sabato 28 luglio 2018

Contro le politiche razziste verso comunità rom e sinta. Mobilitazione dal 28 luglio in Italia e non solo, il 2 agosto presidio a Montecitorio.


28 Luglio in Europa inizia una settimana di mobilitazione contro le politiche razziste in atto contro la comunità rom e sinta in Italia e non solo.
28 Luglio in Europa inizia una settimana di mobilitazione contro le politiche razziste in atto contro la comunità rom e sinta in Italia e non solo. In Europa, in questi ultimi tempi le nostre comunità vivono un rinnovato sentimento di preoccupazione e paura: in Ucraina, in Ungheria, in Slovacchia, in Romania movimenti razzisti e neonazisti attaccano le nostre comunità, bruciano le nostre abitazioni e, come in Ungheria e Ucraina, uccidono.
 In Italia un sentimento di odio e discriminazione a lungo coltivato si concretizza da parte del nuovo governo in minacce di censimento etnico, con sgomberi senza senso, mentre crescono gli episodi di violenza. 
Per rispondere a questa campagna d’odio e violenza e per richiamare i governi e la società europei a difendere i principi della convivenza pacifica e del riconoscimento delle minoranze le associazioni rom e sinte, appartenenti al movimento romanì europeo, organizzano presidi e manifestazioni davanti alle ambasciate d’Italia e d’Ucraina in diversi Paesi d’Europa con epicentro la data del 2 Agosto in memoria degli ultimi 2.897, donne, uomini e bambini rom e sinti dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau uccisi nella notte del 2 agosto 1944 e commemorare con loro più di mezzo milione di nostri fratelli e sorelle morti nei campi di sterminio d’Europa.
Il 28 Luglio a Bucarest in Romania un corteo unirà le ambasciate d’Italia e di Ucraina; il 31 Luglio in Cechia si terrà una manifestazione davanti all’ambasciata italiana, il 2 Agosto si concentreranno le manifestazioni davanti all’ambasciata italiana di Bulgaria, Serbia e Slovacchia 
mentre in Italia, come già annunciato, Rom e Sinti saranno a Roma in piazza Montecitorio dalle 12 alle 17 dopo aver un presidio alle 12.30 davanti all’ambasciata ucraina. Infine il 6 Agosto le manifestazioni si sposteranno davanti alle ambasciate italiane di Macedonia e Ungheria.
Questo movimento europeo afferma il rispetto dei diritti umani, il rifiuto del razzismo contro chiunque e la concezione di un’Europa solidale e accogliente come risposta alle crisi dentro e fuori il continente e la nostra determinazione ad agire contro questa onda nera che ci riporta indietro, non soltanto per proteggere noi e i nostri figli, ma in difesa di tutti i cittadini, in difesa della nostra civiltà e della nostra democrazia.
A Roma rinnoveremo la richiesta al governo di condividere la nostra determinazione di affrontare i problemi insieme non contro di noi per lavorare per un vero cambiamento che faccia sì che le persone non sentano paura e rabbia, ma coraggio e speranza.
Per tutto questo il 2 agosto invitiamo cittadini, artisti, intellettuali, forze politiche e sociali a portare un segno di solidarietà a una battaglia che non è solo nostra ma di tutti coloro che vogliono per Rom e Sinti e per tutti gli italiani una vita migliore.
Dijana Pavlovic, Alleanza Romanì; Juan de Dios Ramirez-Heredia, Uniòn romanì; Santino Spinelli, Associazione nazionale Them Romanò onlus; Nazzareno Guarnieri, Fondazione Romanì; FederArteRom; Radames Gabrielli, Associazione Nevo Drom; Fabio Suffrè,  Associazione Sucar Drom; Ernesto Grandini, Associazione Sinti italiani di Prato; Samir Alija, Associazione New Romalen; Demir Mustafà, Associazione Amalipe Romanò;  Concetta Sarachella, Associazione Rom in Progress; Aldo Levak, Associazione Romanò Glaso; Daniela De Rentis, Accademia d’arte romanì; Gennaro Spinelli, Associazione Futurom; Saska Jovanovic, Associazione Romni onlus; Paolo Cagna Ninchi, Associazione Upre Roma; Giulia Di Rocco, Associazione Amici di Zefferino, Associazione Romani Kriss; Remzija Chuna, Associazione Rowni; Ion Dumitru, Associazione Rom e Romnia Europa; Arabela Staicu, Associazione Liberi, Vojslav Stojanovic, Associazione Romano Pala Tetehara; Igor Stojanovic, Centro documentazione Rom e Sinti; Marco Brazzoduro, Associazione Cittadinanza e Minoranze

Il 2 agosto 2018 dalle 14 alle 18 Rom e Sinti saranno a Roma in piazza Montecitorio.

