fino ad ora, erroneamente, si era attribuita la paternità della questione al ministero della Difesa, mentre la competenza è del ministero degli Affari Esteri (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento-UAMA), al quale venerdì scorso ho inviato una richiesta di chiarimenti, sottolineando - laddove si configurasse una violazione della legge 185 del 1990 - di interrompere subito l’export e far decadere immediatamente i contratti in essere. 

Contratti - ricordo - firmati e portati avanti dal precedente governo.

La mia è una sana preoccupazione, politica e da essere umano, peraltro condivisa da ONU e Parlamento europeo. Affrontiamo il tema, non possiamo girarci dall’altra parte!
In questo senso, ho allertato il collega Moavero ovviamente, che sono certa si interesserà quanto prima dell’argomento.
Indipendentemente dal caso in questione, sono sempre stata convinta, ed oggi lo sono ancora di più, che fermare le guerre è importante, anche per fermare i flussi migratori.
Il dialogo e’ il sale della democrazia.