Prima di tutto per ricordare gli ultimi 2.897, donne, uomini e bambini rom e sinti dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau uccisi nella notte del 2 agosto 1944 e commemorare con loro più di mezzo milione di nostri fratelli e sorelle morti nei campi di sterminio d’Europa.

Poi per affermare che commemorare oggi quella data significa ricordare, imparare e agire in una nuova situazione di difficoltà. Noi siamo figli e nipoti di quelle persone. Abbiamo imparato sulla nostra pelle che il razzismo non porta un futuro migliore nemmeno per i razzisti, porta solo la ripetizione di una storia atroce e devastante per tutti. Siamo determinati ad agire con tutte le nostre forze contro questa onda nera che ci riporta indietro, non soltanto per proteggere noi e i nostri figli, ma in difesa di tutti i cittadini, in difesa della nostra civiltà e della nostra democrazia. 

In Europa, in questi ultimi tempi le nostre comunità vivono un rinnovato sentimento di preoccupazione e paura: in Ucraina, in Ungheria, in Slovacchia, in Romania movimenti razzisti e neonazisti attaccano le nostre comunità, bruciano le nostre abitazioni e, come in Ungheria e Ucraina, uccidono. In Italia un sentimento di odio e discriminazione a lungo coltivato si concretizza da parte del nuovo governo in minacce di censimento etnico e di espulsione di rom e sinti non italiani. Che poi a questi ultimi si dica che “purtroppo” non saranno cacciati non riduce certo la preoccupazione di una comunità che ha una storia di discriminazione e persecuzione plurisecolare e che proprio in questo periodo subisce atti di violenza grandi e piccoli di cui basta ricordare la piccola Cirasela, colpita alla schiena pochi giorni fa da uno dei vigliacchi che sparano a chi non gli piace perché nero o perché “zingaro”.

Infine, per dire al nuovo governo, al quale abbiamo chiesto per ora inutilmente un incontro, che non sarà a colpi di censimento o di ruspa che si risolvono i problemi e che noi continuiamo a essere assolutamente determinati ad assumerci la nostra parte di responsabilità nella ricerca di soluzioni a vantaggio dell'Italia e dei suoi cittadini di origine Rom e Sinti.

Per dire che rabbia e rancore verso chi è più debole non hanno mai risolto né risolverà le difficoltà. Per anni i governi non hanno svolto le azioni necessarie per risolvere i problemi reali che ci affliggono e abbiamo visto spendere il denaro dei contribuenti italiani ed europei con un approccio rivolto all’assistenza e a internarci nei campi, una soluzione inefficace, che ha prodotto più degrado e emarginazione, ma fino ad ora non abbiamo ricevuto alternative credibili.

Per tutto questo rinnoviamo la richiesta al governo di condividere la nostra determinazione di affrontare i problemi insieme non contro di noi per lavorare per un vero cambiamento che faccia sì che le persone non sentano paura e rabbia, ma coraggio e speranza.

Per tutto questo il 2 agosto saremo a Roma in piazza Montecitorio invitando cittadini, artisti, intellettuali, forze politiche e sociali a portare un segno di solidarietà a una battaglia che non è solo nostra ma di tutti coloro che vogliono per Rom e Sinti e per tutti gli italiani una vita migliore.

sabato 14 luglio 2018

Migranti a Pianosa:il Centro Gandhi di Pisa scrive ai cittadini dell' Isola d' Elba


Cittadini dell'Isola d'Elba,

avete la gioia di vivere in uno dei posti naturalistici più belli al mondo.
Di questo dovete essere grati al Signore e fare in modo che tale bellezza non venga deturpata.
Siate i custodi di tale bellezza che deve essere non solo paesaggistica ma anche morale.

Le notizie che ci arrivano di speculazioni, deturpazioni,  ferite procurate alla vostra bella isola spesso dagli stessi  amministratori del territorio, ci lasciano sgomenti.

Come si può sopportare ad esempio che i sindaci dei vostri Comuni abbiano deciso di mettere al bando dall'Isola le famiglie Rom che vi si erano stabilite. Decidendo in tal senso, costoro si sono macchiati della colpa più grave, quella  di ripudiare la propria umanità.

Vi chiediamo allora: Sieti insorti di fronte a tale decisione che costruisce un muro invalicabile di esclusione nei confronti dei nostri fratelli Rom?

Vi ritenete  ancora cristiani ? In caso affermativo non credete che il fatto  fondamentale del cristianesimo, che ci ha fatto uscire dalle oscurità bestiali della schiavitù millenaria, sia stato di dichiararci tutti figli di un unico Padre ?

E difronte all'ostracismo praticato verso i propri fratelli si può restare inerti e indifferenti?

 Oggi leggiamo che il  sindaco  Barbetti, lo stesso che per primo si è fatto promotore dell'azione contro i Rom, propone al governo di trasformare la vicina isola di Pianosa in luogo di detenzione, identificazione ed espulsione degli immigrati che arrivano in Italia, trasformando insomma l'isola in un lager e rigettando ogni forma di accoglienza e integrazione.

Restiamo inorriditi di fronte a tale proposta  e ci chiediamo se essa sia stata fatta per incoscienza, per superficialità o piuttosto a causa di una possessione demoniaca che ha oscurato la  coscienza dell'uomo e che gli suggerisce  artatamente di agire in questo modo per  distogliere il vostro sguardo dal mal governo dell'isola.

Non si può essere complici del male.

Con Giuseppe  Mazzini, che durante il Risorgimento ebbe tanti adepti nella vostra bella isola, vi chiediamo una ribellione delle coscienze, di  ripudiare ogni becero utilitatismo e  materialismo e di alzare la  voce in difesa dell'onestà, della civiltà e dell'umana fraternità.

  
CENTRO GANDHI ONLUS
VIA SANTA CECILIA 30,
56127 PISA
TEL. 050542573
www.gandhiedizioni.com
 
PER SOSTENERE LA NONVIOLENZA
ASSEGNA IL 5 X MILLE AL CENTRO GANDHI ONLUS
CODICE FISCALE 93047610501
Noi dobbiamo usare le nostre menti per pianificare la pace in modo altrettanto rigoroso di quanto abbiamo fatto finora per pianificare la guerra. 
Martin Luther King


sabato 7 luglio 2018

Cameri unico sito europeo di assistenza agli F-35: con il governo M5S-Lega si rafforza il legame con gli USA


Scrive Manlio Dinucci sul manifesto di sabato 7 luglio 2018:

"Dieci giorni fa, in base ad un contratto stipulato dalla Lokheed Martin con la U.S. Navy, è stato stabilito che Cameri sarà uno dei cinque centri mondiali (tre negli USA, uno in Australia e uno in Italia) per la manutenzione, la riparazione e l' ammodernamento degli F-35."

U.S. Navy è la Marina Militare USA, mentre la Lokheed Martin è la prima produttrice mondiale di armamenti aerospaziali e missilistici. La scelta di Cameri, provincia di Novara, non sembra quindi tanto un aiuto all' industria militare italiana, quanto la conferma del ruolo geografico fondamentale che la penisola italiana ha nel controllo del Mar Mediterraneo: centrale tra l' Europa, l' Africa e il Medio Oriente.

L' Italia di Conte Di Maio e Salvini non solo conferma l' acquisto dei 90 F-35, adducendo la motivazione, smentita dalla Corte dei Conti, che ci sarebbero da pagare pesanti penali contrattuali in caso  di rinuncia
ma rimane partner di secondo livello del programma F-35, insieme ad Australia, Canada, Danimarca, Gran Bretagna, Norvegia, Olanda e Turchia. Un programma legato anche alla strategia nucleare USA/NATO.

Sembra verosimile allora che Trump, prima del summit NATO dell' 11-12 luglio, abbia richiesto con maggior decisione l' aumento di spese militari soprattutto a Norvegia, Germania, Canada e Belgio.
Tra l' altro Belgio e Norvegia hanno bloccato le vendite di armi all' Arabia Saudita, la Germania è nel mirino perché forza egemone dell' Unione Europea e il Canada ha criticato alcune recenti posizioni di Trump sul commercio internazionale.

Mentre sembra buono al momento il rapporto con il governo Conte, nonostante le diffidenze USA verso Salvini che secondo alcuni osservatori avrebbero anche causato pressioni su Mattarella dopo il 4 marzo per non dare al leader leghista incarichi per la formazione del governo.
Evidentemente la fiducia USA nel M5S è abbastanza forte da compensare le perplessità su Salvini e i risultati si vedono: in questo caso con il rafforzamento del legame tra apparato industriale militare italiano e quello statunitense.

martedì 3 luglio 2018

2 luglio 2018- Bombe sarde sullo Yemen, esposto alla Procura della Repubblica di Cagliari

Autunno 2016, la rete No War manifesta al Ministero della Difesa

Ansa Pacifisti,"dopo un raid trovati pezzi prodotti da Rwm in Italia"
Un esposto contro la vendita di armamenti verso l'Arabia Saudita è stato presentato oggi alla Procura della Repubblica di Cagliari da un gruppo di cittadini e da alcune associazioni ambientaliste e pacifiste, in presidio davanti al tribunale del capoluogo sardo. "Siamo venuti a conoscenza del fatto che l'8 ottobre 2016 - scrivono in un documento - un raid aereo condotto verosimilmente dalla coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita ha colpito il villaggio di Deir Al-Hajari, situato nello Yemen del Nord occidentale, uccidendo una famiglia di sei persone".
I firmatari sostengono che sul luogo dell'attacco siano stati "rinvenuti dei resti di bombe e un anello di sospensione prodotti dalla Rwm Italia spa, operativa in Sardegna con una fabbrica in territorio di Domusnovas. Gli amministratori della Rwm Italia spa si sono sempre dichiarati in possesso di tutte le autorizzazioni previste dalla legge italiana per le esportazioni di armamenti". I pacifisti e le associazioni (Cobas, Cagliari social forum, Assemblea permanente Villacidro, Comitato riconversione Rwm, Unione sindacale di Base e Carloforte i preoccupati) fanno riferimento anche alla pronuncia del Parlamento Europeo per imporre un embargo sulla vendita di armi a Riad a causa dell'attività nello Yemen.
I pacifisti chiedono alla Procura di verificare se sia stata rispettata la norma che vieta il transito e l'esportazione degli armamenti in nazioni in guerra. La fabbrica, controllata dalla tedesca Rheinmetall, è da diverso tempo al centro di un'aspra polemica con i pacifisti che ne chiedono la riconversione della produzione. Dopo un recente servizio de "The New York Times", che metteva in connessione i prodotti dello stabilimento italiano in Sardegna con le munizioni pesanti sparate in Yemen, il Comitato per la riconversione Rwm aveva già presentato un'esposto alle procure della Repubblica di Cagliari, Brescia e Roma.
   


lunedì 2 luglio 2018

Chi sono le quattro ragazze italiane che hanno vinto ai Giochi del Mediterraneo

La storia istruttiva delle quattro ragazze che hanno vinto la medaglia d' oro ai Giochi del Mediterraneo nella staffetta 4 x 400. 

Questa foto è molto più politica oggi di un poster di Che Guevara. Le storie sono diverse, a una prima lettura due ragazze sono italiane per matrimoni misti, due di loro potremmo definirle forse "figlie di migranti economici" ed è possibile che i genitori abbiano vissuto inizialmente in Italia senza documenti in regola.
Il mondo comunque oggi è questo, e nessun Governo Salvini Di Maio può fermarlo. Può causare la morte di alcune decine di persone, come ha fatto in questi giorni impedendo soccorsi in mare davanti alla Libia, ma non può fermare la storia, se non contribuendo a creare le condizioni di una nuova guerra mondiale, una eventualità possibile nel prossimo futuro.

Marco

dal sito www.tpi.it

Maria Benedicta Chigbolu

Nata a Roma il 27 luglio 1989, Maria Benedicta Chigbolu, 29 anni, come si legge sul sito della Fidal (la Federazione italiana di atletica leggera) è la seconda di sei figli (tre fratelli e tre sorelle) di una insegnante di religione, Paola, e di un consulente internazionale nigeriano, Augustine.
Il nonno Julius è stato una celebrità in Nigeria: ha partecipato ai Giochi olimpici di Melbourne 1956 arrivando in finale nel salto in alto e poi è anche diventato presidente della Federatletica nigeriana.
Il primo approccio con l’atletica a sedici anni quando un professore dell’Istituto magistrale socio psicopedagogico Vittorio Gassman di Roma, notate le sue notevoli qualità fisiche, l’ha indirizzata al campo romano della Farnesina.

Qui ha cominciato a praticare l’atletica seguita da Fulvio Villa. Reclutata nell’Esercito, è allenata a Rieti da Maria Chiara Milardi e legata sentimentalmente al quattrocentista azzurro Matteo Galvan.
Ha vinto il bronzo europeo della 4×400 nel 2016, poi ha realizzato il primato italiano con la staffetta azzurra ai Giochi di Rio. Laureata in scienze dell’educazione e della formazione, in passato si è dilettata anche come fotomodella.

Ayomide Folorunso

Nata ad Abeokuta (Nigeria) il 17 ottobre 1996, Ayomide Folorunso, 22 anni, viene da una famiglia originaria del Sud-Ovest della Nigeria, ma “Ayo” dal 2004 si è stabilita con i genitori – la mamma Mariam e il papà Emmanuel, geologo minerario – a Fidenza: qui è stata notata nelle competizioni scolastiche dal tecnico Chittolini e affidata a Maurizio Pratizzoli.
Non è riuscita a vestire l’azzurro nei Mondiali under 18 del 2013 pur avendo ottenuto il minimo in ben cinque specialità, perché ha ricevuto il passaporto pochi giorni dopo la rassegna iridata. A giugno del 2015 è stata arruolata in Fiamme Oro, proveniente dal Cus Parma.
Nel 2016, agli Assoluti di Rieti, ha stabilito il primato italiano under 23 dei 400 ostacoli in 55.54 migliorando il personale di oltre un secondo, ritoccato a 55.50 con il quarto posto in finale agli Europei di Amsterdam.
Semifinalista ai Giochi di Rio, dove ha realizzato il primato italiano con la staffetta 4×400 azzurra, nel 2017 ha conquistato il titolo europeo under 23 e anche l’oro alle Universiadi.
Studentessa di medicina e aspirante pediatra, dimostra una personalità matura anche negli interessi culturali: appassionata di letture fantasy, non manca di approfondire quotidianamente anche le Sacre Scritture nella comunità pentecostale alla quale appartiene.

Raphaela Lukudo

Nata ad Aversa (Caserta) il 29 luglio 1994, Raphaela Lukudo, 24 anni, viene da una famiglia originaria del Sudan, ma si era stabilita da tempo in Italia: prima nel Casertano e successivamente, quando “Raffaella” aveva appena due anni, a Modena.

Ha scoperto l’atletica nel 2006, con il Mollificio Modenese, per diventare quindi una promessa del giro di pista sotto la guida tecnica di Mario Romano. Nel 2011, dopo aver dimostrato il suo valore ancora allieva ai Mondiali di categoria (semifinalista sul piano nonostante un infortunio alla vigilia della gara), si è trasferita per un paio di anni con la famiglia nei pressi di Londra, rientrando poi in Italia.
Dal giugno 2015 si allena con Marta Oliva alla Cecchignola, nel centro sportivo dell’Esercito. Nella stagione indoor 2018 ha conquistato il suo primo titolo assoluto sui 400 metri per scendere a 53.08, ottava italiana alltime. Studia scienze motorie ma ha frequentato l’istituto d’arte, conservando la passione per disegno e foto.

Libania Grenot

Nata a Santiago de Cuba (Cuba) il 12 luglio 1983, Libania Grenot a Cuba era considerata un talento. Il papà Francisco è sindacalista, la mamma Olga giornalista. L’ultima apparizione con la maglia rossoblù e la stella è stata quella dei Mondiali di Helsinki 2005.
Poi l’avventura italiana propiziata dal matrimonio, nel settembre 2006. Un anno di inattività praticamente completa, quindi la ripresa con il tecnico Riccardo Pisani a Tivoli. La cittadinanza è arrivata ad aprile 2008 aprendole la strada per il primo miglioramento del record italiano dei 400, da lei portato nel 2009 a 50.30.
Dalla fine del 2011 si allena in Florida seguita dal tecnico statunitense Loren Seagrave. Nel 2014 la consacrazione internazionale con la vittoria agli Europei di Zurigo, mentre il 27 maggio 2016 è diventata primatista italiana dei 200 metri (22.56) a Tampa, negli Stati Uniti.
Ha confermato il titolo continentale nel 2016 ad Amsterdam, dove ha conquistato anche il bronzo con la 4×400 azzurra, poi la sua prima finale olimpica individuale a Rio, seguita dal record italiano in staffetta.


domenica 1 luglio 2018

600 donne si fanno arrestare a Washington. La disobbedienza civile è sempre utile


A Washington circa 600 donne sono state fermate il 28 o 29 giugno dopo che erano entrate in uno spazio del Senato USA. Le donne si sono fatte arrestare volontariamente, una disobbedienza civile sulla falsariga delle disobbedienze di Gandhi, Mandela, Luther King.
Prima di entrare nel Senato si sono divise in quattro gruppi ed hanno fatto un ulteriore preparazione per il momento dell' arresto.
Tra queste donne c'era Susan Sarandon, attrice statunitense protagonista anche del famoso film Telma e Louise.

Della disobbedienza civile come metodo di lotta si parla poco.

In Italia una parte dei cattolici impegnati ha scelto addirittura come parola d' ordine principale "legalità". Un concetto che i maestri della nonviolenza Gandhi, Tolstoi, Capitini, King, non hanno mai fatto proprio, sostenendo con azioni e scritti "che è giusto violare una legge ingiusta".
La sinistra italiana poi non ha mai approfondito troppo la nonviolenza giudicandola o debolezza e accettazione dello status quo oppure citandola ma in modo superficiale, vedi Rifondazione nel 2003, o strumentalizzandola come il partito Radicale per poi suggerire nuove guerre, per non parlare degli atteggiamenti spesso opportunisti di persone che fanno o hanno fatto attività nei piccoli gruppi nonviolenti.

Il 18 luglio ricorre il centenario della nascita di Nelson Mandela e sarebbe utile approfondire il rapporto di Mandela con la nonviolenza. Il leader sudafricano ne parla in una sua autobiografia raccontando come per lui la nonviolenza non fosse un valore assoluto ma poteva essere talvolta la lotta più efficace. L' Anc scelse la lotta armata, per scelta di Mandela e di altri compagni della sua generazione, solo nel 1962 proprio quando Lathuli, leader fino a quel momento e amico convinto della nonviolenza, vinse il Nobel per la pace.
Ma la costruzione del nuovo Sudafrica, iniziata con la liberazione dal carcere di Mandela, avvenne facendo la massima attenzione a creare un paese dove nessuno fosse escluso, neanche i bianchi che avevano fino ad allora escluso neri, indiani e meticci. Nei primi anni '50 poi il primo grande impegno di Mandela come dirigente dell' Anc fu proprio una grande disobbedienza civile, cui partecipò anche il figlio del Mathama Gandhi, Matilal, rimasto a vivere in Sudafrica dopo il ritorno in India del padre.

La disobbedienza civile sarebbe utile anche oggi. Un recente esempio di uso vincente della disobbedienza è stato il voto per l' indipendenza catalana avvenuto nell' autunno scorso. Proibito dal governo di Rajoy, è avvenuto ugualmente nonostante arresti e intimidazioni. L' indipendenza catalana non ha vinto, per il momento, ma dopo alcuni mesi Rajoy è uscita dalla politica grazie anche a voti decisivi di indipendentisti catalani.

Chiudo qui questo mio accenno alla disobbedienza civile, ma visto i modi nervosi con cui è iniziata l' era Salvini nella gestione dell' ordine pubblico e della immigrazione, dovremmo discutere di queste modalità di lotta.

Anche perchè io non accetto, com'è successo, che l' Italia faccia morire cento persone non rispondendo ad una richiesta di soccorso. Davanti a queste cattiverie, farsi arrestare per rendere più visibile una protesta è davvero un sacrifico piccolissimo. Il tutto dovrebbe essere però preparato al meglio, nel tentativo di aver un effetto efficace delle proteste.

Marco

La marcia delle donne contro le politiche sull’immigrazione di Donald Trump, 600 fermate
Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump
Marina Catucci • 30/6/2018 • Immigrati & Rifugiati, Internazionale • 57 Viste


Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?»

NEW YORK. Centinaia di persone, per lo più donne, sono state fermate e fermate – eppure per un breve tempo – a Washington, durante una manifestazione organizzata dalla Women’s March, presso la sede del Senato. Il motivo della protesta è la linea della politica di Trump sull’immigrazione, che fino a ora ha creato un enorme problema di controversie legali e la separazione al confine con il Messico, di oltre 2mila bambini, figli di immigrati illegali, dai propri genitori.

GLI ARRESTI sono avvenuti a Capitol Hill, sede del Congresso, dove l’atrio del senato è stato invaso da centinaia di manifestanti che si sono seduti per terra alzando il pugno chiuso.
Molte donne avevano portato i fogli di alluminio che vengono dati agli immigrati, sia bambini sia adulti, quando vengono portati nelle strutture di detenzione alla frontiera degli Usa. Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?».

LA MANIFESTAZIONE è partita vicino al dipartimento di giustizia, con un breve comizio, durante il quale gli oratori hanno condiviso con i sostenitori le esperienze avute al confine con gli immigrati arrestati. Prima della marcia, i manifestanti si sono divisi in quattro gruppi per rivedere le procedure da mettere in pratica in caso di arresto. In molti erano scesi in piazza proprio con lo scopo di farsi arrestare per manifestazione non autorizzata, tattica di protesta non violenta, questa, comune negli Stati uniti, utilizzata per far clamore ed entrare nei notiziari tramite la disobbedienza civile e dare visibilità ai contenuti della protesta. A dare solidarietà e partecipare alla manifestazione sono arrivati anche senatori democratici, come Ed Markey del Massachusetts, Mazie Hirono delle Hawaii, Kirsten Gillibrand di New York e Richard Blumenthal del Connecticut; Tammy Duckworth, senatrice dell’Illinois, ha partecipato alla protesta sulla sua sedia a rotelle con la figlia sulle ginocchia. Tra gli arrestati è finita anche la rappresentante alla camera per lo Stato di Washington, Pramila Jayapal.

IL NOME che ha fatto più clamore è stato quello dell’attrice 71enne Susan Sarandon, anche lei tra le quasi 600 persone arrestate. Sarandon è un’attivista che non è nuova alle manifestazioni e agli arresti, non è la prima volta che si esprime contro Trump, l’aveva fatto anche subito dopo la sua elezione; a quel tempo, però, aveva ricevuto molte critiche, perché accusata di far parte di quella frangia di liberal inflessibili che per alcuni hanno contribuito a disperdere i voti. L’attrice, infatti, sostenitrice del socialista Bernie Sanders, non aveva gradito la candidatura di Hillary Clinton voluta dal partito, e aveva appoggiato la candidatura di Jill Stein, leader del Partito dei Verdi.

ORA CON L’HASHTAG #WomenDisobey si stanno organizzando altre manifestazioni di resistenza alle politiche di Trump che. Le donne e chi aderirà alle loro proteste non si limiteranno a sfilare nei cortei, ma verranno organizzati più eventi destabilizzanti di disobbedienza civile. Mari Cordes, candidata alla Camera del Vermont, anche lei tra le arrestate, dopo il rilascio ha dichiarato «Il nostro è stato un arresto da privilegiati. Non protestare da parte nostra, sarebbe colpevole»

FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO